Oltre all’aumento di casi confermati di Covid-19, in Colombia è in atto anche una “epidemia” di disinformazione che sta danneggiando la risposta del Paese alla pandemia. A sostenerlo è Medici senza frontiere (Msf): “Nei quattro mesi successivi all’identificazione del primo paziente Covid-19, i colombiani hanno ricevuto messaggi falsi o contraddittori da media e social network, che hanno portato le persone ad aver paura di curarsi, creando rabbia e sfiducia nei confronti del personale sanitario”.
Msf è testimone di questa situazione nei dipartimenti di Tumaco e Norte de Santander, dove supporta la risposta del sistema sanitario. Nel corso delle proprie attività, i team di Msf hanno sentito false notizie su un presunto “cartello del Covid-19” che avrebbe inventato la malattia e pagherebbe ai medici milioni di pesos per ogni paziente morto. Le accuse di cospirazione e corruzione sono state amplificate, senza prove, dal ministro della salute, Fernando Ruiz, che ha accusato gli ospedali di trattenere i pazienti nei reparti di terapia intensiva per un periodo più lungo del necessario per gonfiare le spese mediche. Queste voci, prive di riscontro nella realtà, hanno portato a minacce e attacchi contro il personale sanitario.
Con lo slogan “Uniti siamo di più”, Msf ha avviato una campagna di comunicazione virtuale per incoraggiare le comunità di Tumaco e Tibú a supportare gli operatori sanitari attraverso social network come Facebook o servizi di messaggistica come WhatsApp. Queste sono le principali piattaforme attraverso cui si è diffusa la maggior parte delle false informazioni sulla pandemia.”A Tumaco, il ritardo nella consegna dei risultati dei test e la mancanza di chiarezza su come gestire i casi sospetti di Covid-19 stanno generando confusione e sfiducia nell’opinione pubblica – afferma Germán Casas, presidente di Msf in America Latina -. A Tibú, alcuni funzionari si sono dimessi dopo aver ricevuto minacce dai familiari di pazienti che non sono stati adeguatamente informati sui protocolli da seguire in caso di conferma della positività, trattamento o decesso”.
“È scandaloso che dopo quattro mesi dalla conferma del primo caso Covid-19 nel Paese, in molti luoghi stiamo ancora cercando di convincere la gente che questa non è un’innocua influenza e che prendersi cura di se stessi e degli altri è fondamentale. La gente deve essere in grado di recarsi negli ospedali con fiducia, sapendo che non ci sono rischi di contagio. Il governo e le altre istituzioni devono fare di più per contrastare disinformazione e false notizie, garantendo allo stesso tempo che centri sanitari e ospedali rispettino i protocolli e che gli operatori sanitari siano adeguatamente protetti. Questo è il modo per prevenire altri contagi ed evitare altre morti”, conclude Casas.

Entra a far parte della Community de L'Ancora (clicca qui) attraverso la quale potrai ricevere le notizie più importanti ed essere aggiornati, in tempo reale, sui prossimi appuntamenti che ti aspettano in Diocesi.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *