DIOCESI – Il Vescovo Carlo Bresciani ha celebrato nella Cappella del Santissimo Sacramento della cattedrale la III Domenica di Quaresima. Hanno concelebrato con lui i sacerdoti della Cattedrale: il parroco e Vicario Generale don Patrizio Spina e i parroci emeriti don Romualdo Scarponi e don Luciano Paci. La Santa Messa è stata trasmessa alle ore 11.00 in televisione dall’emittente VeraTv e in streaming dalla nostra testata. Il Vescovo ha ringraziato proprio in apertura della celebrazione le due realtà che operano nel mondo della comunicazione locale per aver permesso a tanti fedeli di unirsi in comunione spirituale alla Santa Messa.

Durante la sua omelia il Vescovo Carlo ha affermato: «Siamo anche noi come il popolo di Israele di cui ci parla la Prima Lettura di questa liturgia. Infatti, il popolo si trova nel deserto e anche noi siamo un po’ nel deserto e qui sentiamo la privazione di tante cose, come esattamente il popolo ebraico ha sperimentato. Questo popolo si limitava a lamentarsi e a mormorare contro Mosè e contro le circostanze avverse, dimenticando invece di essere in cammino verso la liberazione, poiché è stato liberato dalla schiavitù in Egitto ed è in cammino verso la Terra Promessa. Mosè fa qualcosa di diverso: invece che mormorare va da Dio e gli chiede di venire incontro al suo popolo. Dio risponde fornendo l’acqua. Troviamo qui un’indicazione per noi: anche noi stiamo vivendo un periodo di deserto e sentiamo la mancanza di tante cose e tutto questo ci pesa. Ma dobbiamo imparare da Mosè ad orientare il nostro sguardo a Dio che può venire in nostro aiuto, essendo il fondamento della nostra speranza.

L’acqua di cui ci parla la Prima Lettura evoca l’acqua del Battesimo: siamo nel cammino quaresimale e la liturgia ci sta facendo ripercorrere un cammino catecumenale. Con il Battesimo, ci ha detto San Paolo nella Seconda Lettura, siamo stati immersi in Cristo attraverso lo Spirito il quale ha effuso nei nostri cuori la speranza che non delude, perché è Dio che nel nostro cuore viene incontro a noi.

Dobbiamo credere che anche oggi Dio viene incontro a noi e orienta il nostro sguardo, non soltanto a ciò che ci manca, ma a quello che è il senso più profondo che può passare attraverso l’esperienza della mancanza. Questo lo troviamo nel ben noto brano della Samaritana al pozzo che abbiamo ascoltato nel Vangelo. La Samaritana si è recata al pozzo per attingere acqua, come si usava allora, e lì c’è Gesù che è arrivato prima precedendola. Egli voleva aiutare questa donna a capire qualcosa di molto più importante rispetto all’acqua del pozzo, anche se ovviamente anche questa è importante. Gesù vuole mostrare alla Samaritana qualcosa che lei andava cercando durante tutta la sua vita e che non aveva mai trovato. Il suo era un desiderio forte, che è passato attraverso i cinque mariti, ma che non ha trovato una risposta adeguata, perché il desiderio lo rivolgeva verso un obiettivo sbagliato invece che rivolgersi all’acqua che il Signore le promette e che è per la vita eterna, che toglie per sempre la sete e che dunque è l’amore vero. Ma ecco l’intervento di Gesù che con amore pian piano la porta a capire fino al punto che è lei stessa a chiedergli: “Signore dammi di quest’acqua”.

Anche noi, carissimi, siamo invitati ad andare a questo pozzo che è quello dove Gesù ci attende e dal quale Gesù vuole donarci quest’acqua che zampilla per la vita eterna. Quando noi viviamo così le cose nella fede allora non è che non sentiamo la paura di quello che stiamo vivendo, ma troviamo la forza di superare questa paura. Troviamo la forza di non lasciarci condizionare soltanto dalla paura, di non perdere quella solidarietà che è una delle opere che la Chiesa ci invita a vivere durante la Quaresima.

La preghiera che abbiamo fatto all’inizio della Messa diceva che le opere sono la preghiera, il digiuno – che stiamo vivendo attraverso le tante privazioni, anche delle relazioni che sentiamo più lontane dal punto di vista fisico, ma non necessariamente dal punto di vista affettivo – le opere di carità fraterna. Pensiamo anche a questa forma di carità: rispettare le regole che ci vengono date, non soltanto perché abbiamo paura, ma perché non vogliamo far del male agli altri. Per questo non celebriamo la Santa Messa con i fedeli: non perché abbiamo paura del contagio, ma perché abbiamo paura di fare del male agli altri, di portare il contagio verso altre persone e questo non sarebbe certo un’opera di carità. In questo senso, anche la privazione che stiamo vivendo dobbiamo viverla come un atto di carità che facciamo non solo per le persone che conosciamo, ma verso la nazione e verso tutto il mondo. Come cristiani dobbiamo avere questo respiro universale. Siamo cattolici, cioè universali e sappiamo guardare non soltanto al nostro piccolo interesse, ma abbiamo lo sguardo rivolto alle necessità del mondo intero, perché Dio vuole esattamente questo.

Carissimi, in questo momento in cui ci sentiamo uniti spiritualmente, anche con questo atto di carità che stiamo facendo, cercando di aiutarci reciprocamente ad affrontare un periodo che, certamente, non è facile e che, molto probabilmente, non sarà breve, però possiamo viverlo attingendo a quell’acqua che viene dal pozzo di Cristo che ci dà la forza per vivere e per purificarci interiormente. Abbiamo bisogno anche di tante purificazioni e forse questo ci può servire, e me lo auguro, perché la nostra fede sia vissuta, come diceva Gesù alla Samaritana, in Spirito e Verità, perché possiamo approfittare e approfondire questo Spirito e Verità che ci permettono una vera e più profonda comunione con il Signore. Con questo Spirito cerchiamo di vivere questo tempo uniti nella preghiera per noi, non dimenticando mai coloro che sono nella sofferenza per la malattia, coloro che faticano per cercare di curarli e coloro che ci governano, perché siano illuminati da questo Spirito e attraverso di esso possano guidare anche noi a quelle azioni e a quel modo di essere insieme che sia per il bene di tutti».

Prima di ricevere il Corpo e il Sangue di Cristo, il vescovo Carlo ha invitato quanti stavano seguendo la Santa Messa attraverso i mezzi di comunicazione sociale ad unirsi spiritualmente con queste parole: «Gesù mio credo fermamente che sei presente nel Santissimo Sacramento, ti amo sopra ogni cosa e ti desidero nell’anima mia. Poiché ora non posso riceverti nella Santa Comunione vieni almeno spiritualmente nel mio cuore. Io ti abbraccio e mi unisco totalmente a te, non permettere che io mi separi mai più da te. Eterno Padre, per le mani della Vergine Maria ti offriamo il Corpo e il Sangue preziosissimo di Gesù Cristo per il perdono dei nostri peccati, in suffragio dei nostri defunti, delle anime sante del Purgatorio e per i bisogni della Santa Madre Chiesa».

Entra a far parte della Community de L'Ancora (clicca qui) attraverso la quale potrai ricevere le notizie più importanti ed essere aggiornati, in tempo reale, sui prossimi appuntamenti che ti aspettano in Diocesi.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *