“L’Ecuador sta vivendo una delle crisi politiche più gravi dal ritorno della democrazia”. Lo scrive in una nota l’associazione cattolica per la comunicazione Signis Ecuador, che fa cenno alla “violenza di Stato per reprimere una mobilitazione indigena e cittadina che condanna le recenti decisioni economiche decretate dal Governo”, ma anche agli “atti di vandalismo e saccheggio guidati da determinati gruppi di manifestanti”. Entrambe le azioni, sottolinea la nota di Signis, “addolorano e indignano”.
Prosegue il comunicato: “Non possiamo chiudere gli occhi e stare zitti di fronte alle gravi violazioni della libertà d’espressione che si registrano in questi momenti di grave agitazione sociale. Denunciamo e condanniamo l’aggressione a vari colleghi giornalisti e fotoreporter, sia da parte di attivisti e partecipanti alla protesta, sia da parte delle forze dell’ordine”.
Ancora, “guardiamo con preoccupazione alla mancanza di dibattito nell’informazione”, dato che alcuni organi d’informazione “offrono una visione parziale della protesta”, mentre numerose fake news si diffondono invece attraverso i social network. In particolare, si condannano gli assalti a stazioni radiotelevisive nel cerro Pilisurco e la decisione del Governo di chiudere il segnale di Radio Pichincha Universal.
Anche Signis si aggiunge all’appello al dialogo espresso dall’Episcopato ecuadoriano, chiedendo al Governo “il rispetto dei diritti umani di quanti protestano”, ma anche che la protesta “non sia screditata da atti di vandalismo e distruzione di beni pubblici e privati”.

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