“La scuola sembra essere sempre in stato di riforma” tra “il rincorrersi e l’accavallarsi di interventi legislativi” con “risultati devastanti facili da immaginare” e oggi “spesso, semplicemente da constatare”. Esordisce così mons. Mariano Crociata, vescovo di Latina-Terracina-Sezze-Priverno e presidente della Commissione episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università, nel suo saluto al seminario, ieri a Roma, “Educare a scuola si può?”, promosso dalla Commissione in collaborazione con l’Ufficio nazionale per l’educazione, la scuola e l’università e il Servizio nazionale per l’insegnamento della religione cattolica.
Nonostante ciò, prosegue Crociata, “la scuola ha continuato a svolgere la sua missione sociale e istituzionale, a formare generazioni di bambini e ragazzi” anche se con esiti “non sempre del tutto apprezzabili”. La nostra società, evidenzia, “porta dentro la scuola il pluralismo delle visioni della vita, chiedendo di imparare ad orientarsi e a decidere che cosa e chi si vuole essere. Proprio quest’esigenza”, tuttavia, “rimane spesso disattesa perché la debolezza del pensiero non consente di pervenire ad una visione e a una decisione conseguenti”. Richiamando l’interrogativo che dà il titolo all’incontro, il presule avverte: “Questa domanda attende una risposta innanzitutto intorno alla pertinenza dell’educare come compito della scuola” che va adempiuto “dal punto di vista pedagogico e didattico, senza perdere di vista le implicanze sociali e civili e aggiungerei anche quelle circa la domanda religiosa”. In ogni caso, “rimane sempre aperta la questione di come un tale compito possa essere assolto dagli educatori e condiviso dagli stessi giovani e, quindi, quale forma debba assumere e quale efficacia possa conseguire sulle persone, soprattutto su questi ultimi”. Con questo seminario, spiega, “si conclude il percorso in tre tappe voluto per prepararsi all’evento sull’educazione di marzo prossimo per dire, dopo 10 anni di Orientamenti pastorali centrati sul tema, che il tempo dell’educazione non è finito perché, al contrario, di essa si avverte sempre più il bisogno e urgenza”.

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