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FOTO Don Luca Rammella: «“Casa Gioiosa” di Montemonaco è nata come luogo di amore e di accoglienza. E tale dovrà rimanere»

Di Nerina Galiè

MONTEMONACO – «“Casa Gioiosa” di Montemonaco è nata come luogo di amore e di accoglienza. E tale dovrà rimanere», per don Luca Rammella, responsabile della struttura nata nel 1956 per iniziativa di don Settimio Vallorani, 210 posti letto e immersa in 8 ettari di parco, di proprietà della diocesi di San Benedetto del Tronto, Montalto e Ripatransone.
Lo ha detto stamattina, 20 settembre, durante l’inaugurazione del complesso oggetto di un imponente opera di ristrutturazione e che negli anni ha accolto intere generazioni, con campi scuola e raduni di scout ed altri movimenti religiosi.

L’intervento di 227.000 euro è stato reso possibile grazie al generoso contributo (180.000 euro del Masterplan terremoto) della Fondazione Carisap, il cui presidente Angelo Davide Galeati ha tagliato il nastro insieme al vescovo, monsignor Carlo Bresciani, al sindaco di Montemonaco Francesca Grilli, a don Luca e don Dino Straccia.

Don Rammella, già parroco di Force e destinato a sostituire don Straccia a Comunanza e Montemonaco, dove si insedierà la prossima settimana, da gennaio 2017 è stato nominato responsabile di “Casa Gioiosa”. «Al mio arrivo poco dopo il terremoto – ha raccontato il sacerdote – mi sono subito reso conto dell’importanza di questo posto per tutta l’area colpita. Qui per 4 masi hanno fatto base i soccorritori ed i terremotati vi hanno trovato un rifugio sicuro, per volere del vescovo. Ed è un dovere della chiesa intervenire in questi momenti. Infatti, contrariamente a quanto hanno cercato di insinuare sterili polemiche, la diocesi non ha percepito 1 euro, pur avendone diritto. Ma il senso di collaborazione e predisposizione verso gli altri che si respirava in quei giorni andava oltre il mero ruolo di ciascuno».

Continuando poi a ripercorrere le tappe essenziali della ristrutturazione, dall’ascensore all’ammodernamento delle stanze e della cucina passando per la sistemazione del giardino, don Luca ha manifestato la volontà e l’esigenza di restituire a Montemonaco, ed a tutta la comunità, un luogo di incontro e di crescita anche dal punto di vista turistico. «Il fattore che più mi preoccupa, riguardo alle aree interne – ha affermato il vescovo – è lo spopolamento che rende sempre più difficile svolgere un servizio adeguato. Dobbiamo tener vivo il territorio, con “Casa Gioiosa” e la altre strutture che per anni sono state il punto di riferimento di numerosi gruppi. E’ di questi giorni l’ordinanza per la ristrutturazione della chiesa di Foce di Montemonaco, propedeutica alla riapertura di due case adiacenti. Auspichiamo tempi brevi anche per la proprietà di San Giorgio all’Isola, mentre quella di Ferrà è tornata in funzione». Il plauso dell’alto prelato è andato a don Luca, «per essersi preso a cuore fin dall’inizio l’oneroso compito che gli è stato assegnato». Alla Fondazione Carisap, per l’impegno economico. E al sindaco Grilli, ribadendo l’importanza di una proficua collaborazione con l’ente locale per la riuscita di tali iniziative.
Ha contraccambiato la prima cittadina per l’attenzione che la diocesi ha riservato al paese, duramente colpito dal sisma. «Da sempre – ha riferito – “Casa Gioiosa” rappresenta una risposta incisiva di accoglienza, inclusione e solidarietà per Montemonaco, il Piceno e anche oltre. Fin da bambina, avendolo frequentato, ricordo questo luogo come una fucina di idee, cultura e progetti. La generosità di Sua Eccellenza inoltre ha permesso alla popolazione, durante il terremoto, di non disperdersi, avendo la possibilità di avere un riparo e una casa dove condividere paure e speranze». Il sindaco conclude manifestando la sua gratitudine al vescovo anche per aver concesso al Comune l’utilizzo della foresteria di “Casa Gioiosa” per ospitare la scuola materna, da tre anni in un container, seppure fondamentale nell’immediato, della protezione civile di Auronzo, accampata nel giardino del complesso inaugurato oggi.
Ogni anno “Casa Gioiosa” ospita dalle 1.400 alle 1.600 persone che rimangono da una a sette notti e che provengono da parrocchie, gruppi ecclesiali, corsi di cristianità e Unitalsi, con comitive che radunando fino a 150 ragazzi. Fa parte inoltre dei percorsi della Fies (Federazione italiana degli esercizi spirituali).
Don Rammella ha infine anticipato le idee per il futuro, che vedono il complesso al centro di progetti di educazione ambientale, grazie alla varietà di vegetazione presente nel parco, come frutti di bosco e alberi pregiati. Sperando poi nella «divina provvidenza, come è capitato adesso – ha sostenuto con una sguardo piuttosto eloquente rivolto al presidente Galeati – presto ci sarà bisogno di rifare il tetto e mettere mano all’impianto di riscaldamento».
Galeati, che ha ricordato l’impegno verso la struttura di Sergio Maria Remoli ex vice presidente della Fondazione, ha raccolto il messaggio: «Nello spirito di “Casa Gioiosa” sono racchiusi tutti i valori cari all’istituzione che rappresento, come l’aggregazione giovanile, l’inclusione e la rivitalizzazione dei luoghi più periferici. Continueremo a seguirne le sorti, supportandole laddove possibile».