“Prendere tempo”.
È questa, secondo il card. Beniamino Stella, prefetto della Congregazione per il clero, l’indicazione di marcia sulla questione del “rito amazzonico”, proposta emersa al Sinodo già nelle Congregazioni generali e poi dibattuta nei Circoli minori. Durante il briefing di ieri sul Sinodo per l’Amazzonia, il cardinale ha definito il dibattito sul rito amazzonico “una bella pagina” e ha commentato: “È naturale che dal Sinodo venga questa iniziativa: i popoli amazzonici sentono la necessità di poter comunicare con la loro lingua, i loro simboli e la loro ritualità locale. L’Amazzonia è una realtà plurietnica, plurilinguistica, composta da centinaia di etnie e centinaia di lingue. C’è un’aspettativa in questa materia e anche una necessità concreta: vedremo cosa dirà il Sinodo”. Nel dettaglio, la proposta emersa dal Sinodo è quella di promuovere un rito amazzonico sotto il profilo “liturgico, disciplinare e teologico”.
Bisogna analizzare, approfondire, prendere tempo”, ha commentato Stella: “I riti esprimo la spiritualità e le aspettative dei popoli. Se ci sarà un cenno o alcuni paragrafi relativi a questa materia, bisognerà riprenderli e lavorarci molto”. “Si comunica con i gesti, i colori, i simboli del luogo, con le parabole come faceva Gesù”, ha fatto notare il cardinale: “Cosa il documento finale ci darà non saprei dirlo, ma la proposta in questione trova la sua motivazione in tutto ciò che ha a che fare con la dimensione concreta di questo territorio”. “Vogliamo poter esprimere la nostra fede nella nostra cultura e nella nostra lingua”, ha spiegato Eleazar López Hernández, esperto in teologia india, sacerdote indigeno cattolico appartenente al popolo Zapoteca e membro del Centro nazionale di aiuto alle missioni indigene: “La Chiesa ha bisogno di generare volti specifici nei quali arrivi una proposta cristiana, secondo il famoso motto latino: quello che si riceve, si riceve secondo i modi del ricevente. La Chiesa è plurale, non monocorde, e multiculturale.

C’è bisogno di riti adeguati ai nostri popoli, per tutti i popoli indigeni e tutti i popoli latinoamericani”. “Noi già celebriamo partendo dalla nostra spiritualità, viviamo le nostre celebrazioni portando i nostri simboli”, ha testimoniato suor Mariluce dos Santos Mesquita, salesiana e appartenente all’etnia Barassana: “Papa Francesco sta ascoltando e proponendo di riconoscere, di approfondire di più la spiritualità indigena interagendo con la Parola di Dio, che noi già predichiamo”. “Abbiamo i nostri riti, ma vanno integrati con Gesù Cristo”, ha osservato Delio Siticonatzi Camaiteri, membro del popolo Ashaninca, gruppo etnico amazzonico: “La cosmovisione è il nostro modo di guardare il mondo: la natura ci avvicina di più a Dio”.

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