Patrizia Caiffa

Con i 113 profughi siriani arrivati oggi a Roma dal Libano sono 3.000 le persone che hanno avuto la possibilità di entrare in Italia, Francia e Belgio tramite i corridoi umanitari dal 2016 ad oggi. Una cifra che comprende sia i protocolli promossi da Comunità di Sant’Egidio, Federazione delle Chiese evangeliche in Italia e Tavola valdese, sia quelli firmati dalla Conferenza episcopale italiana, che agisce tramite Caritas e Migrantes. Una collaborazione fattiva tra società civile e i ministeri dell’Interno e degli Esteri. Stamattina all’aeroporto di Fiumicino i 113 sono entrati grazie al progetto totalmente autofinanziato dalla raccolta fondi di Sant’Egidio e dall’8 per mille delle Chiese valdese e metodiste, con la partecipazione dell’Unione buddista europea, che ha portato finora in Italia oltre 1.800 persone. Tra i nuovi arrivi c’erano decine di bambini, famiglie intere, ragazzi con disabilità.

Andranno in piccoli e grandi centri come Genova, Sorrento, Vico Equense, Sassari, Roma, Formia, Cattolica, Napoli, Padova, Genova, Pontassieve, Luserna, Pinerolo Fossano, Butrio, Pisa, Pesaro, Reggio Calabria, Trento.

Saranno accolti da associazioni, parrocchie, comunità, diaconia valdese e famiglie. Studieranno la lingua italiana, i bambini andranno a scuola e una volta ottenuto lo status di rifugiato saranno inseriti nel mondo del lavoro. L’obiettivo è la piena integrazione nella società italiana. E’ l’alternativa concreta, legale e sicura, ai pericolosi viaggi in mare nelle mani dei trafficanti.

Mustafà (il secondo da sinistra), insieme alla sua famiglia e alla coppia di Sassari – foto: SIR/Caiffa

Mustafà, di Aleppo, rivede dopo 12 anni la famiglia della sorella. Ad attendere la sorella, arrivata con il marito e tre figli, che non vedeva da dodici anni, c’è Mustafà. 29 anni, occhi azzurri, sorriso aperto e un italiano perfetto con lieve cadenza sarda. Non immagineresti che è siriano di Aleppo. E’ arrivato in Italia con il padre, con visto regolare, prima dell’inizio della guerra. Ora vive in un appartamento con una fidanzata italiana e lavora nell’assistenza agli anziani. Il resto della famiglia è rimasto invece intrappolato nel conflitto. La sorella Amani, 34 anni, è fuggita con il marito e i figli in Libano, il Paese con la più alta incidenza di rifugiati al mondo, e ha sperimentato la dura vita dei profughi. Mustafà è emozionatissimo, i suoi occhi brillano di gioia. E’ venuto a Fiumicino insieme alla coppia sarda che lo affianca da anni, insieme alla Caritas di Sassari. “Sono la mia seconda famiglia”. Due sue nipotine non ce la fanno ad attendere l’ingresso ufficiale ad uso di fotografi e telecamere e sgattaiolano prima attraverso lo spiraglio della porta per abbracciarlo. Un abbraccio lunghissimo, come gli anni che li hanno separati. Poi arriva la sorella, la commozione è intensa. E’ provata dall’esilio e dalle sofferenze ma “ora siamo di nuovo insieme”, dice Mustafà, non smettendo di ringraziare tutti. Gli occhi sono più azzurri che mai, il futuro promette una vita in pace, a Sassari.

Bushra

Bushra, 26 anni, in Italia da sola. Bushra ha solo 26 anni e ha già visto tanto nella sua vita. E’ fuggita da sola dalla guerra in Siria non ancora ventenne. A Beirut è riuscita a continuare gli studi all’università, poi è stata raggiunta dal fratello. La famiglia è ancora in Siria. “In Libano facevo volontariato con organizzazioni nazionali ed internazionali a sostegno e supporto della comunità siriana – racconta -. Ad un certo punto mi sono resa conto che la situazione per noi siriani stava degenerando e sono stata costretta a chiedere aiuto ai corridoi umanitari”. La sua destinazione è Padova. “So solo che andrò a vivere con altre ragazze. Ora finalmente mi sento al sicuro”.

Una Italia che apre le porte. “Oggi arrivate in una Italia che apre le porte – ha detto Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio -. Siamo molto preoccupati perché la guerra in Siria non finisce. Vogliamo che la nostra preghiera diventi una forma di accoglienza”. Tremila persone fatte entrare legalmente in Europa, ha aggiunto, “non sono piccoli numeri. Sono grandi numeri, perché la vita di ognuno vale tantissimo”.  Christiane Groeben, vice presidente della Fcei, ha ricordato il primo ingresso dei corridoi umanitari nel febbraio 2016: “Solo allora ho capito che questo progetto funziona davvero”.

Il 10 dicembre prossimo la Fcei sarà al Parlamento europeo per chiedere di aprire dei corridoi umanitari europei dalla Libia.

“L’Europa è ferma – ha osservato – e non sembra capire l’urgenza di quanto sta accadendo. Ce lo ricordano i morti di Lampedusa, ultime vittime della lentezza europea. La nostra coscienza non può accettare questa strage silenziosa”. Per Donatella Candura, viceprefetto del Ministero dell’Interno, si tratta “di un grande lavoro di squadra”. La pastora Thesie Mueller della Tavola valdese, ha riferito che il Sinodo valdese “ha dato il mandato di rinnovare ancora i corridoi umanitari e di continuare l’impegno di salvataggio in mare”.

Sono in corso trattative con i ministeri dell’Interno e degli Esteri per la firma di un nuovo protocollo.

“Quando ci è stata data l’opportunità di sostenere il progetto non abbiamo esitato ad aderire”, ha concluso Stefano Bettera, vicepresidente dell’Unione buddista europea.

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