DIOCESI – “L’Epifania è collegata al racconto dei tre re Magi che vanno alla grotta di Betlemme, per adorare il re Messia, guidati da una magica stella, le cui indicazioni devono però essere correttamente interpretate, tanto che, sbagliando, finiscono perfino nella casa di Erode che è animato da ben altre intenzioni rispetto alle loro. Loro vogliono adorare, Erode vuole uccidere.
Gesù si era già manifestato in modo miracoloso ai pastori, ai più umili che vivevano in campagna e vi dormivano all’aperto anche di notte per sorvegliare il gregge. Anche loro sono già stati ad adorarlo alla grotta dove Gesù giaceva tra il bue e l’asino nella notte di Natale. Ora arrivano, ultimi, anche questi grandi saggi”.

Con queste parole il vescovo della diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto, Mons. Carlo Bresciani ha aperto la sua omelia in occasione della celebrazione dell’Epifania del Signore che si è tenuta ieri, lunedì 6 gennaio, presso la Chiesa Cattedrale Madonna della Marina.

Il presule ha poi affermato: “La sapienza del mondo, arriva a Gesù, ma arriva ultima. Da questo non ne voglio trarre conclusioni più impegnative del necessario: erano di fatto saggi che scrutavano i cieli non solo alla ricerca della conoscenza delle leggi fisiche che regolano la loro armonia, ma di Colui che dà ordine alle stelle e le ha create. Per questo non vedono solo una stella speciale, né scoprono chissà quali magie di influenze astrali, ma un segno che rimanda al Signore dei cieli e li mette in cammino verso di Lui che ha creato la stella. Potremmo dire che, di fatto, è il cammino che ogni uomo è chiamato a fare: risalire dalle cose create al Creatore. È lo stesso san Paolo che nella lettera ai Romani indica questa strada: riconoscere Dio nelle sue creature (cfr. Rom 1, 20).
Le cose create, per quanto belle e prodigiose, degne certamente di ammirazione, narrano la gloria di Dio che le ha create, come dice il Salmo 18: “i cieli narrano la gloria di Dio, l’opera delle sue mani annuncia il firmamento”. Nella loro bellezza le cose create dicono qualcosa, sia pure pallidamente, della gloria di Dio. Non vanno, quindi, esaltate per se stesse, provocherebbero un attaccamento magico ad esse (la divinizzazione delle cose e degli animali), o, al contrario staccandole completante dal Creatore, porterebbero a quel deprezzamento che stimola solo al loro sfruttamento consumistico che tanti danni sta facendo al nostro ambiente.
I Magi non sono né materialisti, né idolatri: sono saggi e, non senza l’influsso della grazia che opera in loro senza che ne siano consapevoli (è sempre così che opera la grazia in chi non la conosce), si lasciano guidare verso Colui che è la Parola (il Verbo, il Logos) attraverso la quale l’universo fu creato (cfr. Gv 1,3).
Dovrebbe essere questo anche il cammino di ogni uomo veramente saggio. Dovrebbe essere il cammino dello scienziato che coltiva la vera scienza: egli non rifugge dalla ricerca di una conoscenza sempre più completa ed esatta delle leggi della natura e dell’universo onde usarle per il vero bene dell’umanità, ma nel contempo, da vero scienziato non dovrebbe vergognarsi di riconoscere Colui che è all’origine di tutto: il Creatore.
I Magi sono onesti nella loro ricerca, seguono esattamente il percorso della stella e fanno con questa guida molta strada, arrivano fino alla casa di Erode, cioè a Gerusalemme. Hanno fatto un lungo tratto di strada verso Gesù, ma non è sufficiente: a un certo punto pensano di essere arrivati, invece sono nella casa di colui che non ne vuole sapere di Dio e meno che meno di Gesù, anzi lo vuole eliminare, credendolo un suo contendente a livello di potere umano. Erode per mantenere il suo potere vuole uccidere Gesù. Ma Gesù non vuole contendere il potere a nessuno, neppure ad Erode.
Il rischio è che la ricerca fatta fino allora dai Magi, si fermi qui: al potere che vuole avere tutto nelle proprie mani tutto e quindi non ne vuole sapere di Dio. L’arroganza del potere tenta di mettere al proprio servizio anche la scienza. Come vediamo, è tentazione antica, non sparita neppure ai nostri giorni.
Per fortuna i Magi, veramente saggi, non si lasciano strumentalizzare da Erode nella loro ricerca della verità del Dio da adorare. Non si prestano a giochi di potere e di corruzione. Sono il simbolo di una vera libertà della scienza che essi trovano solo nella sincera ricerca di Dio, senza piegarsi alle pretese del potente di turno.
La loro ricerca del re che è nato sembra però essersi bloccata a Gerusalemme, il luogo del potere umano. La stella che li ha guidati fino a qui, è sparita, c’è bisogno di qualcosa d’altro per rimettersi sul giusto cammino e giungere alla meta. La loro scienza li ha aiutati a fare un bel pezzo di strada, ma a un certo punto manifesta i suoi limiti: ha bisogno di un’altra luce, quella della rivelazione. Erode stesso deve ricorrere alla Scritture, cioè alla rivelazione, per sapere dove è nato il Messia. Si sblocca così l’émpasse e il cammino dei Magi può riprendere avendo ritrovato la giusta strada sulla quale riappare la stella che li porta fino al Dio che è nato in Betlemme. A questo punto i Magi possono finalmente giungere alla grotta della verità: quella di Dio, così a lungo cercata.
Si può dire che i Magi sono stati guidati sia dalla stella sia dalle Scritture. Mi pare che sia il messaggio dell’Epifania. Solo insieme scienza e fede portano a Cristo. La scienza da sola non basta: la stella indica la meta, ma la meta è rivelata da Dio stesso, non inventata dalla scienza. Tutto il creato parla di Dio, ma Dio si fa conoscere in maniera piena solo attraverso la rivelazione: e la rivelazione è Gesù.
Anche noi questa sera siamo inginocchiati ai piedi di Gesù davanti alla grotta. Anche noi siamo a chiedere la luce che dà vera vita a tutto il nostro sapere. A volte, il nostro orgoglio e la nostra superbia ci fanno credere che basti alla vita il sapere della scienza umana e, quindi, di non avere più bisogno di Colui che è venuto a liberarci da ogni orgogliosa e infondata sicurezza.
Inginocchiati come i Magi adoriamo e preghiamo invocando per noi un briciolo di quell’amore che nell’umiltà di quella grotta esalta oltre ogni dire l’immenso amore di Dio che non distrugge, ma supera infinitamente ogni scienza umana”.

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