M. M. Nicolais

Fuori programma ieri in Aula Paolo VI. Dopo la catechesi e prima dei saluti in lingua italiana che come di consueto concludono l’appuntamento del mercoledì dei fedeli, il Papa ha applaudito divertito ad un’esibizione del Circo di Mosca, il “Great Moscow State City”, i cui giovani artisti e giocolieri hanno eseguito sul palco acrobazie ed evoluzioni, che Francesco ha seguito con interesse e visibilmente apprezzato. “Oggi nel mondo, in Europa, tanti cristiani sono perseguitati e danno la vita per la propria fede, oppure sono perseguitati con guanti bianchi, cioè lasciati da parte, emarginati”, l’appello centrale della catechesi, durante la quale il Papa – commentando il brano degli Atti degli Apostoli che narra di San Paolo prigioniero davanti al re Agrippa – ha fatto riferimento, fuori testo, all’udienza concessa prima dell’udienza generale, nella basilica di San Pietro, all’eparchia di Mukachevo di rito bizantino. “Come sono stati perseguitati, questa gente, quanto hanno sofferto per il Vangelo, ma non hanno negoziato la fede”, ha esclamato:

“Il martirio è l’aria della vita di una comunità cristiana.

Sempre ci sono i martiri tra noi, e questo è un segno che siamo sulla strada di Gesù”. Agli ucraini, venuti a Roma per festeggiare insieme con il successore di Pietro il 30° anniversario dell’uscita dell’Eparchia di Mukachevo dalla clandestinità, il “grazie” per la loro fedeltà durante la “lunga oppressione del regime sovietico”: “La Chiesa di Mukachevo è madre di tanti martiri, che con il proprio sangue hanno confermato la fedeltà a Cristo, alla Chiesa Cattolica e al Vescovo di Roma”, l’omaggio di Francesco, che ha citato il Beato Vescovo Martire Teodor Romža, ma anche “i vostri antenati, nonni e nonne, padri e madri, che nell’intimità delle loro case, e spesso sotto la sorveglianza del regime ostile, rischiando la propria libertà e la vita, hanno trasmesso l’insegnamento della verità di Cristo e hanno offerto alle generazioni future, di cui voi siete rappresentanti, un’eloquente testimonianza di fede salda, viva e cattolica”.

“Gesù è stato odiato dagli avversari”,

così come San Paolo, il paragone scelto per la catechesi. Luca evidenzia la somiglianza tra Paolo e Gesù, “entrambi odiati dagli avversari, accusati pubblicamente e riconosciuti innocenti dalle autorità imperiali”, in una Gerusalemme che è “città ostile” per entrambi, ha proseguito Francesco: “E così Paolo è associato alla passione del suo Maestro, e la sua passione diventa un vangelo vivo. Paolo è chiamato a difendersi dalle accuse, e alla fine, alla presenza del re Agrippa II, la sua apologia si muta in efficace testimonianza di fede”.

La fede per San Paolo non è “una teoria, un’opinione su Dio e sul mondo”,

ma “l’impatto dell’amore di Dio sul suo cuore, è amore per Gesù Cristo”. “La testimonianza appassionata di Paolo tocca il cuore del re Agrippa, a cui manca solo il passo decisivo: ‘Ancora un poco e mi convinci a farmi cristiano!”. Paolo viene dichiarato innocente, ma non può essere rilasciato perché si è appellato a Cesare: “Continua così il viaggio inarrestabile della Parola di Dio verso Roma”, dove Paolo finirà incatenato e dove “appare agli occhi del mondo come un malfattore”. “Ma il suo amore per Cristo è così forte che anche queste catene sono lette con gli occhi della fede”, ha concluso il Papa: “Paolo ci insegna la perseveranza nella prova e la capacità di leggere tutto con gli occhi della fede”, di “essere fedeli fino in fondo alla nostra vocazione di cristiani, di discepoli del Signore”.

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