DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del monastero Santa Speranza in San Benedetto del Tronto.

«Siate santi perché io il Signore, vostro Dio, sono santo»: si apre così la prima lettura, tratta dal libro del Levitico.

«Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste»: così, invece, termina il brano evangelico.

La Parola di questa domenica si apre e si chiude con due sollecitazioni, una alla santità ed una alla perfezione. Sfida impossibile, potremmo dire, e così archiviare definitivamente la questione. Ma si parte da un dato di fatto che ci ricorda San Paolo: «Fratelli, non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? […] Perché santo è il tempio di Dio che siete voi».

La santità, l’essere santi, è già parte integrante di ciò che siamo e non è altro da noi! Sta a noi scoprirla, coltivarla, custodirla, mostrarla non per una sorta di vanto, ma come testimonianza della relazione fondante della nostra vita, quella con il Signore. Non è un’impresa impossibile, ci dice Gesù, e ci fa dono di tutti gli strumenti necessari ad affrontare questa sfida.

Primo strumento: «Amerai il tuo prossimo come te stesso», quindi, non nutrirai odio, vendetta, rancore, risentimento.

Ancora: «Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano», non amare solo quelli che ci amano, non dare il saluto solo ai nostri fratelli, porgere l’altra guancia, dare anche il mantello a chi vuole portarci via la tunica. Ancora: «Dà a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle».

Dopo queste indicazioni, la nostra convinzione che sia impossibile la sfida della santità e della perfezione potrebbe rafforzarsi! Sì, se pensiamo che si tratti solo di una serie di azioni, atteggiamenti che siamo chiamati ad attuare da zero e da soli.

Ma non è così! Non è questione di “fare” qualcosa ma, innanzitutto, di scoprirci noi i primi beneficiari di queste esperienze di amore, condivisione, carità.

Lo capiamo bene leggendo il salmo: il salmista loda Dio perché fa esperienza del suo amore, perché tocca con mano che Dio realmente perdona le sue colpe, guarisce tutte le sue infermità, salva dalla fossa la sua vita, lo circonda di bontà e misericordia, non lo tratta secondo i suoi peccati e non lo ripaga secondo le sue colpe.

Sentirsi continuamente inondati dalla misericordia di Dio: è questa esperienza la molla che, sola, può proiettarci e proiettare la nostra vita verso quella dell’altro.

Sperimentare sulla propria pelle l’essere guardati, amati, custoditi da Dio: è questa la grazia che ci permette di procedere sulla via della santità e della perfezione. Ricordando che essere santi e perfetti non significa essere i primi della classe, gli inappuntabili, coloro che sono sul gradino più alto del podio.

Santo e perfetto, ci dice Paolo, è chi si riconosce “stolto”, ogni giorno, consapevole che solo così si può «diventare sapiente, perché la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio». E «Il Signore sa che i progetti dei sapienti sono vani»! Ma non quelli degli “stolti”…

 

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