Michele Luppi

C’è una resilienza in Africa che resiste al Coronavirus e corre di comunità in comunità, di Paese in Paese, come il suono di un tam tam. Ad aggregarle così da aumentarne il volume e la portata è da una manciata di giorni un nuovo sito internet (https://www.covidfree-toolkit.org/) nato a Parma da un’idea di Federico Monica, architetto e ricercatore da anni impegnato in progetti di cooperazione in diversi Paesi africani con lo studio Taxibrousse, da lui fondato. Un’intuizione subito raccolta da Cleophas Dioma, rappresentante della diaspora Burkinabé in Italia e presidente dell’associazione Reseau (organizzatrice dell’Italia Africa Business Week) che ha subito diffuso questa iniziativa tra i rappresentanti della diaspora africana in Italia e, tramite loro, decine di comunità nel continente africano.

I risultati, a pochi giorni dal lancio, sono sorprendenti.

“È un’idea nata quasi per caso, mentre come tanti altri italiani vivo questo periodo di quarantena forzata”, racconta al Sir Federico Monica. “Seguendo quotidianamente le notizie che arrivano dall’Africa – racconta – ho notato una disparità di fondo tra i toni drammatici, per certi versi apocalittici, con cui sui media occidentali viene raccontata l’avanzata del Coronavirus, come fosse un destino ineluttabile, e tante notizie che ricevevo da amici o media africani dicomunità che provano invece a reagire con soluzioni creative, spesso piccole e a basso costo, ma che possono davvero rappresentare un argine alla diffusione del virus.Una resilienza che nasce dal basso, fatta di piccoli gesti: come un bidone fai da te per favorire il lavaggio delle mani o buone pratiche per evitare il contagio su un bus collettivo”.
Ovviamente, precisano i fondatori di Covid-Free, questo non significa minimizzare la sfida che la diffusione del Coronavirus, presente ormai in tutti i Paesi africani con 6300 casi confermati e 237 morti (dato al 2 aprile), rappresenta dal punto di vista sanitario e sociale. Non fosse altro per le parole usate, pochi giorni fa, dal responsabile dell’Oms per la regione, Matshidiso Rebecca Moeti, che ha parlato di “situazione molto preoccupante” e di evoluzione “drammatica”.
“È chiaro – continua Federico Monica – che la soluzione migliore per contrastare la diffusione del virus è il distanziamento sociale e, ancor meglio, la quarantena forzata, ma dobbiamo essere realisti: queste soluzioni in molti contesti, non solo in Africa, non sono sostenibili. Pensiamo alle zone più povere, alle persone che vivono di economia informale, senza risparmi, senza forme di sostegno sociale. Da questa prospettiva, allora,proposte semplici come il lavarsi le mani non sono più una banalità ma possono fare la differenza”.

Da qui la nascita, negli ultimi giorni di marzo, di un gruppo Facebook che conta oggi circa 400 iscritti che funge da collettore delle buone pratiche già in atto e, successivamente del sito internet – in inglese e francese – che ne rappresenta una pratica vetrina a disposizione di chiunque voglia replicarle.
“Le iniziative – continua l’ideatore – possono essere racchiuse in tre filoni: la prima è legata all’innovazione e alle nuove tecnologie.

Penso ad esempio al servizio di messaggistica whatsApp introdotto in Zimbabwe.

Poi c’è il filone della sensibilizzazione con i poster realizzati in Senegal o la pubblicità alle fermate dei mezzi pubblici in Rwanda.

Infine il tema delle soluzioni creative sull’esempio dei Veronica buckets, semplici bidoni di plastica con un rubinetto sul fondo, che sono stati inventati molti anni fa in Ghana da Veronica Bekoe per facilitare il lavaggio delle mani nei luoghi pubblici e che sono ora diffusissimi”.
Ad oggi sono oltre 30 gli esempi di buone pratiche raccolte dal portale e crescono con un ritmo di 5 o 6 al giorno.

 

“Nel giro di pochi giorni – conclude Monica – abbiamo avuto visualizzazioni da 22 Paesi africani e i numeri sono in crescita. La nostra speranza è che questa rete possa continuare a crescere così da raggiungere molte più comunità.Il prossimo obiettivo che ci stiamo prefiggendo è quello di tradurre, con l’aiuto di chi vorrà, la campagne informative più efficaci nelle lingue locali”.

Le idee sono tante e la rete sta crescendo, ma sarà abbastanza? Perché, in fondo, si tratta di una un vera e propria gara contro il tempo con un unico obiettivo: correre più veloce del virus.

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