Da M. Chiara Biagioni

La Chiesa è una roccaforte”: è fatta di cristiani che “non si spaventano”, ma annunciano la Parola di Dio “dappertutto”, senza temere la persecuzione e lanciando già da allora l’idea di una Chiesa dalle “porte aperte”, anche verso i lontani. Lo ha detto il Papa nella catechesi dell’udienza di ieri, che si è conclusa in piazza San Pietro con un accorato appello per “trovare soluzioni” di pace alla crisi in Cile. “Il metodo ecclesiale per la risoluzione dei conflitti si basa sul dialogo fatto di ascolto attento e paziente e sul discernimento compiuto alla luce dello Spirito”, la lezione del Concilio di Gerusalemme, il primo della storia della Chiesa. Senza lo Spirito Santo non c’è “sinodalità”.

La “forte persecuzione, invece di provocare una battuta d’arresto, diventa un’opportunità” per annunciare la Parola di Dio “dappertutto”, esordisce Francesco, definendo gli Atti degli Apostoli “il libro del lungo viaggio della Parola di Dio”. “La Parola di Dio va annunziata, e va annunziata dappertutto”, prosegue a braccio: “I cristiani non si spaventano. Devono fuggire. Fuggono con la Parola e spargono la Parola dappertutto”.

La Chiesa “non è una roccaforte, ma una tenda

capace di allargare il suo spazio perché entrino tutti e di dare accesso a tutti”, l’immagine centrale della catechesi odierna, in cui il Papa ribadisce: “La Chiesa è ‘in uscita’ o non è Chiesa: o o è in cammino allargando sempre il suo spazio affinché tutti possano entrare, o non è Chiesa. È una Chiesa con le porte aperte”. “Io quando vedo, in questa diocesi o in quella di prima, qualche chiesetta con le porte chiuse, questo è un segnale brutto”, prosegue a braccio:

“Le chiese devono avere sempre le porte aperte, perché questo è il simbolo di cosa è una Chiesa: sempre aperta.

La Chiesa è chiamata ad essere sempre la casa aperta del Padre. Cosicché, se qualcuno vuole seguire una mozione dello Spirito e si avvicina cercando Dio, non si incontrerà con la freddezza di una porta chiusa”. E proprio la “novità delle porte aperte ai pagani”, sottolinea il Santo Padre, scatena “una controversia molto animata”, per dirimere la quale Paolo e Barnaba consultano il consiglio degli Apostoli e degli anziani a Gerusalemme. Così ha luogo quello che è ritenuto il primo Concilio della storia della Chiesa, il concilio o assemblea di Gerusalemme, cui fa riferimento Paolo nella Lettera ai Galati. Già nel primo Concilio della Chiesa “viene affrontata una questione teologica, spirituale e disciplinare molto delicata: il rapporto tra la fede in Cristo e l’osservanza della legge di Mosè”. “L’assemblea di Gerusalemme ci offre una luce importante sulle modalità con cui affrontare le divergenze e ricercare la ‘verità nella carità’”, la proposta di Francesco per attualizzarne i contenuti: “Ci ricorda che il metodo ecclesiale per la risoluzione dei conflitti si basa sul dialogo fatto di ascolto attento e paziente e sul discernimento compiuto alla luce dello Spirito. È lo Spirito, infatti, che aiuta a superare le chiusure e le tensioni e lavora nei cuori perché giungano, nella verità e nel bene, all’unità”. “Questo testo ci aiuta a comprendere la sinodalità”, il commento del Papa, che poi osserva a braccio: “È interessante come gli apostoli scrivono la lettera. Cominciano dicendo: ‘lo Spirito Santo e noi pensiamo che…’. È propria della sinodalità la presenza dello Spirito Santo: al contrario non è sinodalità, è parlatorio, è Parlamento, un’altra cosa”.

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