SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Domenica 6 ottobre presso il centro Biancazzurro di San Benedetto del Tronto dalle ore 15:30 alle ore 18:00 si è tenuto l’incontro “La Missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo”.

L’appuntamento è stato organizzato dall’Ufficio Diocesano di Pastorale Familiare. Relatore è stato il vescovo della diocesi di San Benedetto del Tronto-Ripatransone-Montalto, Sua Eccellenza Monsignor Carlo Bresciani.

Il vescovo Bresciani in apertura dell’incontro ha detto (trascrizione audio): “Spero che le riflessioni che scaturiranno da questo momento ci aiutino nel nostro cammino spirituale.
Il titolo che è stato dato a questo incontro ci fa subito capire che si sta parlando di missione.
Perché questo titolo? Perché il tema della missione è un po’ il tema di questo anno pastorale e quindi ho cercato di declinare il tema, adattandolo a ciò che concerne la famiglia. Il tema dell’anno pastorale è “Con Cristo in missione nel mondo”, ma anche nella Chiesa, e poi perché stiamo vivendo il mese missionario straordinario che papa Francesco ha indetto per il mese di ottobre nell’anniversario dell’enciclica del papa sulle missioni. Cercherò di riflettere un po’ con voi su questi due aspetti: Chiesa e mondo. Partendo dalla famiglia nel suo interno, non ragioniamo oggi come singoli cristiani, ma come famiglie. La famiglia,lo sappiamo, è composta da padre, madre e figli e questo ci dice una cosa importante e cioè che la prima missione della famiglia è all’interno di se stessa.
Non è guardare fuori, la prima missione è dentro, perché il primo dono che il Signore dà ai coniugi e poi anche alla famiglia nel suo insieme è esattamente il dono della famiglia, che è il primo bene prezioso nei confronti dei quali tutti noi dall’esterno e la famiglia dal suo interno, siamo impegnati a conservare in virtù del sacramento del matrimonio. Alla base della famiglia, non dimentichiamolo, c’è un Sacramento. Un Sacramento è un’azione di Dio, è vero certo che se due decidono di sposarsi c’è anche la loro iniziativa, ma il Sacramento è un’iniziativa di Dio. Il Signore con il Sacramento del Matrimonio affida l’uomo alla donna e la donna all’uomo. Per cui c’è una missione innanzitutto all’interno della famiglia, che è il presupposto per qualsiasi altra. Se si facessero tante altre cose fuori e poi si buttasse all’aria la propria famiglia si è contro ciò che stiamo dicendo, non è questo il progetto di Dio che invece ci dice che la prima missione è all’interno della propria famiglia.

Tante volte lo dico anche ai sacerdoti: alle persone sposate possiamo chiedere tante cose, ma se per aiutare la comunità “buttano” all’aria il matrimonio è bene che se ne stiano a casa loro con le loro famiglie e poi dopo eventualmente aiutino i sacerdoti.
Lo ricordo anche ai diaconi permanenti, essere disponibili senza dimenticare che c’è anche il sacramento del matrimonio che è alla base di tutto. La domanda che i coniugi dovrebbero sempre porsi è: “Come sono io custode di mio marito o di mia moglie?”. C’è poi la missione nei confronti dei figli.
I figli sono affidati ai genitori e la prima missione è certamente la coppia unita che insieme si fa carico di quei figli che il Signore affida proprio a loro due. Questo vuol dire che l’unità della famiglia è l’elemento fondamentale, tutto il resto viene dopo, che non vuol dire chiudersi in se stessi, chiudere la famiglia su se stessa. Il presupposto è la missione nella famiglia e poi anche verso la Chiesa e verso il mondo. Quindi è chiaro che il compito è la missione, la responsabilità verso il marito, verso la moglie, ma non in senso esclusivo. È il fondamento sul quale si costruisce, la casa ha bisogno delle fondamenta perché altrimenti non starebbe in piedi, ma poi ci sono anche altre cose che compongono una costruzione. Quindi il fondamento su cui si costruisce tutto il resto. La prima missione, anche nella Chiesa, è essere famiglia, come nella famiglia anche nella Chiesa, dobbiamo farci carico degli altri, dobbiamo prenderci cura dell’altro. Il primo dono che fate alla Chiesa è essere famiglia. Ciò che è richiesto ad ogni cristiano si sviluppa prima all’interno della famiglia, poi nella Chiesa e infine nel mondo. Nella famiglia ci si prende cura dei figli, ci si occupa dell’educazione dei figli. Importante che nella famiglia si educhi anche alla fede. C’è un’educazione generale e un’educazione alla fede. La famiglia è il primo educatore alla fede, non è il prete o il catechista. Molto spesso si fa l’errore di pensare che il primo educatore alla fede sia il prete o il catechista: non è così! Il prete e il catechista sono un aiuto alla famiglia, non possono però sostituirsi alla famiglia.
I figli sono prima di tutto affidati alla famiglia e l’educazione dei figli fa parte della realtà sacramentale che vi ha uniti nel matrimonio.

L’educazione alla fede diventa così la prima missione nella Chiesa, con l’educazione alla fede si costruisce la Chiesa di domani. Se qualcuno volesse educare i ragazzi alla fede cristiana, ma i genitori si opponessero, non si potrebbe educare alla fede cristiana; capite bene quindi che i figli sono affidati alla propria famiglia, non si possono “strappare” i figli ai genitori anche se l’intento fosse il più buono possibile, come potrebbe essere l’educazione alla fede. Io, come chiunque altro, non posso sottrarre ai genitori il compito che è loro. Così come io non posso impartire un Sacramento ad un ragazzo se i genitori non vogliono, anche se la volontà del ragazzo fosse ricevere il Sacramento.
Il primo luogo dove vivere la fede non è la Chiesa, ma la famiglia. Certamente è importante andare in Chiesa, partecipare alla Messa, ma se manca l’educazione alla fede in famiglia il bambino, diventato adulto, abbandona la Chiesa perché si accorge che ciò che apprende a catechismo non lo vive in famiglia e se va a Messa i genitori si limitano a portarlo e a riprenderlo e non partecipano insieme a lui. A questo punto crede che sia solo una cosa da bambini e da adulti non serve, il messaggio per i ragazzi è chiarissimo: appena divento grande non ho più bisogno di andare in Chiesa. Ecco il messaggio che alcune famiglie stanno dando ai propri figli. Queste famiglie non educano alla fede e non costruiscono la Chiesa.

La famiglia per educare alla fede si deve nutrire essa stessa della fede: ha bisogno di nutrirsi della Parola di Dio e dei Sacramenti. La famiglia vive dentro alla realtà della Chiesa e dentro la realtà del mondo. La famiglia cristiana quindi deve proiettare quello che vive dall’interno verso l’esterno. Il Sacramento del Matrimonio è un dono di Dio, ma questo dono prepara la famiglia alla missione dentro il mondo. Porta questo dono a tutti. Deve essere il riflesso dell’amore di Dio dentro le relazioni umane e dentro le relazioni all’interno della Chiesa. Deve vivere nelle relazioni affrontando tutte quelle difficoltà che naturalmente vi si presentano, così come tra marito e moglie si discute e si affrontano le difficoltà che poi con la grazia di Dio si superano, accettandosi e avendo misericordia l’uno per l’altro. Si deve avere la capacità di comprendere i reciproci limiti. Anche nella Chiesa c’è bisogno di questo, di costruire relazioni, di volersi bene e di accogliere l’altro così com’è, come fate voi genitori: i figli li avete accettati così come sono. Non è solo la fecondità biologica, deve esserci la fecondità spirituale e umana che ci insegna ad accettare le diversità, a comprendersi e a perdonarsi. All’interno della famiglia si sperimenta questa ricchezza, la stessa ricchezza che siamo invitati a portare al mondo. Dobbiamo costruire buone relazioni, annunciare il Vangelo prima con l’esempio e poi con la parola. C’è bisogno di cristiani attrattivi che seguano l’esempio di Gesù e che testimoniano Gesù con la propria vita e non solo a parole. La fede non è proselitismo, la fede è mostrare agli altri che il nostro incontro con Cristo ci ha cambiato la vita, ci rende felici, che il sacramento del matrimonio ci rende liberi e felici. La famiglia come missione nel mondo, nel senso che se si educano i figli, si costruisce un mondo buono, si fa in un certo senso un servizio a tutta la società; quando non si educano i figli, si fanno crescere nel mondo persone disadattate che saranno infelici e che diventeranno un onere per la società. Le famiglie che non educano i propri figli costruiscono una società con uomini e donne con problemi sociali, economici e spirituali. La famiglia cristiana deve impegnarsi pertanto a pensare al futuro della società, proprio in virtù del bene della famiglia stessa. Educhiamo i figli ai valori che serviranno a loro e all’intera società per affrontare le difficoltà della vita, coscienti che quei valori sono importanti e che senza la grazia di Dio non possiamo fare nulla. Affrontiamo le prove con la forza dello Spirito Santo. Se gli altri comprendono la vita buona che viene dal Vangelo e dalla fede è un bene, altrimenti noi andiamo avanti lo stesso, non dobbiamo seguire chi va in un’altra direzione, noi abbiamo fatto l’incontro con Cristo e anche se dovessimo essere pochi non importa, la strada del Signore è sempre una strada buona. La società vuole indicarci una direzione diversa da quella di Cristo, ma noi non dobbiamo seguirla perché “tutti fanno così”. Il nostro incontro con il Signore ci ha fatto capire che siamo liberi e non schiavi delle varie mode. Certo, la società cambia e questo è normale, ma l’amore per Cristo deve rimanere immutato. Non occorre essere super uomini e super donne per testimoniare al mondo la vita buona del Vangelo, occorre avere pazienza e saper accoglier l’altro, non dobbiamo essere perfetti, nessuno lo è. L’importante è sapersi comprendere e accettare l’un l’altro, con le nostre qualità e i nostri difetti. Un altro errore è quello di pensare a ciò che ci manca e non vedere ciò che abbiamo e ringraziare il Signore per questo”.

Anche Marco e Anelide Mori dell’Ufficio Diocesano Pastorale Famigliare, sono intervenuti con delle riflessioni sul tema della famiglia in missione nella Chiesa e nel mondo. Dopo le riflessioni è iniziata l’Adorazione Eucaristica animata da don Alfredo Rosati.

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