“Un Paese ricco di bellezze e risorse naturali, ma segnato da tanta povertà”. Così il Papa ha definito il Madagascar, seconda tappa del suo viaggio apostolico in Africa, di cui durante l’udienza di ieri ha ripercorso idealmente le tappe. “Ho auspicato che, animato dal suo tradizionale spirito di solidarietà, il popolo malgascio possa superare le avversità e costruire un futuro di sviluppo coniugando il rispetto dell’ambiente e la giustizia sociale”, ha spiegato Francesco ai 12mila fedeli presenti oggi in piazza. “Come segno profetico in questa direzione – ha aggiunto – ho visitato la Città dell’amicizia-Akamasoa, fondata da un missionario, padre Pedro Opeka: là si cerca di unire lavoro, dignità, cura dei più poveri, istruzione per i bambini. Tutto animato dal Vangelo. Ad Akamasoa, presso la cava di granito, ho elevato a Dio la Preghiera per i lavoratori”. “Poi ho avuto un incontro con le monache contemplative”, ha sottolineato il Papa, secondo il quale “senza la fede e la preghiera non si costruisce una città degna dell’uomo”. “Con i vescovi del Paese abbiamo rinnovato l’impegno di essere ‘seminatori di pace e di speranza’, prendendoci cura del popolo di Dio, specialmente dei poveri, e dei nostri presbiteri”, ha proseguito Francesco: “Insieme abbiamo venerato la Beata Victoire Rasoamanarivo, prima malgascia elevata agli altari”. Con i giovani, infine, “molto numerosi – c’erano tanti giovani, tanti – ho vissuto una veglia ricca di testimonianze, di canti e di danze”. “Ad Antananarivo abbiamo celebrato l’Eucaristia domenicale nel grande Campo diocesano”, ha ricordato Francesco: “Come per le strade della Galilea, grandi folle si sono radunate intorno al Signore Gesù. E infine, nell’Istituto Saint-Michel, ho incontrato i sacerdoti, le consacrate e i consacrati e i seminaristi del Madagascar. Un incontro nel segno della lode a Dio”.

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