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5° Seminario Nazionale di Pastorale Sociale e del Lavoro, Vescovo Bresciani: “Un nuovo comandamento: ama e rispetta il creato”

Foto di Michele Fuscoletti, tratta da Pastorale Sociale e del Lavoro – CEI

DIOCESI – A San Benedetto del Tronto, dal 14 febbraio al 17 febbraio, i direttori diocesani di pastorale sociale si sono incontrati per ascoltare, riflettere e condividere strategie di conversione ecologica come qualcosa ancora da realizzare e, insieme, come realtà già in atto nel nostro Paese.
In particolare il seminario nazionale della Pastorale sociale e del lavoro, dal titolo: “Il respiro della Terra – La conversione ecologica e la pastorale sociale”, ha provato a collegare una esperienza tipicamente cristiana come la «conversione»con il modo con cui oggi abitiamo il mondo.
Il percorso ha previsto quattro tappe, che sono state sviluppate attraverso relazioni, panel di confronto, dibattiti e momenti laboratoriali.

Durante il pomeriggio di domenica 16 febbraio i convegnisti hanno vissuto la Santa Messa, presso la Cattedrale Madonna della Marina e presieduta dal Vescovo della diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto, Mons. Carlo Bresciani.

Il Vescovo Bresciani durante l’omelia ha affermato: La Parola di Dio, che la liturgia di oggi ci offre, ci invita riflettere sui comandamenti che Egli ha donato all’umanità come atto di amore. Dio non può che volere il bene dell’umanità. Parlare di comandamenti, però, non ha buon e facile ascolto oggi. Nel migliore dei casi, porta a quella risposta che è stata data a Paolo ad Atene, quando ha parlato della resurrezione: “ti ascolteremo un’altra volta”. Eppure i comandamenti di Dio sono per la vita dei singoli e delle comunità e il loro valore sta nel fatto che sono tutt’altro che arbitrari, sono profondamente umani, la loro fondazione religiosa sta nel fatto che Dio vuole il bene dell’umanità. Solo il delirio di libertà che serpeggia nella nostra cultura, almeno quella occidentale, porta a pensare che il comandamento non sia presidio della libertà e del bene, ma una sua mortificazione, quando non addirittura la sua eliminazione.
Ma è proprio da questo delirio di libertà, che diventa poi arbitrarietà, che ci dobbiamo convertire, se vogliamo ridare respiro alla vita e alla terra, come avete messo a tema in questo vostro seminario. Da sempre nella storia dell’umanità il vero problema non è stata la libertà, ma il fatto che essa, dono di Dio all’essere umano, può venir usata per il bene e per il male, per la vita o per la morte, per l’empietà o per il peccato, come ci ricordava la prima lettura tratta dal libro del Siracide. Il che vuol dire che le conseguenze del modo in cui la libertà è usata non sono neutre, ma che l’uso che facciamo della libertà ha conseguenze umane e sociali di tutto rilievo e di cui non si può non tenerne conto se si vuole la vita e non la morte, il bene e non il male.

Proprio per evitare queste conseguenze negative ci sono i comandamenti, dono di Dio,  essi ci permettono di evitarle tanto più quanto più diventano regole comunitarie, rispettate da tutti. Dio, infatti, vuole la vita e non la morte, ma mette il tutto nella mani dell’essere umano, l’unico che può farsi carico del creato, assumendosi la responsabilità non solo di se stesso, ma anche degli altri esseri umani e dell’ambiente in cui vive.

Potremmo forse a questo riguardo parlare di un nuovo comandamento: ama e rispetta il creato, comandamento che non è altro che l’esplicitazione di quanto Dio ha detto ad Adamo ed Eva quando ha affidato loro il compito di coltivare e custodire la terra (Gn 2, 15). Il concetto di coltivare e custodire è molto diverso dal concetto di sfruttare e deturpare.

Nel vostro seminario avete parlato di tre conversioni o, se vogliamo, di tre aspetti dell’unica conversione: ecologica, pastorale e comunitaria. Esse ci rimandano al fatto che nessuno vive da se stesso e per se stesso: dipendiamo dal mondo, cioè dall’ambiente ecologico ed umano in cui viviamo e tutti siamo impegnati a comprendere come vivere in esso, accogliendolo come un dono affidato da Dio a tutti, perché dalla generosità e ricchezza della terra si possa trarre il necessario alla vita di tutti. La libertà umana effettiva si costruisce a partire dalla consapevolezza di questa dipendenza originaria che non è solo dall’ambiente fisico: dipendiamo gli uni dagli altri. È per questo che siamo responsabili gli uni dagli altri di quello che facciamo dell’ambiente ecologico e umano in cui viviamo. Siamo qui di fronte a quella che papa Benedetto XVI ha indicato come ‘ecologia integrale’ ed è questa che, come Chiesa, siamo chiamati a implementare con la nostra attività pastorale. La responsabilità verso l’ambiente nel quale viviamo non è mai separabile dalla nostra responsabilità verso l’essere umano, e, quindi, sia verso noi stessi che in questo ambiente viviamo, sia verso Dio che vuole la vita e non la morte dell’uomo. La vera conversione ecologica presuppone una conversione sociale e, quindi, antropologica.

La conversione cui siamo chiamati parte sempre dal cuore del singolo, un cuore che deve essere illuminato e guidato da un amore verso tutto ciò che Dio ci ha consegnato e che, in quanto amore, non ha mai un atteggiamento predatorio e distruttivo. Chi ama rispetta, usufruisce e salva, non usa o sfrutta soltanto, come diceva s. Agostino. Chi nel creato riconosce un dono di Dio, vi si accosta con atteggiamento di gratitudine verso il donante, usufruisce del creato e lo coltiva per il bene umano. Sa che non è cosa propria e che su di esso non ha un potere dispotico; è cosa donata a tutti, che può essere salvata solo con la collaborazione di tutti. È necessario, quindi, sviluppare una coscienza comunitaria, di responsabilità collettiva, per il bene di tutti. E in questo la Chiesa, comunità per eccellenza, ha un ruolo non secondario, come ha ricordato papa Francesco con la sua enciclica Laudato sì’. Sulla cura della casa comune.

I comandamenti di cui ci hanno parlato le letture di questa liturgia sono a presidio di questa ecologia integrale, cioè del bene di tutti, quindi, non solo di chi è più forte e, basandosi sulla sua forza, crede di poter disporre ad arbitrio sia delle relazioni umane sia del creato. I comandamenti, mentre difendono dall’arbitrio, promuovono la vita e la vera libertà umana che non può che avere a suo fondamento la giustizia e la verità (cfr. Gv 8, 32) e, solo quando è così, promuove il vero progresso a beneficio di tutti.

Questa, infatti, è la volontà di Dio: il bene di tutti perché il suo amore abbraccia tutti, nessuno escluso e con il suo amore sostiene tutto ciò che Egli ha creato a beneficio di tutta l’umanità, presente e futura. Quale è il contenuto ultimo dei comandamenti se non proteggere ciò che è bene e buono da tutte le sue possibili deturpazioni?”