(da Bari)

“Agire come instancabili operatori di pace”. È il mandato del Papa per i vescovi del Mediterraneo, un’area “insidiata da tanti focolai di instabilità e di guerra, sia nel Medio Oriente, sia in vari Stati del nord Africa, come pure tra diverse etnie o gruppi religiosi e confessionali”. Senza dimenticare “il conflitto ancora irrisolto tra israeliani e palestinesi, con il pericolo di soluzioni non eque e, quindi, foriere di nuove crisi”. Dalla basilica pontificia di San Nicola, prima tappa del suo viaggio apostolico a Bari, il Papa ha tuonato: “La guerra, che orienta le risorse all’acquisto di armi e allo sforzo militare, distogliendole dalle funzioni vitali di una società, quali il sostegno alle famiglie, alla sanità e all’istruzione, è contraria alla ragione, secondo l’insegnamento di san Giovanni XXIII”. “È un’autentica follia – il monito di Francesco – perché è folle distruggere case, ponti, fabbriche, ospedali, uccidere persone e annientare risorse anziché costruire relazioni umane ed economiche. È una pazzia alla quale non ci possiamo rassegnare: mai la guerra potrà essere scambiata per normalità o accettata come via ineluttabile per regolare divergenze e interessi contrapposti”. “Il fine ultimo di ogni società umana rimane la pace, tanto che si può ribadire che non c’è alternativa alla pace, per nessuno”, ha spiegato il Papa: “Non c’è alcuna alternativa sensata alla pace, perché ogni progetto di sfruttamento e supremazia abbruttisce chi colpisce e chi ne è colpito, e rivela una concezione miope della realtà, dato che priva del futuro non solo l’altro, ma anche se stessi. La guerra appare così come il fallimento di ogni progetto umano e divino: basta visitare un paesaggio o una città, teatri di un conflitto, per accorgersi come, a causa dell’odio, il giardino si trasformi in una terra desolata e inospitale e il paradiso terrestre in un inferno”. A braccio, il Papa ha stigmatizzato “l’ipocrisia” di quelle “organizzazioni internazionali e di tanti Paesi che parlano di pace e poi vendono armi ai Paesi che sono in guerra. E questa si chiama grande ipocrisia”.

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