Serve subito un cessate-il-fuoco. Gli israeliani hanno detto che continueranno a rispondere al lancio dei razzi da Gaza fin quando questi non finiranno.
Facciamo appello a chi ha la responsabilità di governo di fermarsi e dialogare, provare a parlarsi, capirsi”. È l’appello che padre Gabriel Romanelli, parroco latino di Gaza, lancia in queste ore drammatiche durante le quali, dopo l’uccisione ieri mattina da parte di Israele del comandante militare della Jihad Islamica a Gaza, Baha Abu al-Ata, si è via via assistito ad un inasprirsi degli scontri tra milizie palestinesi della Jihad islamica e Forze di sicurezza israeliane. Il bilancio aggiornato parla di 24 palestinesi morti e decine di feriti. Paura anche in Israele dove sono risuonate le sirene di allarme anti missili ad Ashkelon, lungo la costa, e a Sderot. La Jihad Islamica ha sparato circa 200 razzi, mentre i media israeliani parlano di 400. Migliaia gli israeliani rintanati nei rifugi antimissili. L’ambasciata di Palestina in Italia, in una nota, parla di “aggressione” e definisce gli attacchi israeliani  “uno dei tanti modi con cui Israele sottopone a continue sofferenze il popolo palestinese di Gaza. La leadership palestinese si appella alla comunità internazionale perché reagisca fornendo immediata protezione al popolo palestinese e impegnando il Governo israeliano a interrompere ogni forma di aggressione contro Gaza”. Dal canto suo, l’Ambasciata di Israele presso la Santa Sede, in un tweet, afferma che, “da ieri, i terroristi di Gaza hanno lanciato oltre 220 missili contro civili israeliani, colpendo più di 110 città e comunità in tutto. Anche in queste difficili circostanze, gli israeliani continuano a rimanere forti. Non cederemo al terrore”.
“Non sappiamo cosa accadrà domani. Forse le scuole continueranno ad essere chiuse per motivi di sicurezza – dice al telefono il parroco, mentre in sottofondo si sentono gli spari e il sibilo dei proiettili -. Anche gli uffici pubblici e i mercati potrebbero rimanere chiusi. Sarebbe una imprudenza aprire se resta questa tensione”. La piccola comunità cristiana è rintanata in casa come praticamente tutta o quasi la popolazione gazawa. “Le nostre famiglie sono chiuse in casa. Non esce nessuno. Le strade sono praticamente vuote.

Ieri – racconta padre Romanelli – sono andato dalle suore del Rosario per la messa. La loro scuola è chiusa per motivi di sicurezza come del resto tutte le scuole a Gaza. Abbiamo pregato per la pace. La preghiera davanti al Santissimo è l’unica arma che abbiamo per fermare questa carneficina. Ieri è stata una giornata difficile. Razzi e bombe si sentono ovunque qui nella Striscia. Preghiamo per la pace. Basta sangue”.

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