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Cardinale Bassetti “Il mite è colui che ‘eredita’ il più sublime dei territori”.

M. Chiara Biagioni e M. Michela Nicolais

“Dobbiamo dire basta a questa politica fatta sul sangue dei popoli!”. Aprendo l’incontro “Mediterraneo frontiera di pace”, in corso nella storica sede del Castello svevo di Bari, il card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei ha declinato la parola “pace” a 360°, chiamando i 58 vescovi delegati, provenienti da 20 Paesi diversi, a schierarsi in maniera sinodale a favore di un futuro all’insegna della “cittadinanza”: dei migranti e dei “martiri del Mediterraneo”, come i cristiani perseguitati che, in Medio Oriente, rischiano addirittura di scomparire. “L’alternativa alla pace è il rischio di un caos incontrollato”, il monito del cardinale, sulla scia del pensiero di Giorgio La Pira e in sintonia con il magistero di Papa Francesco – che domenica prossima sarà presente a Bari per la messa conclusiva – e del documento sulla Fratellanza umana firmato un anno fa con l’Imam di Al-Azhar. “Nessuna cattedrale esisterebbe senza porti”, ha esordito Bassetti: “la guerra è una tremenda anti-utopia”, e “il muro che divide i popoli è soprattutto un muro economico e di interessi”. “C’è una frontiera invisibile nel Mediterraneo che separa i popoli della miseria da quelli del benessere, c’è un nesso inscindibile fra la povertà e l’instabilità”, e i migranti devono essere lasciati “liberi di partire, liberi di restare”. Al cuore del discorso di apertura, un “mea culpa” per il “peccato della divisione nella Chiesa”, a partire dalla consapevolezza che “le nostre divisioni ecclesiali hanno ricalcato e rinforzato le divisioni culturali, politiche e militare dei popoli mediterranei”.

“Non possiamo vivere la questione dei migranti in maniera settorializzata, come se fosse solo un problema di esodi”,

l’invito finale: a Bari le Chiese del Mediterraneo vogliono dare l’avvio ad un “processo” caratterizzato dal “metodo sinodale”, al centro del quale c’è il concetto di “cittadinanza”, per far fronte alle sfide della globalizzazione del terzo millennio, come l’emergenza ambientale o le difficoltà nel trasmettere la fede ai giovani, in fuga anche dall’Europa a causa della mancanza di lavoro. L’esempio emblematico, nella terra che gli ha dato i natali, è quello di Aldo Moro, “un martire della terra che ci ospita”. Paolo VI, ha ricordato Bassetti, lo ha definito un uomo “buono, mite, saggio, innocente”.

“Forse il destino dell’uomo non è di realizzare pienamente la giustizia, ma di avere perpetuamente della giustizia fame e sete. Ma è sempre un grande destino”. “Non possiamo limitarci alla denuncia dei crimini e delle ingiustizie, che non dobbiamo peraltro negligere. Abbiamo il dovere di indicare la strada nella quale il Mediterraneo è immesso” e capire “dove Dio vuole che indirizziamo i nostri passi per rimanere fedeli a lui, Signore della storia”. Con queste parole, mons. Antonino Raspanti, vescovo di Acireale e vice presidente della Cei, detta “l’agenda” dei lavori che si sono aperti oggi pomeriggio a Bari.

In questi giorni i vescovi si confronteranno sui problemi che affliggono i popoli del Mar Nostrum: le migrazioni, la povertà, le violenze, la mancanza di istruzione o di cure sanitarie, lo sfruttamento di nazioni, la crisi dell’istituto familiare. Prenderanno la parola vescovi della costa Sud e Nord del Mediterraneo. Voci diverse provenienti dal Marocco alla Libia, dalla Siria all’Iraq, ma anche dalla Francia, ai Balcani, alla Spagna. C’è un tratto – ha detto Raspanti – che caratterizza il Mediterraneo: la presenza “in uno spazio geografico relativamente piccolo” di “una marcata accentuazione delle identità/alterità delle genti che vi abitano”. Dinamica che non è rimasta al riparo da degenerazioni, come lotte, odio, contrapposizioni” che “non hanno mai cancellato il senso di appartenenza reciproca che i popoli del Mediterraneo avvertono in sé”. Ed ha concluso: “Ciò implica che in questo bacino possa esser richiesto un maggior coraggio al processo del perdono e della riconciliazione, alla corresponsabilità e alla fraternità?

Il suono delle parole ‘Dov’è Abele, tuo fratello?’ diventa qui tuono assordante?”.

L’incontro ha suscitato grandi attese nella città di Bari. “L’auspicio che formulo, a nome della intera comunità metropolitana di Bari, è che la vostra preghiera e il vostro messaggio possano risuonare con forza e raggiungere i cuori di tutti, dei potenti del mondo come dei semplici cittadini”, dice il sindaco Antonio Decaro. E il presidente della Regione, Michele Emiliano, aggiunge: “La Vostra presenza qui a Bari, insieme al Santo Padre, è quindi per noi motivo di speranza. Siete un punto di riferimento per quanti vogliono costruire percorsi d’integrazione tra culture differenti”.

Non un convegno ma un incontro di dialogo e ascolto, riflessione e preghiera. Dal 19 al 23 febbraio il programma prevede tavoli di conversazione e discussione, lavori in assemblea ma anche momenti di preghiera anche nella cripta di San Nicola, incontri nelle parrocchie e l’abbraccio finale ad un gruppo di persone più svantaggiate. A seguirlo ci sono 500 giornalisti accreditati, e per la Messa che sarà celebrata domenica da Papa Francesco, sono attese circa 40mila persone. Venerdì, dopo i lavori di assemblea al Castello Svevo, alle 19 ogni vescovo sarà ospite in una parrocchia (una trentina saranno coinvolte) dove dopo la Messa, ci sarà un momento di confronto e testimonianze e infine la cena. Sabato, alle 15.30 al Teatro Petruzzelli, è in programma un evento culturale con momenti artistici e testimonianze. Domenica infine, dopo la messa con il Santo Padre (per la quale è stato richiesto l’aiuto di 500 volontari) i vescovi andranno a pranzo nella Fiera del Levante. Parteciperà anche un gruppo di persone in difficoltà che si distribuiranno tra i presuli, nello stile di Francesco. Si tratta di una trentina di persone, tra migranti del Cara, senza fissa dimora e persone impegnate in percorsi di riabilitazione.