Fabio Zavattaro

Non abbiate paura”.

Anche in questo tempo segnato dal covid19 il grido di san Giovanni Paolo II torna ad essere messaggio e invito a rinnovare il volto delle nostre società, e della nostra terra. Cento anni fa, il 18 maggio 1920, nasceva a Wadowice Karol Wojtyla, il Papa “venuto di un paese lontano” come lui stesso disse la sera del 16 maggio 1978. “Aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura!”. È in queste parole la sintesi del Pontificato del primo Papa dell’est europeo, assieme all’invito a aprire, anzi “a spalancare le porte a Cristo”.
Questo richiamo all’apertura, ad avere una fede capace di vincere ogni paura e timore, è il senso delle parole che Giovanni porta all’attenzione in queste ultime due domeniche prima dell’Ascensione. Siamo ancora nei discorsi tenuti da Gesù nel corso dell’ultima cena.
Domenica scorsa l’invito era: “non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede”. E aggiungeva: “io sono la via, la verità, la vita”. In questa domenica l’appello alla fede si traduce in un invito a credere in una promessa che fonda l’avvenire della comunità. È possibile allora che l’umanità “conosca la vera gioia, perché là dove arriva il Vangelo fiorisce la vita – ricordava Benedetto XVI commentando i testi che abbiamo letto – come un terreno arido che, irrigato dalla pioggia, subito rinverdisce”. L’immagine della gioia era cara a papa Ratzinger, ma anche a Paolo VI che proprio alla gioia ha dedicato la sua Esortazione apostolica Gaudete in Domino. Scrive: “l’uomo prova la gioia quando si trova in armonia con la natura, e soprattutto nell’incontro, nella partecipazione, nella comunione con gli altri. A maggior ragione egli conosce la gioia o la felicità spirituale quando la sua anima entra nel possesso di Dio, conosciuto e amato come il bene supremo e immutabile”.
Per papa Montini “è sempre imperfetta, fragile, minacciata”, la gioia. E questa difficoltà – la chiamava “paradosso” – di raggiungere la gioia è particolarmente acuta. Spiegava: “la società tecnologica ha potuto moltiplicare le occasioni di piacere, ma essa difficilmente riesce a procurare la gioia”.
Papa Francesco ci ricorda che è lo Spirito Santo a aiutarci a “non soccombere” di fronte “all’esperienza dell’errore e del peccato, che tutti facciamo”. E ci aiuta a cogliere e vivere il senso delle parole di Gesù e dei suoi comandamenti. Questi, afferma al Regina caeli, ancora una volta all’interno del Palazzo apostolico, “non ci sono dati come una sorta di specchio, nel quale vedere riflesse le nostre miserie, le nostre incoerenze”. La Parola di Dio è “parola di vita, che trasforma il cuore, la vita, che rinnova, che non giudica per condannare, ma risana e ha come fine il perdono. La misericordia di Dio è così. Una Parola che è luce ai nostri passi”.
Ecco il “paradosso” della gioia: crediamo di avere molto, ma ci dimentichiamo che è lo Spirito Santo – “dono di Dio, è Dio stesso” – che “ci aiuta a essere persone libere, persone che vogliono e sanno amare, persone che hanno compreso che la vita è una missione per annunciare le meraviglie che il Signore compie in chi si fida di lui”.
Ecco, allora, i due messaggi del Vangelo di questa domenica: l’osservanza dei comandamenti e la promessa dello Spirito Santo. Gesù ci chiede di amarlo ma questo amore, ricorda il Vescovo di Roma, “richiede la disponibilità a seguire la sua strada, cioè la volontà del Padre. E questa si riassume nel comandamento dell’amore reciproco, dato da Gesù stesso… Egli ci ama senza chiederci il contraccambio, e vuole che questo suo amore gratuito diventi la forma concreta della vita tra di noi: questa è la sua volontà”. Per questo Gesù ci dice di non aver timore perché pregherà il Padre di inviare “un altro Paraclito”, cioè un consolatore, un difensore, “che prenda il suo posto e dia loro l’intelligenza per ascoltare e il coraggio per osservare le sue parole”: lo Spirito Santo. È lo Spirito che guida, illumina, e rafforza, “affinché ognuno possa camminare nella vita, anche attraverso avversità e difficoltà, nelle gioie e nei dolori, rimanendo nella strada di Gesù”; è lo Spirito che non solo consola, ma può trasformare i cuori, aprirli alla verità e all’amore”.

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