Gesù “è capace di coinvolgersi nei dolori, nei problemi degli altri perché è venuto per questo, non per lavarsene le mani e fare tre, quattro prediche e andarsene”, è accanto a noi sempre. Così il Papa ha spiegato il senso della “compassione”, virtù divina per eccellenza, al centro dell’omelia della messa celebrata ieri a Santa Marta, in cui ha invitato a ripetere la preghiera “semplice” del lebbroso, che si può dire più volte al giorno: “Signore, se tu vuoi puoi guarirmi; se tu vuoi, puoi perdonarmi; se tu vuoi puoi aiutarmi”. O nella versione un po’ più lunga: “Signore, sono peccatore, abbi pietà di me, abbi compassione di me. Signore, io peccatore ti chiedo: abbi pietà di me”. Il lebbroso, con la sua preghiera semplice e miracolosa – ha detto Francesco, secondo quanto riferisce Vaticana News – è riuscito ad ottenere la guarigione grazie alla compassione di Gesù, che ci ama anche nel peccato: “Lui non si vergogna di noi.

‘O, padre, io sono un peccatore, come andrò a dire questo…’ Meglio! Perché Lui è venuto proprio per noi peccatori, e quanto più gran peccatore tu sei, più il Signore è vicino a te, perché è venuto per te, il più grande peccatore, per me, il più grande peccatore, per tutti noi”. “Prendiamo l’abitudine di ripetere questa preghiera, sempre”, l’invito: “Signore, se vuoi, puoi”, con la fiducia che il Signore è vicino a noi e la sua compassione prenderà su di sé i nostri problemi, i nostri peccati, le nostre malattie interiori, tutto”. “La compassione coinvolge, viene dal cuore e coinvolge e ti porta a fare qualcosa”, ha concluso il Papa: “Compassione è patire con, prendere la sofferenza dell’altro su di sé per risolverla, per guarirla. E questa è stata la missione di Gesù. Gesù non è venuto a predicare la legge e poi se ne è andato. Gesù è venuto in compassione, cioè a patire con e per noi e a dare la propria vita. È tanto grande l’amore di Gesù che la compassione lo portò proprio ha portato fino alla croce, a dare la vita”.

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