È durato circa 30 minuti il colloquio privato tra il Papa e Željko Komsic, presidente di turno – in rappresentanza della parte croata della popolazione – della presidenza collegiale della Bosnia ed Erzegovina. Dopo l’udienza papale, Komsic  ha incontrato il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin,  accompagnato da mons. Mirosław Wachowski, sottosegretario per i Rapporti con gli Stati. “Nel corso dei colloqui in Segreteria di Stato, che si sono svolti in un clima cordiale – informa la Sala Stampa della Santa Sede –  ci si è soffermati sulle buone relazioni bilaterali e sulla realtà interna del Paese, con particolare attenzione alla situazione della comunità cattolica”. È stata, inoltre, ribadita “la necessità di garantire il pieno rispetto dei diritti di tutti i cittadini e l’effettiva parità dei tre popoli costituenti”. Infine, “sono stati toccati alcuni temi di comune interesse riguardanti l’ambito internazionale e regionale, quali la pace e la sicurezza, la necessità di favorire percorsi di dialogo per affrontare le diverse sfide nei Balcani occidentali e le prospettive per l’allargamento dell’Unione europea alla regione”.
Il Papa – ha riferito il “pool” di giornalisti ammessi all’incontro – “ha donato al presidente i libri del pontificato, compresa l’esortazione apostolica “Querida Amazonia”, appena pubblicata, il medaglione della pace e una statuetta. Non è mancato, come per tutti i capi di Stato, il dono del Documento di Abu Dhabi sulla fratellanza umana. “È molto importante per noi”, ha detto il presidente”. “Può farlo leggere anche a sua moglie”, il consiglio di Francesco per la consorte di Komsic, che è di religione musulmana. Il presidente ha regalato al Papa due icone di acciaio, fatte recentemente. La prima rappresenta la facciata della chiesa di San Giuseppe a Sarajevo, la seconda è invece una rappresentazione molto moderna di Gesù. “Mi piace”, il commento di Francesco. Altro regalo del presidente al Santo Padre, un libro che raccoglie foto e racconto della Bosnia nel periodo tra l’impero ottomano e quello austroungarico. “Qui si può vedere come è cambiato il Paese”, ha spiegato Komsic.

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