giovSilvia Rossetti

Tutto l’universo obbedisce all’amore” recita una nota canzone di Franco Battiato. E’ un’affermazione romantica e coraggiosa, per certi versi “stonata” rispetto al tempo che stiamo vivendo, dove l’amore spesso pare manifestarsi come una meteora incapace di durare a lungo.
Oggi il sentimento d’amore fatica a prevalere rispetto alle emozioni che reca con sé, più adeguate a impregnare l’unità di misura che caratterizza il nostro quotidiano, e cioè l’istante.
L’amore ha bisogno di unità temporali più ampie per esprimersi e chiede attenzione e dedizione. L’amore chiede “fede” a lungo termine.
Difficile conciliare queste condizioni con la scansione granulare del ritmo vitale che noi uomini contemporanei ci siamo dati. Volendo concentrarci sul presente, abbiamo finito con l’accontentarci dell’istante: unico momento di “realtà” all’interno del nostro precario flusso vitale.
Eppure l’amore si radica nel passato, vi si origina. Si estrinseca nel presente e anela (o dovrebbe anelare) l’orizzonte futuro. L’immagine simbolica dei due innamorati che si tengono per mano di fronte a un tramonto, in un certo senso, racchiude questa tridimensionalità: il passato è il sole che chiude il suo ciclo, il presente è lo sguardo puntato all’orizzonte che, invece, rappresenta il futuro, ovvero l’attesa rivolta all’imponderabile domani e rassicurata dalla presenza e dalla cura del sentimento amoroso.
Se questo è lo scenario generale, che tipo di esperienze riguardo all’amore possono vivere attualmente gli adolescenti, quale insegnamento lasciamo loro?
Nell’età giovanile vi è una naturale inclinazione nei confronti del sentimento amoroso. La sperimentazione dell’amore fa parte del processo di formazione ed emancipazione dall’età infantile. Esplode contemporaneamente alla presa di coscienza che esiste una sorta di “giardino segreto” dentro di noi, un luogo celato dove risiede la nostra essenza e che non può essere condiviso con tutti, in quanto intimo e viscerale. Soprattutto non può essere condiviso con i propri genitori (interlocutori privilegiati nell’infanzia), perché al suo interno dimorano anche i nodi e le cicatrici della famiglia a cui apparteniamo. Quel nucleo chiede di confrontarsi e compenetrarsi con una realtà “altra” rispetto alla nostra. La metafora ci richiama alla mente il romanzo di Giorgio Bassani, “Il giardino dei Finzi Contini”, nel quale le persecuzioni razziali e proprio l’amore fanno da sfondo alla vicenda dell’io narrante. Il giardino, in quella narrazione, si trasfigura come un luogo metafisico dove il protagonista riesce a specchiarsi in se stesso e a iniziare quel processo di identificazione che è alla base dell’età adulta.
Ma per consentire l’estrinsecazione di questo processo ci vuole tempo. Il tempo del desiderio e dell’attesa che il desiderio si compia, considerando poi l’eventualità che il desiderio resti tale e non trovi alcuna realizzazione concreta.
Ancora una volta la percezione del tempo diventa la chiave di tutto. In questo tempo che ci si sbriciola nelle mani, dovremmo trovare spazio anche per dialogare con i nostri figli del sentimento amoroso e impartire loro una sorta di educazione sentimentale. Siamo in grado di farlo? Forse no. Lo spaesamento è forte e anche noi abbiamo perso le nostre certezze. L’amore ha i suoi abissi e le sue rivoluzioni, richiede impegno e buone capacità di navigazione. Per questo è più semplice e meno pericoloso dedicarsi all’aspetto emozionale e primordiale di questo sentimento. L’innamoramento, l’infatuazione è più adrenalinico, ma soprattutto più innocuo. Non capovolge gli equilibri, dà la scossa e sollecita un flusso euforico e misterioso dentro di noi. E’ piacevole e inebriante e, se non mette radici, brucia rapidamente per combustione spontanea lasciando il posto a una nuova esperienza simile.
L’estate che si apre di fronte ai nostri occhi è nell’immaginario collettivo la stagione propizia agli amori. Chissà che cosa ci riserveranno i prossimi mesi. Forse dovremmo partire dalla “pagina bianca” che sono i nostri figli per tentare di guadagnare nuovo spazio ai sentimenti e per farlo, una volta tanto, dovremmo capovolgere il processo e spazzare il nostro disincanto facendoci contagiare dalla purezza degli adolescenti e dalla loro bella e potente ingenuità.

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