DIOCESI – Abbiamo intervistato il Vice Presidente della Caritas diocesana e direttore dell’Ufficio Comunicazioni Sociali,  Prof. Fernando Palestini

L’emergenza Coronavirus ha purtroppo generato molte nuove situazioni di difficoltà economica tra le persone. Al contempo, però, si è assistito ad un moltiplicarsi di gesti di solidarietà. Come ha vissuto questa situazione dal suo osservatorio di vicepresidente della Caritas Diocesana? E secondo lei è vero che in autunno, assisteremo ad un ulteriore peggioramento della situazione socio-economica nazionale e, quindi, anche del nostro territorio? Se sì, come ci si prepara per affrontare tale situazione?
L’emergenza legata alla diffusione del COVID-19, oltre che sanitaria, sta diventando sempre più sociale. Colpisce soprattutto chi già viveva situazioni di difficoltà o di fragilità, creando nuove situazioni di povertà. La Caritas Italiana ha stimato un aumento in media del +114% nel numero di nuove persone che si rivolgono ai Centri di ascolto e ai servizi delle Caritas diocesane rispetto al periodo di pre-emergenza coronavirus. È questo il dato allarmante che risulta da una prima rilevazione condotta a livello nazionale su 70 Caritas diocesane in tutta Italia, circa un terzo del totale. Soprattutto vengono segnalati problemi di occupazione/lavoro e in genere economici. Il 75,7% di esse segnala anche un incremento dei problemi familiari, il 62,8% di quelli d’istruzione, il 60% di salute, anche in termini di disagio psicologico e psichico, e in termini abitativi. Vengono poi indicati anche nuovi bisogni, come quelli legati a problemi di solitudine, relazionali, anche con risvolti conflittuali, ansie e paure, disorientamento e disinformazione. Cresce anche la domanda di orientamento riguardo all’accesso alle misure di sostegno, anzitutto pubbliche, messe in campo per fronteggiare l’emergenza sanitaria.  Tutto questo è vero anche per la nostra Caritas Diocesana e per le Caritas parrocchiali. Ma accanto alle difficoltà sono emersi, come spesso accade, tantissimi gesti di solidarietà dalle aziende che ci hanno rifornito di beni da distribuire ai meno abbienti alle singole persone e volontari che si sono prodigati in modo ammirevole per aiutare coloro che fanno più fatica. In quest’ottica ha una grossa valenza la proposta del nostro Vescovo del “Fondo diocesano di solidarietà-Covid 19” per dare anche come Diocesi una piccola risposta a questa emergenza sociale che vede ancora una volta esposte le persone più fragili.

L’attuale pandemia ha segnato un punto di non ritorno: ci salviamo solo guardando al bene comune, non al bene dell’uno o dell’altro, non agli interessi di una parte o dell’altra ma al bene di tutti. Come comunità ecclesiali siamo chiamati a pensare nuove forme di carità e, come ci ricorda papa Francesco, ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme anche dal punto di vista sociale e politico, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Questo dovrà essere vero anche per il ritorno graduale ad una quasi normalità. L’obiettivo è comune… ripartire insieme significa aiutare le imprese ad investire di nuovo cercando di far ripartire l’economia senza lasciare indietro nessuno.

Cresime e Prime Comunioni sono state rinviate a causa dell’Emergenza-Coronavirus. Lei che è stato catechista, che consigli si sente di dare a quei tanti ragazzi che hanno visto allontanarsi un importante passaggio nel loro cammino di Fede?
Il cammino di crescita e di fede dei nostri ragazzi e adolescenti non necessariamente deve essere scandito da momenti predefiniti. Ci sarà tempo e modo per recuperare i Sacramenti e viverli in pienezza nella gioia dell’incontro con Gesù centro della nostra vita. Non mi preoccupa questo vuoto se è stato riempito dai genitori, dai catechisti e dagli educatori con momenti di crescita personale che immagino in questa “quarantena ” è stata rafforzata dagli esempi di tanti medici, infermieri, operati, volontari, addetti alla distribuzione che in questi momenti hanno vissuto la propria vita come servizio per i fratelli.

Lei è anche un insegnante: vicepreside dell’Istituto Capriotti. Le chiediamo un commento su come il mondo della scuola sta vivendo quest’emergenza e una prospettiva per settembre. Che anno scolastico sarà quello 2020/2021?
Ci siamo sentiti tutti più fragili ed indifesi. Forse siamo riusciti a cogliere di più quali sono le cose fondamentali che veramente contano nella vita quali l’amicizia, la famiglia, il calore di un abbraccio virtuale, la vicinanza con gli altri e lasciare da parte il superfluo che non dà senso alla nostra esistenza. Ancora di più queste difficoltà le vivono i nostri adolescenti ed i nostri giovani.  La routine scolastica l’orario, le lezioni, le interrogazioni, l’intervallo, il rapporto diretto fondamentale con i compagni di classe, gli amici…tutto questo è venuto a mancare e soprattutto per i ragazzi più fragili ed insicuri questo sta creando ed ha creato molti problemi. Il nostro ruolo in parte si è modificato. Ci siamo reinventati docenti a distanza, le video lezioni sono uno stimolo ulteriore e ci permettono di mantenere forte i legami con i nostri studenti infondendo sicurezza e tranquillità in questo momento particolarmente delicato anche per loro. Il nostro ruolo di docenti consiste anche in questo…oltre che trasmettere il sapere, le conoscenze, il desiderio di informarsi ci rendiamo conto che gli alunni hanno bisogno della nostra vicinanza, del nostro rimprovero ma anche della nostra comprensione. E questo è particolarmente vero per gli adolescenti che vivono situazioni difficili, a volte conflittuali, in famiglia.

Lei è stato anche consigliere comunale a San Benedetto. Senza voler entrare in considerazioni politiche, che consiglio darebbe alle amministrazioni comunali del nostro territorio per affrontare al meglio la Fase 2 e la successiva Fase 3? Aspetti che, purtroppo, come abbiamo detto, dal punto di vista economico-sociale, si prevedono più difficili della Fase 1…
Direi alla nostra amministrazione di vivere di più i problemi reali della gente, dei lavoratori e delle imprese, di cercare di essere dentro le situazioni, di pensare alle nuove generazioni, favorendo una mobilità sostenibile, una vera attenzione alla raccolta differenziata,alla cultura, al rispetto delle regole mentre ai politici consiglierei di vivere l’impegno come una sfida continua col solo scopo di servire al meglio la comunità, senza pensare a nessun tipo di tornaconto.

Nel messaggio in occasione del Primo Maggio, festa di S. Giuseppe Lavoratore, il nostro vescovo Carlo Bresciani ha sottolineato che, per ripartire dopo la fase più critica dell’emergenza, occorre pensare, con creatività ed intelligenza, a come porre rimedio al nostro modello di sviluppo, del quale il Coronavirus ha evidenziato definitivamente limiti e carenze. Ebbene: secondo lei, come possiamo porre rimedio a uno sviluppo che, citando il vescovo, ha “devastato il nostro mondo”?
Sarà molto difficile ma lo spero: questo tempo particolare può essere l’occasione per una transizione verso un modello di economia diversa, capace di coniugare la creazione di valore economico con la dignità del lavoro e la soluzione dei problemi ambientali, di mettere insieme lo scopo del lucro, del profitto con il rispetto rigoroso dell’ambiente, della natura, del mondo che ci circonda (penso all’utilizzo delle risorse energetiche e l’impiego delle risorse idriche, l’attenzione costante nei luoghi di lavoro alla salute ed alla sicurezza, le modalità attraverso le quali si realizza il dialogo tra le parti sociali all’interno dei luoghi di lavoro, la lotta contro la corruzione e l’evasione fiscale ed il rispetto dei diritti umani) e che finalmente il nostro governo, non solo a parole, abbia il coraggio di  aumentare gli investimenti per la salute, la scuola e la cultura, azzerando finalmente le spese per gli armamenti.

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