don vincDi Don Vincenzo Catani

Mentre scrivo queste righe ripenso quando a Montecchio vicino a Pesaro si è celebratp il funerale di un prete che conosco benissimo, don Orlando, mio compagno di classe nel Seminario di Fano per otto anni, diventato prete a distanza di pochi mesi da me. E’ morto in conseguenza del Coronavirus. Un bravo prete amato dalla sua gente con la quale ha condiviso in pieno la pandemia. Uno dei tanti preti, insieme ai tanti medici, infermieri, addetti ai servizi essenziali, volontari…
Eroi? Non abusiamo di parole inutili. Certe parole ad effetto le lasciamo ai politici.
Santi? Beh, se proprio devo classificare un cristiano decente che ha condotto con dignità la propria vita seguendo Cristo come meglio ha potuto, allora questa parola mi piace di più.
Ma è possibile per un cristiano qualunque vivere la santità cristiana anche nella pandemia, in mezzo a questo dannato e sconvolgente marasma? Certo, non capisco la differenza di questi giorni con gli altri prima e dopo questo periodaccio. Certo, perché in realtà il cristiano vive ogni giorno che il Signore gli concede con quel goccio di fede che ha, con quella speranza che si ritaglia dentro il cuore e con quell’amore che lo spinge a relazionarsi con le persone e a gestire gli eventi con una apertura verso gli altri, avendo Cristo come esempio.

E allora non capisco perché dentro le nostre case o le fabbriche o gli ospedali o i supermercati non deve fiorire ogni giorno la santità. La santità non è collegata con le vicende storiche straordinarie, ma è collegata con la vita feriale, quotidiana, quella che si vive là dove uno si trova e con chi si trova, con i genitori, i figli, i nonni, i vicini di casa e persone comuni. Non deve dar fastidio la parola “santità”, a meno che la associamo solo ai miracoli o alle opere straordinarie. Se volete metto la parola “santo” fra virgolette, ma la realtà non cambia.
E allora perché non credere che anche nel periodo della pandemia è continuata la santità cristiana?
Non sono cristiani santi quei papà e quelle mamme che in questi mesi hanno triplicato la loro fantasia per rendere serena la vita familiare per i loro bambini e ragazzi e che hanno vissuto una forzata e prolungata convivenza dentro un piccolo appartamento di città, senza difficoltà perché capaci di amore e di pazienza?
Non sono cristiani santi quegli operai ed operaie che hanno reinventato il loro lavoro in casa o che hanno dovuto accontentarsi senza urlare della cassa integrazione o che hanno ricominciato a lavorare accettando una sicura precarietà?
Non sono cristiani santi tutti coloro che non hanno smesso di pregare e di mettersi nelle mani di Dio?
Non sono cristiani santi tutti coloro che non si sono chiusi nei propri problemi personali e si sono preoccupati anche di coloro che stavano peggio di loro, li hanno sostenuti con offerte, con un volontariato qualsiasi, o semplicemente con un continuo sostegno psicologico, anche solo con qualche telefonata di conforto?
Non sono cristiani santi tutti coloro che non hanno fatto gli sbruffoni e hanno accettato le regole per quel senso di civismo e di rispetto degli altri prima ancora che di se stesso?
E potrei continuare.
Ebbene è proprio questa santità nascosta e quotidiana il volto più bello della Chiesa, quella santità che emerge nella gioia contagiosa, nell’amore fraterno, nel fervore della fede, nella preghiera, nell’appartenenza comunitaria.
Buona santità a tutti!

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