“Nonostante sia stato deportato ad Auschwitz all’età di 15 anni e sia stato l’unico sopravvissuto della sua famiglia, ho trovato sempre in lui un uomo che raccontava in maniera serena la tragedia della Shoah. Colpiva in lui la saggezza del suo racconto. Nonostante il dolore immane vissuto, mai una parola contro, mai una parola di odio. Emergeva la sofferenza del dramma della Shoah che mai oggi dobbiamo dimenticare”. È un ricordo “personale” quello che mons. Ambrogio Spreafico, vescovo di Frosinone e presidente della commissione Cei per l’ecumenismo e il dialogo, ha di Piero Terracina, uno degli ultimi sopravvissuti di Auschwitz. Il vescovo racconta di averlo spesso incontrato alla Marcia che ogni anno a Roma la Comunità di Sant’Egidio organizza per fare memoria della deportazione degli ebrei romani il 16 ottobre 1943 e il pensiero va subito ai giorni di oggi: “Siamo in una fase storica in cui sta rinascendo l’antisemitismo in maniera prepotente, in cui riemergono i gruppi nazi-skin ed appaiono con sempre maggiore frequenza striscioni razzisti e antisemiti negli stadi. Non si può tollerare un mondo che permette cose simili. Bisogna vergognarsi”.

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

A nome dei vescovi italiani, mons. Spreafico ha inviato un messaggio di cordoglio alla presidente della Comunità ebraica di Roma, Ruth Dureghello, esprimendo “l’impegno della nostra Chiesa perché questa memoria non abbandoni il nostro Paese e l’Europa, e per contrastare ogni rigurgito di antisemitismo consapevoli che le radici della nostra fede sono nella fede del vostro popolo”. “Mai lasceremo sole le comunità ebraiche”, spiega mons. Spreafico: “Questa è la nostra prima risposta anche come Chiese cattolica. A noi oggi spetta il compito, anzi il dovere, di essere la voce dei testimoni. Non possiamo più permetterci che in un mondo come il nostro, ci siano ancora alcuni cristiani che condividono un certo modo di pensare il passato e la tragedia della Shoah. Ricordiamoci sempre quello che papa Pio XI disse: noi siamo spiritualmente semiti. Significa che la nostra fede cristiana poggia sulla fede di Gesù Cristo, figlio di Dio, che era ebreo a tutti gli effetti come sua madre e come gli apostoli. Siamo quindi radicati in questa fede e non possiamo dimenticarlo”. Sono di pochi giorni fa le dichiarazioni di un consigliere comunale di Trieste che ha ammesso di sentirsi “offeso” perché Liliana Segre ha detto che “Gesù era ebreo”. “Se uno dice di essere cristiano – taglia corto mons. Spreafico – dovrebbe sapere che Gesù è nato da una donna ebrea ed ha vissuto in un contesto ebraico. I Vangeli raccontano che frequentava la sinagoga come del resto anche le prime comunità cristiane e l’apostolo Paolo. Noi abbiamo dentro la nostra fede cristiana, le radici ebraiche”. E aggiunge: “Sarebbe bene prima di parlare, ragionare e documentarsi, anche perché siamo in una fase storica in cui non ci si può permettere di non rendersi conto di quello che si dice. Parlare di meno e ragionare di più, essere uomini e donne di incontro e dialogo”. Il modo migliore per onorare oggi Piero Terracina e con lui tutti i testimoni della Shoah che non ci sono più – conclude il vescovo – è ricordarli, diventare noi la continuazione della loro memoria. Bisogna raccontare e soprattutto far capire che la guerra è un male, e l’odio – anche quello che viene troppo spesso espresso sui social – è un male che se siamo cristiani va confessato”.

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