Valentino Bulgarelli

La Chiesa italiana ha celebrato la Domenica della Parola di Dio, come proposto da Papa Francesco già a conclusione del Giubileo straordinario della misericordia, poi istituita con la lettera apostolica “Aperuit illis”. Una domenica dedicata interamente alla Parola di Dio: “non una volta all’anno, ma una volta per tutto l’anno”.

Il presidente dei Vescovi italiani, card. Gualtiero Bassetti, introducendo i lavori del Consiglio Permanente, aveva dichiarato l’adesione convinta a questa proposta come occasione per riscoprire la centralità della Parola di Dio e “tornare a un incontro personale e comunitario con la Parola. Parola mai ovvia, mai banale, tesoro inesauribile, che non afferreremo mai nella sua ricchezza e profondità”. Inoltre, il presidente aveva richiamato come “della Parola vive ogni discepolo; per la Parola crede; sulla Parola poggia la pietà, la catechesi e la fede vissuta; dalla Parola si riversano sugli altri i gesti della carità e si genera e rigenera la comunità”.

Da qui, l’auspicio che questa occasione non sia stata solo un appuntamento tra tanti. Il ritornare alla fonte della buona notizia è l’unica possibilità per ritrovare freschezza, coraggio e desiderio di vivere personalmente e comunitariamente nel quotidiano la consapevolezza di un Dio che cammina con noi e con ogni creatura.

La Parola di Dio è un antidoto per non lasciarsi travolgere dall’indifferenza o dall’autoreferenzialità rispetto ad un vissuto quotidiano che desidera ascoltare buone notizie. In questo consiste la missione della comunità cristiana: facilitare l’incontro tra la Parola di Dio e ogni uomo e ogni donna. È la via per rigenerare comunità credibili e testimoni autorevoli. Ma in tutto questo è indispensabile la capacità di ascoltare per lasciarsi provocare dalla Parola.

L’uomo è un essere che ascolta fin dal grembo materno. L’ascolto vero produce delle trasformazioni, mettendo l’uomo in condizione di uscire da sé per andare incontro all’Altro e agli altri. L’ascolto diventa obbedienza, non nel senso morale ma nella capacità di accogliere una parola che dà vita. Così come non c’è dialogo senza ascolto.

Che stia declinando oggi una cultura dell’ascolto è evidente: tutti preoccupati di parlare ma non forse di ascoltare le parole dell’altro.

Ci si dimentica che ascoltare ed essere ascoltati significa esserci, perché l’accettazione dell’altro inizia con l’ascolto. L’ascolto esige che l’altro sia accolto con pazienza, lasciandogli spazio, dedicandogli del tempo. Avere molta umiltà e disponibilità.

Nel libro dell’Apocalisse, l’autore rivolgendosi alle comunità cristiane del suo tempo, ricordava la delicatezza della parola detta da Dio che necessita dell’ascolto: “Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3,20). La domenica della Parola di Dio dovrebbe generare e nutrire questa consapevolezza: un Dio che è presente e che sta sulla soglia della porta della vita di ciascuno, sussurrando e proponendo con delicatezza gesti e parole belle. Ma l’altro aspetto è che

Dio entra solo nel rispetto della libertà della sua creatura e se la sua creatura gli permette di entrare.

È la dinamica della vita cristiana, della missione, dell’Evangelizzazione: Dio e l’umano che si parlano e si ascoltano. A ben vedere, il ritornare senza indugio alla fonte, alla Parola di Dio, come del resto auspicava già il Concilio Vaticano II, è l’unica via possibile per un improrogabile rinnovamento personale e comunitario.

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