DIOCESI – Il secondo giorno del triduo pasquale al tempo del coronavirus è iniziato con la recita dell’Ufficio delle Letture e delle lodi alle ore 10.00 in Cattedrale. Alle ore 18.00 invece è stata celebrata la Passione del Signore. Il Vescovo Carlo Bresciani è entrato insieme agli altri sacerdoti silenziosamente (gesto ripetuto al termine di questa liturgia) e si è prostrato davanti all’altare. La liturgia è proseguita con i suoi quattro momenti caratteristici di questo giorno: la Liturgia della Parola, la Preghiera Universale, l’Adorazione della Croce e la Comunione con i Presantificati, cioè con le ostie consacrate durante la Messa del Giovedì Santo.

Durante la sua omelia il Vescovo Carlo ha affermato: «Di fronte alla morte istintivamente ci si ferma in silenzio, forse mai come in questi giorni in cui i bollettini giornalieri della protezione civile sono drammatici e ancora di più i camion dell’esercito che portano via le bare dei defunti. Lo stupore, la meraviglia, il dolore tolgono la volontà di parlare, ma molte domande vagano imperiosamente alla mente. Come è possibile? Perché?

Se poi quella morte è opera delle mani umane, come per Gesù, allora lo stupore è ancora più forte: come è possibile una tale cattiveria umana? Quante volte ce lo chiediamo di fronte agli omicidi, ai femminicidi, agli assassini e a tutte le torture che li precedono. Eppure l’essere umano è capace di queste atrocità non solo verso i colpevoli (cosa comunque non  giustificata), ma anche verso persone innocenti che non fanno altro che operare per il bene. È ciò che capita, per esempio, con i missionari martiri e con tutti i perseguitati del mondo. È il mistero della cattiveria umana che vorrebbe trionfare accanendosi contro gli innocenti.

Oggi, in questo venerdì santo, la Chiesa ci pone di fronte a quella cattiveria umana che se la prende anche con Dio e pensa di eliminarlo dal mondo mettendolo in croce. Sì, perché Gesù è stato messo in croce proprio perché si era dichiarato Dio e un Dio come lui disturbava troppo, anche se non aveva fatto altro che predicare un Dio di bontà e misericordia per i poveri e i peccatori e aveva operato miracoli per sollevarli dalle sofferenze e dalle malattie. Non altra colpa aveva Gesù e Pilato stesso, che pur lo condanna a morte sotto la pressione del sinedrio, lo conferma quando sentenzia: “Non trovo colpa alcuna in quest’uomo”.

Ovviamente il Sinedrio non voleva abolire Dio dal mondo, era composto da sacerdoti che non volevano un Dio come Gesù lo predicava e come lui lo viveva nella sua vita. Questo Dio non era altro che Colui che si era rivelato nell’Antico Testamento, il Dio dei padri e dei profeti, ma che la tradizione e l’attaccamento al potere degli antichi sacerdoti aveva travisato completamente. Si trattava di un Dio, quello che predicava Gesù, che metteva radicalmente in discussione e contestava il loro modo di esercitare il potere religioso. Si trattava di persone che parlavano di Dio, che leggevano la Scrittura tutti i giorni e dedicavano la vita al suo studio e che si ritenevano depositari della rivelazione, ma il loro cuore era molto lontano da Dio.

Purtroppo è ancora così: un Dio che ci scuote nel nostro superficiale perbenismo non lo vogliamo e lo allontaniamo dal nostro mondo, quando disturba i nostri affari che non possono più cessare neppure la domenica; quando ci ricorda che i poveri sono tra noi e non li possiamo sfruttare per fare più soldi; quando ci ricorda che non dare il giusto salario agli operai grida vedetta al suo cospetto e quindi è uno dei peccati più gravi; quando ci dice che, chiusi nei nostri egoismi, non possiamo lasciar morire affogati in mare coloro che disperatamente cercano un posto in cui vivere con dignità.
Non necessariamente diciamo che non vogliamo saperne di Dio, diciamo solo che un Dio così non lo vogliamo, vogliamo solo quel Dio che ci fa comodo. Di fatto, quando facciamo così, rifiutiamo Gesù e, sia pure in modo diverso da 2000 anni fa, tentiamo di eliminarlo dal nostro mondo che sembra preoccupato solo dello sviluppo economico, quasi che tutto il senso della vita stia lì. Oggi ci siamo accorti in modo drammatico che le illusioni dello sviluppo economico non bastano a salvarci dal coronavirus.

Siamo davanti alla croce di Gesù: quella croce rappresenta il dramma di ogni tempo. È  la storia di Dio che si rende presente nel mondo per salvarlo da tutti i suoi inganni ed è da questo mondo rifiutato. Non fermiamoci a meditare il dramma di 2000 anni fa: lo è stato e non possiamo non esserne inorriditi, ma meditiamo anche il dramma di Dio nel mondo di oggi. La sua croce non è cessata allora, continua nel mondo di oggi, continua nelle nostre famiglie e nelle nostre comunità, continua nei colpiti dal coronavirus di questi tempi. È presente ovunque la chiusura dell’egoismo lo rifiuta; è presente là dove si pensa che liberarsi di Dio significhi ritrovare la propria libertà e non ci si accorge che, così facendo, si incontra soltanto il proprio egoismo con le sue antiche schiavitù che corrodono la vita, le relazioni e le comunità.

In Gesù noi contempliamo la croce eterna di Dio, quella di un amore infinito non corrisposto e rifiutato; la croce di un Padre che vuole il bene dei figli, mentre questi lo rifiutano preferendo lasciarsi dominare dalle loro passioni, si dimenticano del fratello e dilapidano la casa che lui ha preparato per loro.

Gesù che sale il calvario dice alle donne di Gerusalemme: “Non piangete su di me”. Egli non rifiuta la loro buona intenzione, che forse era quella di dargli un po’ di consolazione commosse dal dramma umano cui assistevano. Voleva dire loro che se piangevano su di lui, ma non avessero cercato di porre rimedio alle cause che avevano portato lui in quella condizione, il loro pianto e la loro commozione sarebbero stati inutili.

Anche noi siamo nel pianto per tanti malati e per tanti morti di questi giorni, ma se questo non ci porta a porre rimedio alle cause che hanno reso così drammatica la situazione, il nostro dolore e il nostro pianto sarà stato inutile. Piangeremo inutilmente per tutta la vita, se non capiremo questo. L’unico modo per evitarlo, per quanto è a noi possibile, è fare come Gesù e vivere da figli di Dio come lui ha fatto, aiutandoci gli uni gli altri senza egoismi e senza sopraffazioni. Sapremo imparare questa lezione?»

Entra a far parte della Community de L'Ancora (clicca qui) attraverso la quale potrai ricevere le notizie più importanti ed essere aggiornati, in tempo reale, sui prossimi appuntamenti che ti aspettano in Diocesi.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *