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Comunione e Liberazione, grande partecipazione alla “Giornata di Inizio Anno”

GROTTAMMARE – Tante persone al Teatro delle Energie per la “Giornata di Inizio Anno” di Comunione e Liberazione, l’evento col quale il Movimento fondato da don Luigi Giussani avvia le proprie attività annuali. Centinaia le persone che hanno seguito la “lezione” di don Julian Carron che si è tenuta in videocollegamento da Milano. Il sacerdote spagnolo, che di don Giussani è il successore, ha svolto una riflessione a partire dalle parole della Sacra Scrittura “Chi è costui?”. L’incontro è stato preceduto dall’esecuzione di alcuni brani di Claudio Chieffo, autore di molti testi e musiche che scandiscono la vita del Movimento.

Carron ha esordito citando le parole dello psicanalista e filosofo Umberto Galimberti che in una recente intervista ha dichiarato di riconoscere nel nichilismo e nell’assenza di senso i più gravi problemi dell’uomo contemporaneo. Se nel 1979, quando Galimberti ha iniziato la sua attività, i problemi dei suoi pazienti erano principalmente legati a problemi affettivi, sentimentali e relazionali, oggi si nota in essi un senso profondo di smarrimento e disorientamento.

Se per Galimberti la risposta a questa sorta di problemi proviene dal senso del limite che l’uomo deve ritrovare, per noi cristiani – ha sottolineato Carron – sta nell’esperienza dell’incontro con Cristo, l’unica possibilità per aprirsi al Vero. L’esperienza è dunque una parola chiave nel cristianesimo. La realtà si rende evidente nell’esperienza e in tal modo favorisce lo sviluppo della coscienza e della persona. Per crescere veramente l’uomo ha bisogno di essere provocato da qualcosa che incontra. Ciò vale per la conoscenza in generale, ma vale anche per il cristianesimo: infatti il Mistero di Dio si è fatto incontrabile nella persona di Gesù di cui gli apostoli fecero esperienza. Oggi, come allora, l’incontro con la comunità cristiana è una vera e obiettiva esperienza.

Essere cristiani – ha continuato Carron – dunque non è frutto di un nostro sforzo, anzi, con l’Incarnazione Dio ha posto un freno a tutti i nostri tentativi, alla nostre immaginazione e raffigurazioni di lui. L’unico vero modo di essere cristiani è quello di essere calamitati dalla sua persona, come fece la peccatrice entrata in casa di Simone il Fariseo (episodio descritto in Lc 7,36-50): la fede in questa donna significava semplicemente essere calamitata dalla presenza di Cristo, che poi si è tradotta in gesti. A tal proposito, Carron ha citato don Giussani: «Non era per le discussioni che faceva, non era per le delucidazioni che dava, non era per il richiamo all’Antico Testamento che faceva; era perché costituiva una presenza carica di messaggio».

I discepoli dunque credettero per una presenza e per una proposta carica di significato perché si identifica con chi la propone. Se non è così anche per noi, allora il cristianesimo è qualcosa di passato e il passato non serve a generare la fede: non servì all’inizio e non serve neppure nel presente. Quello che fece la differenza e che lo fa tutt’ora fu il trovarsi davanti a una autorità che suscita la domanda: «Chi è Costui?».

La riflessione si è dunque spostata sul tema dell’autorità ed è stato riproposto un audio nel quale don Giussani affrontava proprio la questione dell’autorità. Per il Servo di Dio l’autorità è il contrario del potere e pertanto verso di essa è assente ogni riflesso del timore. L’autorità è il luogo dove convalidare che Cristo è vera risposta alle esigenze del cuore. Una autorità così concepita non può avere altro esito che la libertà che si esplicita nel rapporto filiale che i cristiani hanno col Padre.

Adriano Di Giacinti, responsabile diocesano di Comunione e Liberazione, dopo la Giornata di Inizio Anno ci ha detto: «Della lezione di Carron mi hanno colpito queste parole: ‘Nessuno genera se non è generato. Uno non può essere padre se non ha nessuno come padre. La generazione è qualcosa di presente. Non si può essere generatore se non si è generati. Allora il problema è vivere la tensione a intercettare quella Presenza che ci genera. Noi esistiamo per rendere palpabile questa vicinanza.’ Questo ha parlato direttamente al mio cuore che da tempo rifletteva sulla “impalpabilità” della presenza di Gesù nella realtà, spesso non riuscendo a distinguere tra una consolazione sentimentale e una “generazione” del mio io da parte di Chi ha vinto sulla storia. La giornata di inizio anno ha riacceso la domanda sulla realtà, facendo emergere il desiderio più recondito: Signore svelati!».