Anna T. Kowalewska

“Il Muro di Berlino non sarebbe caduto senza la vicenda di Solidarność”: Andrzej Friszke, membro dell’Accademia delle scienze polacca, da anni si occupa della storia del movimento sociale e politico che, tra gli anni ‘80 e ‘90 del secolo scorso, sconvolse tutta l’Europa. In occasione del 30° anniversario della caduta del Muro di Berlino, cercando di definire il lascito degli eventi che portarono alla caduta del sistema sovietico e alla fine della “guerra fredda”.

Professore, quali furono i presupposti per i fatti che portarono alla caduta del Muro? Allora la democrazia era un sogno per molti popoli europei, eppure oggi chiusure e nazionalismi sembrano procedere in altra direzione…
Oggi, in Polonia ma anche negli Usa, in Francia, in Italia e in altri Paesi, vengono messi in dubbio i presupposti e gli ideali delle democrazie liberali. Penso però che questo sia piuttosto l’effetto del processo di globalizzazione, delle profonde trasformazioni che stiamo vivendo in questi ultimi decenni; cause diverse, dunque, rispetto ai fatti del 1989.Direi che la situazione attuale comprende anche una sorta di avversione verso il mondo moderno.Se parliamo invece del 1989, bisogna tener presente che i problemi che si vivevano allora erano il frutto delle divisioni profonde dell’Europa risalenti al Settecento. Le società dell’Europa centro-orientale, tuttavia, sembrano aver mantenuto a tutt’oggi un prevalente carattere contadino, lontano dalla civiltà cittadina e dal relativo sistema istituzionale. Alcune delle divisioni di oggi scaturiscono quindi dal divario tra una società rurale e quella borghese. Nel 1989 tali differenze in Polonia non davano nell’occhio, né venivano prese in considerazione, anche perché una parte della società, la parte ultraconservatrice, era praticamente inattiva politicamente. Neppure nelle analisi sociologiche di allora risultavano le diversità tra ceti sociali, rivelatesi così profonde.

La caduta del Muro di Berlino sarebbe possibile senza l’anno 1980 in Polonia, senza il movimento di Solidarność, e senza le prime elezioni parzialmente democratiche che si svolsero il 4 giugno del 1989?
È ovvio che il Muro di Berlino non sarebbe potuto cadere senza la rivolta di Solidarność. Bisogna considerare però che i cambiamenti politici avvenuti alla fine degli anni ’80 nei Paesi assoggettati al totalitarismo sovietico si verificarono in una particolare situazione internazionale, definita in primis dall’esaurimento delle possibilità di sviluppo economico e tecnologico in Unione Sovietica, e dall’impossibilità da parte dell’Urss di rivaleggiare con gli Usa, condizioni percepibili sin dalla metà degli anni ’70. La rivolta politica nei Paesi del “blocco”, iniziata dalla Polonia con il movimento Solidarność nel 1980, fu però determinante.È naturale che le vicende polacche impattarono sulla situazione negli altri Paesi del sistema sovieticopreludendo alle manifestazioni nella Germania dell’est (la Ddr) che si sarebbero concluse con lo smantellamento del Muro che divideva Berlino in due parti, una sovietica e l’altra occidentale. Lo stesso dicasi per la “rivoluzione di velluto” in Cecoslovacchia, e quella in altre nazioni, ma anche per la rinascita e la radicalizzazione dei movimenti a favore dell’indipendenza dall’Unione Sovietica in Paesi come la Lituania e l’Ucraina. In un sistema di vasi comunicanti quale era il blocco sovietico, i cambiamenti in Polonia stimolarono le trasformazioni democratiche negli altri Stati, indicando loro la via d’uscita pacifica e negoziata, con il riconoscimento dei diritti politici dei sostenitori del vecchio regime, fatto che indebolì notevolmente la loro volontà di difendere il passato.

Perché i negoziati del 1989 in Polonia si svolsero con la partecipazione della Chiesa, la quale assunse il ruolo di mediatore tra il governo e l’opposizione?
In Polonia, in fondo, già verso la fine del 1981 era chiaro che vi erano tre grandi forze politiche: Solidarność, il Partito operaio unificato (Pzpr) e la Chiesa, guidata allora da Giovanni Paolo II, la di cui presenza, sebbene stesse a Roma, era molto sentita e rivestiva una notevole importanza. Da parte di entrambi, governo e opposizione, la Chiesa era considerata un intermediario capace di avvicinarle e di garantire un eventuale accordo. Questo non fu possibile nel 1981 ma, dopo l’introduzione della legge marziale,la Chiesa polacca di fatto assunse il ruolo di negoziatore al fine di attenuare il conflitto in atto.Molto importante per esempio fu il suo ruolo nelle trattative riguardanti i prigionieri politici, rilasciati in seguito all’amnistia del 1984. Le autorità governative tentarono invano di giungere a un accordo politico con la Chiesa, la quale però respinse le offerte da parte dei funzionari di un regime programmaticamente ateo, ma non negò ai membri di Solidarność gli spazi e i locali per la campagna elettorale prima del 4 giugno 1989. Va ricordato tuttavia che alla Chiesa in Polonia, considerando il numero di cattolici, facevano riferimento non solo i membri del movimento democratico ma anche una parte di coloro che ufficialmente davano il loro appoggio al Pzpr.

La Chiesa ebbe un ruolo simile in Germania negli anni ‘80-‘90?
Bisogna considerare che la Germania non è un Paese omogeneo dal punto di vista religioso. Nella Ddr, dove ad agosto del 1989 scoppiarono le prime proteste che a novembre dello stesso anno portarono alla caduta del Muro, i manifestanti trovarono l’appoggio da parte della Chiesa evangelica e di numerosi pastori protestanti, favorevoli al movimento democratico. Certamente quel loro contributo non va dimenticato.

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