DIOCESI – Nel pomeriggio di venerdì 26 giugno il Presidente Diocesano di Azione Cattolica Lorenzo Felici, i Consiglieri Diocesani e i Presidenti Parrocchiali si sono incontrati nella zona portuale per vivere un momento comunitario. Lorenzo Felici ha spiegato: “È un’occasione per incontrarsi e rivedersi con l’intenzione di non abbandonare quest’estate i nostri soci, ma di vivere con loro delle belle esperienze. Proprio per questo oggi abbiamo fatto un “prova generale” fra noi, cercando di coniugare la vita del nostro territorio con un’esperienza che abbiamo potuto vivere tutti insieme. Non possiamo scindere il nostro servizio di Azione Cattolica come Presidenti Parrocchiali e come Consiglieri Diocesani da quella che è la vita”. In effetti l’incontro si è svolto in due luoghi molto caratteristici della nostra città: a bordo di un peschereccio, il “Cristiana”, e successivamente presso la sede dell’Associazione Pescatori Sambenedettesi.

Sul peschereccio “Cristiana” don Giuseppe Giudici ha tenuto una prima meditazione, dopo aver letto il passo evangelico della chiamata dei primi discepoli: «Gesù per chiamare i suoi discepoli entra nella loro vita: loro non stavano nel tempio a pregare, ma stavano lavorando. Gesù li chiama a diventare pescatori di uomini, ovvero a trasformare la loro vita in servizio, ma tutto – ed è questa la cosa interessante – a partire dalla loro vita di pescatori di pesci: non da una cosa astratta, da un’ideale o, peggio ancora, da un’ideologia, ma dalla vita concreta. Noi ci troviamo sulla prua della barca, che non è un luogo di lavoro, ma, quando il tempo lo permette, di contemplazione dell’alba, dei tramonti. Quando invece ci sono le tempeste è un luogo dove non si può stare. È un po’ la metafora della nostra vita che è fatta di gioie e di dolori: siamo chiamati a stare dentro a ogni circostanza. Non è che quando le cose vanno male diciamo: “Allora lasciamo perdere!”. I dolori, come le gioie, fanno parte della vita e vanno accolti con la fede che non è capire tutto, ma accogliere tutto, perché dietro a quello che ci accade Dio vuole dirci qualcosa».

Perfettamente incastonata in questo discorso è stata la testimonianza del capitano Nicola Bergamaschi che ha raccontato ai presenti la sua vita di uomo di mare. Sì, proprio di una vita si tratta, perché si è imbarcato giovanissimo, seguendo le orme di suo padre. Nicola ha raccontato come è cambiato il suo approccio col mare, di come in gioventù salpava anche col le condizioni meteorologiche più avverse e di come invece col tempo sia diventato più prudente e non ha mancato di raccontare degli aneddoti. Dalle sue parole è emerso anche un futuro di speranza per la marineria sambenedettese, visto che il mare Adriatico a suo dire non solo è rimasto particolarmente pescoso, ma si trovano in esso anche specie di pesci che nei decenni scorsi era difficile trovare, soprattutto dovuto al fatto che la temperatura del mare si è alzata.

Nella sede dell’Associazione Pescatori Sambenedettesi si è svolta invece la seconda parte dell’incontro, durante la quale don Giuseppe ha tenuto una seconda meditazione, prendendo spunto da Gv 6,28.29; At 2,37.38 e Mc 1,15: “La prima opera che noi possiamo fare è credere: se il nostro fare non scaturisce dal credere è un fare che non porta frutto. La fede non va affatto data per scontata, perché anche nella Chiesa si può entrare in un vortice che è quello del fare, dell’impegnarsi, del voler mostrare nel quale la fede viene messa in secondo piano. Credere corrisponde all’amare e, poiché Dio è amore, un fare senza credere non produce vita, perché solo Dio dona la vita. Va molto di moda oggi parlare del potenziale umano, delle nostre capacità, dell’avere fiducia in se stessi – tutte cose che non sono affatto sbagliate – però noi cristiani prima di avere fiducia in noi stessi abbiamo fiducia in Dio. Anche come Azione Cattolica se contiamo solo sulle nostre forze e riusciamo a fare da soli quello che dobbiamo fare, allora Dio lo abbiamo fatto proprio fuori. Fare delle cose, riuscire nelle cose senza Dio significa dare una verniciatura religiosa a tutto quello che facciamo, tenendo però Dio al di fuori. Quante volte prima di decidere qualcosa ci mettiamo in ascolto dello Spirito Santo? Noi tante volte ci mettiamo in ascolto di ciò che ci piace, di ciò che è bello, che piace ai ragazzi, di ciò che il precedente anno ha avuto successo. Questo non è sbagliato, però non è il tutto. La prima domanda che dobbiamo farci è: “Perché facciamo tutto ciò?” e la seconda è: “Quello che noi stiamo progettando ci fa stringere di più a Dio e fa stringere di più a Dio i ragazzi?”».

L’incontro si è concluso con un graditissima cena… ovviamente a base di pesce!

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