THAILANDIA – “Alle fonti del buddismo la maggioranza dei tailandesi si sono abbeverati e hanno permeato la loro maniera di venerare la vita e i propri anziani, di condurre uno stile di vita sobrio, basato sulla contemplazione, sul distacco, sul lavoro duro e sulla disciplina; caratteristiche che alimentano quel vostro tratto distintivo così peculiare: essere considerati come il popolo del sorriso”. È il saluto del Papa al Patriarca supremo dei Buddisti, Somdet Phra Ariyavongsagatanana IX, che è entrato insieme a lui nel Wat Ratchabophit Sathit Maha Simaram Temple e ha pronunciato il suo saluto.

“Il nostro incontro – ha sottolineato Francesco – si inscrive entro il cammino di stima e di mutuo riconoscimento iniziato dai nostri predecessori. Sulle loro orme vorrei porre questa visita, per accrescere non solo il rispetto ma anche l’amicizia tra le nostre comunità”. “Sono passati quasi cinquant’anni da quando il 17° Patriarca supremo, Somdej Phra Wanarat (Pun Punnasiri), insieme ad un gruppo di importanti monaci buddisti, fece visita al Papa Paolo VI in Vaticano”, ha ricordato il Papa, definendo l’incontro “una svolta assai rilevante nello sviluppo del dialogo tra le nostre tradizioni religiose; dialogo coltivato che, successivamente, permise al Papa Giovanni Paolo II di realizzare una visita in questo Tempio al Patriarca supremo Sua Santità Somdej Phra Ariyavongsagatanana (Vasana Vasano). Personalmente ho avuto l’onore di accogliere di recente una delegazione di monaci del tempio di Wat Pho, con il dono di una traduzione di un antico manoscritto buddista in lingua pali, ora conservato nella Biblioteca Vaticana”. “Piccoli passi”, li ha chiamati Francesco, “che aiutano a testimoniare non solo nelle nostre comunità, ma anche nel nostro mondo, tanto sollecitato a propagare e generare divisioni e esclusioni, che la cultura dell’incontro è possibile”.

“Quando abbiamo l’opportunità di riconoscerci e di apprezzarci, anche nelle nostre differenze, offriamo al mondo una parola di speranza capace di incoraggiare e sostenere quanti si trovano sempre maggiormente danneggiati dalla divisione”, ha assicurato Francesco, secondo il quale “possibilità come queste ci ricordano quanto sia importante che le religioni si manifestino sempre più quali fari di speranza, in quanto promotrici e garanti di fraternità. In tal senso ringrazio questo popolo, perché, fin dall’arrivo del Cristianesimo in Tailandia, circa quattro secoli e mezzo fa, i cattolici, pur essendo un gruppo minoritario, hanno goduto della libertà nella pratica religiosa e per molti anni hanno vissuto in armonia con i loro fratelli e sorelle buddisti”. “Su questa strada di reciproca fiducia e fraternità, desidero ribadire il mio personale impegno e quello di tutta la Chiesa per il rafforzamento di un dialogo aperto e rispettoso al servizio della pace e del benessere di questo popolo”, ha concluso il Papa: “Grazie agli scambi accademici, che permettono una maggiore comprensione reciproca, come pure all’esercizio della contemplazione, della misericordia e del discernimento – tanto comuni alle nostre tradizioni –, potremo crescere in uno stile di buona ‘vicinanza’ . Potremo promuovere tra i fedeli delle nostre religioni lo sviluppo di nuovi progetti di carità, capaci di generare e incrementare iniziative concrete sulla via della fraternità, specialmente con i più poveri, e riguardo alla nostra tanto maltrattata casa comune. In questo modo contribuiremo alla formazione di una cultura di compassione, di fraternità e di incontro, tanto qui come in altre parti del mondo”.

Dopo lo scambio dei doni, ha avuto luogo un breve colloquio privato, durante il quale è stato ribadito il valore della fraternità tra le due religioni, per favorire la pace. Al termine, dopo la firma del Libro d’Onore e la foto ufficiale, il Papa si è congedato dal Patriarca Supremo e prima di lasciare la struttura, nel cortile centrale, ha posato per una foto di gruppo con 35 Monaci del Monastero Wat Pho. Quindi si è trasferito in auto al St. Louis Hospital per l’incontro con il personale medico.

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