Si lavora alacremente nei Centri di speranza di Porte aperte, ad Hassaké, in Siria, da dove giungono notizie di “sgomberi, persone in fuga, ritiro dei curdi in alcune aree e interruzioni del cessate il fuoco”. Intanto le diplomazie muovono le loro pedine in attesa dell’incontro tra Erdogan e Putin. “Tra la popolazione in fuga ci sono anche cristiani, minoranza nella minoranza”, affermano da Porte aperte (Open doors), associazione impegnata da anni a mobilitare la Chiesa al sostegno dei perseguitati. “I curdi si sono ritirati da Ras al-Ayn, ma con essi anche molte famiglia di cristiani, che non si sentono al sicuro, non solo per le bombe turche, ma anche per le forze coalizzate all’esercito turco, le quali secondo le accuse di molti non fanno molta distinzione tra civili e soldati curdi. In quell’area ci sono anche curdi ex-musulmani convertiti alla fede cristiana, che quindi sono infinitamente vulnerabili”. “Queste famiglie sono così grate del vostro aiuto”, spiega Nazyra Asyo, riferendosi ai pacchi viveri di Porte aperte che, attraverso la chiesa locale ad Al Hasakah, stanno distribuendo a 45 famiglie fuggite principalmente proprio da Ras al-Ayn. Porte aperte, attraverso i partner locali, sta soccorrendo con pacchi viveri in varie zone, come a Qamishly (nord Siria, confine con Turchia, zona di guerra) da cui giungono richieste di preghiere “perché la pace sia completa. C’è ancora molta tensione nell’atmosfera e le mosse politiche non sono chiare dalla nostra prospettiva. Confidiamo che, in mezzo a tutto questo, Dio ci aiuti a costruire il Suo regno”.

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