La Bolivia si è addormentata, al sopraggiungere della notte, con tanta incertezza e con le piazze piene di manifestanti.
Dopo che il Tribunale supremo elettorale aveva ieri dato per vincitore al primo turno Evo Morales (per aver distanziato di poco più di 10 punti il secondo classificato, Carlos Mesa), procede lo scrutinio ufficiale. Giunto al 96% dei seggi, il distacco è di circa 9 punti (46,35% contro 37,16%). Se così fosse, si tornerebbe al ballottaggio, come era parso nel momento in cui erano arrivati i primi dati. Ma l’andamento dello scrutinio ufficiale sta procedendo in modo simile al conteggio veloce, ed è dunque probabile (ma non certo, in questa vicenda ricca di colpi di scena) che il dato definitivo confermi la vittoria di Morales. Vittoria che, però, non è riconosciuta da Mesa e da vaste fasce di popolazione, che sono scese in strada. Ieri Morales si è riunito con gli osservatori internazionali, dando ampie rassicurazioni e dicendo di voler mettere tutto a loro disposizione, ma il vicepresidente del Tribunale supremo elettorale, Antonio Costas, ha rassegnato le dimissioni, contestando il lungo vuoto di notizie nella giornata di lunedì.
Ieri si sono svolte manifestazioni nelle principali città, in un clima di notevole tensione, anche se le proteste finora non sono sfociate in situazioni di particolare violenza. Molta anche la preoccupazione da parte della Chiesa, che da una parte chiede che sia rispettata la volontà del popolo, senza frodi, e dall’altra che la protesta sia portata avanti con modalità pacifiche.
Dopo la nota del Consiglio permanente della Conferenza episcopale boliviana, diffusa lunedì, ieri c’è stato un ulteriore, breve pronunciamento da parte dei tredici vescovi boliviani presenti al Sinodo, in un breve video diffuso da Vatican News. “Ci sono evidenti segni di frode, la protesta è diffusa e chiediamo urgentemente il rispetto del voto, il clamore del popolo per la democrazia. Spero che ci sarà il ballottaggio per raggiungere la pace e la giustizia “, ha detto mons. Ricardo Centella, presidente della Ceb e vescovo di Potosí.
Da parte sua, mons. Oscar Aparicio, vicepresidente del Ceb e arcivescovo di Cochabamba, ha aggiunto: “Siamo preoccupati per queste sacche di violenza che stanno prendendo piede anche nel nostro Paese e chiediamo la pacificazione, la ricerca di soluzioni e che ovunque si possa manifestare in un clima di pace, cercando il benessere di ognuno di noi”.

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