ACQUAVIVA PICENA – In occasione della XVII Assemblea Diocesana, l’Azione Cattolica della diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto delle Marche ha organizzato una tavola rotonda dal titolo “Abitare il quotidiano, impegnati nelle città, impegnati nel mondo”.

Sono intervenuti Stefania Marini Preside del liceo scientifico “Rosetti” di San Benedetto del Tronto, Tarcisio Antognozzi assessore del Comune di San Severino Marche e presidente del CSI Marche e Debora Siliquini della Cooperativa Lella 2001. È intervenuta anche l’assessore alla cultura e turismo del Comune di Acquaviva Picena Barbara Riga. L’incontro è stato moderato dal giornalista Marco Sprecacè.

La prima domanda rivolta è stata: “Quale mondo abitate?”. La Marini ha detto: “La locandina ci mostra una costruzione che può essere una casa, una scuola, un ente, un qualcosa che ha un tetto e questo ci rimanda ad un senso di protezione; è un richiamo pure ad un contenitore, quindi immaginiamo che dentro ci siano delle persone. Io ho colto questo invito come un’opportunità a riflettere sul senso della gratuità che ognuno di noi può svolgere nel proprio ambito di lavoro, io ad esempio ho pensato al mio ambiente scolastico. I mondi che abito sono tanti, perché sono tanti gli studenti con i quali ogni giorno mi rapporto, non solo studenti, ma anche docenti; un mondo bello perché io ho avuto la fortuna di occuparmi di scuola dell’infanzia, primaria, secondaria e anche un nido. Un mondo che ci richiama ogni giorno alla responsabilità come portatore di modelli. Questi ragazzi rimangono a scuola, parlo in questo caso del liceo per un quinquennio, e quindi il nostro compito di insegnante non è solo fornire le lezioni scolastiche, ma anche insegnargli a vivere il quotidiano, ad affrontare la vita. Ogni giorno siamo portati a fare un bilancio, a “contare” i ragazzi affinché siano tutti e non “uno di meno”. Dobbiamo aiutare tutti e non perdere nessun ragazzo, la scuola può aiutare e spesso non si è abbastanza attenti”.

Antognozzi ha detto: “Premetto che io abito, a mio avviso, nella città più bella del mondo. Dalle foto che vi ho portato potete vedere come la mia città è vissuta da tante realtà: da case distrutte dal terremoto, da enti che aiutano persone in difficoltà, da una casa per persone disabili che cercano di vivere il “dopo di noi” (cioè senza assistenza famigliare), da scuole e tanto altro. La parola “abitare” mi ha fatto venire una stretta al cuore, vedendo alcune delle case della mia via rovinate dal terremoto. La mia città sta affrontando una salita lunga e impervia e ricca di curve, verso la meta che è la ricostruzione, una ricostruzione che porti tutto ad essere meglio di prima. Purtroppo si sono anche i poveri, non avrei mai immaginato che la mia città ricca di storia e cultura potesse avere delle persone che vivessero in condizioni disagiate. È una città che vive a volte la sporcizia, ma anche la bellezza del Pinturicchio, è la città con una chiesa parrocchiale fatta con un tendone, ma ha anche uno splendido santuario della Madonna dei Lumi appena riaperto, di campanili ma anche di molte gru, ma soprattutto è una città che non ha mai smesso di vivere. Il Presidente del nostro gruppo sportivo parrocchiale ricevette un giorno una telefonata nel garage dove momentaneamente abitava, di un ragazzo che gli chiedeva quando ricominciassero gli allenamenti, questo dopo una settimana dal terremoto. I ragazzini dell’oratorio chiesero “ma non giochiamo più?”, lui si è commosso, ha fatto fatica a rispondere e poi ha detto “domani ci vediamo al campetto”. Quei ragazzi sono quelli che hanno continuato a vivere. Ecco perché secondo me è la città più bella del mondo. Ringrazio tutti quelli che mi hanno dato la possibilità di fare questa testimonianza. Per me abitare la città è abitare la responsabilità, assumersi il peso della propria comunità come ci si assume il peso della famiglia. Importante è anche dare risposte, non lasciare nulla di vago, dire anche no ma dare comunque risposte.”

Siliquini ha detto: “Il mondo che abito io è fatto di tante case, la mia è una comunità educativa per i minori, fatta di ragazzi tolti alle loro famiglie per vari motivi, che arrivano dal penale e tanti altri casi di disagio. Ho abitato case di immigrati: ragazzi soli, famiglie separate e poi ricongiunte, genitori senza figli. Ho abitato case di gioco d’azzardo o vittime di cyber bullismo. Abito case di anziani, abito l’agricoltura sociale. Ho scelto di abitare in questi posti, perché io penso che chi fa questo lavoro sia un privilegiato, perché vive la diversità e la diversità oggi è un privilegio. Inoltre ho dei collaboratori fantastici.”

Alla domanda: “Che significa abitare il mondo da cristiani?” Marini ha risposto: “Dal mio punto di vista la scuola ha uno sguardo profetico, noi dobbiamo dare spazio ai giovani, insegnare loro a leggere le differenze e le unicità di ognuno, dobbiamo ascoltarli, dobbiamo riuscire a capire cosa quel ragazzo può diventare attraverso le sue capacità. La velocità della quotidianità ci fa essere più distratti e meno attenti all’educazione.”

Antognozzi ha detto: “Rispondo con le parole di don Milani e don Mazzolari “La tentazione di tanti cristiani è quella di pregiudicare e non volere poi sporcarsi le mani, manca la volontà di aiutare, essere onesti ma sopra le parti, quando invece è importante prendere parte, stare in mezzo. Per insegnare bisogna saper fare, occorre avere competenza”.

Siliquini ha detto: “I cristiani devono rendersi conto che ogni persona ha la propria unicità, che dobbiamo conoscerci perché il pregiudizio porta la paura e la paura all’odio e all’indifferenza”. L’ incontro è proseguito con domande e riflessioni da parte dei presenti. I relatori sono stati accompagnati a visitare il Palazzo comunale di Acquaviva Picena.

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