DIOCESI – Pubblichiamo il discorso integrale del nuovo parroco della parrocchia di San Filippo Neri, Don Gianni Croci, pronunciato durante l’insediamento avvenuto sabato 31 agosto.

Arrivando qui, questa sera, i miei occhi si sono fermati su due scritte riportate sulla bella porta della Misericordia, opera del carissimo maestro Paolo Annibali. La prima in alto, è un versetto del vangelo: “Io sono la porta se uno entra attraverso me sarà salvato”. Nel varcare la soglia di questa nostra Chiesa, dietro il portone spalancato, mi sono sentito accolto, abbracciato dalla vostra comunità. Mi è sembrato di ‘entrare’ tra le braccia di Cristo, attraverso il suo corpo che è la Chiesa, per vivere, come ciascuno di voi, da umile discepolo del Signore. Vengo essenzialmente per questo: per entrare con voi per la porta della vita che è Gesù! A Lui ho sussurrato di aiutarmi a fare mia l’altra frase, riportata in fondo al portale, e attribuita a S. Filippo Neri: “Amo e non posso non amarvi”. Si vengo tra voi per imparare ad amare Dio sempre di più e per amarvi! So benissimo, che si può amare solo quando ci si sente amati, forse per questo, oltre allo sguardo del grande crocifisso, situato sopra l’altare, e ai vostri sguardi,  si sono affollati nella mia mente e nel mio cuore, pensieri, parole, gesti e volti attraverso i quali si è incarnato e manifestato nel tempo l’immeritato e tenero amore di Dio.

E’ proprio così, ci sono ricordi lontani,  che ci abitano, e  in certi momenti riaffiorano nitidi e chiari. La memoria mi riporta ad un giorno del lontano 1969, avevo appena 10 anni, Mons. Vincenzo Radicioni aveva indetto il Congresso Eucaristico Diocesano e, in questa Chiesa, non del tutto ultimata, si tenne l’incontro dei chierichetti della diocesi. Partecipammo anche noi della parrocchia di S. Savino, accompagnati dall’indimenticabile don Piergiorgio. Mi colpì questa Chiesa, non ancora completata, strapiena di ragazzi, e …forse, quel momento contribuì a farmi percepire ancora di più tutta la bellezza del servire all’altare e dell’essere prete, vocazione avvertita chiaramente fin da piccolo.

La data citata rivela che arriva un parroco quasi vecchio! Purtroppo è così! In verità nel 1984 Mons. Giuseppe Chiaretti, trovandomi ‘appoggiato’ nella parrocchia di S. Benedetto Martire, vicino ad un parroco davvero santo, come Mons. Francesco Traini, e l’allora vice parroco don Romualdo, mi aveva comunicato che sarei dovuto venire a S. Filippo Neri, come vicario parrocchiale, ma le cose andarono diversamente, e mi inviò a Porto d’Ascoli nella Parrocchia di Cristo Re, dove sono rimasto per dieci anni con il vulcanico don Pio. Poi sono venuti gli anni vissuti nell’indimenticabile e viva comunità cristiana dell’Annunziata, insieme al parroco emerito don Angelo, presenza mite e discreta. Noi ci scherzavamo un po’ quando affermava che la nostra parrocchia era la migliore, ma in fondo era un modo per dire che occorre voler bene ai fratelli e alle sorelle che il Signore ci dona. E infine è arrivata la pausa dalla vita parrocchiale, con il servizio presso la Caritas diocesana, esperienza non facile ma davvero bella, supportato e ‘sopportato’ dalle Suore del Piccolo Fiore di Betania e da tanti volontari. Ho cercato di imparare alla scuola dei poveri, ma, lo ammetto, ho fatto pochi progressi. E’ una scuola esigente…peggio del liceo scientifico dove sono contento di continuare ad incontrare tanti ragazzi e insegnanti! Forse una piccola cosa l’ho imparata, quella di lamentarmi un po’ meno! Come ho compreso che poveri siamo tutti, nessuno escluso, solo le modalità sono diverse. Sono grato comunque al Signore perché attraverso la testimonianza di tanti e generosi volontari, mi ha fatto toccare con mano la sua provvidenza e mi ha mostrato che si può scommettere ancora sul ‘gratis’, che davvero c’è più gioia nel dare che nel ricevere.

Così sono passati tanti anni ed ora arrivo qui, tra voi, quasi vecchio! Potete immaginare i miei timori e qualche paura, ma vi confesso che in questo periodo ho conservato la serenità. Ho sempre presente la frase di S. Paolo, scelta dal mio parroco don Piero, per il ricordino dell’ordinazione: “Ti basta la mia grazia” (2 Cor. 12,9).  Sono convinto infatti che il nome di Dio è “Io sarò con te “ e che ci prende gusto a precederci, sempre!

Sento però il bisogno di chiedere al nostro carissimo Vescovo Carlo, al vescovo emerito Gervasio, ai miei fratelli preti, ai diaconi e a tutti voi, di accompagnarmi con la preghiera, perché se è vero che l’unico pastore è Gesù, è pur vero che lo si rende presente con più fatica, quando non si è nel pieno delle forze. Mi è poi di conforto il pensiero che sicuramente mi accompagna la preghiera e la vicinanza di tante persone, che vivono già nella pienezza della comunione dei santi, a cominciare da mio padre, dal Vescovo Vincenzo che mi ha ordinato prete, da don Gaetano e don Ubaldo, parroci di questa parrocchia,  e da tantissimi cristiani che, nel silenzio e con operosità, hanno fatto crescere questa comunità cristiana.

Ed allora eccomi qui! Vengo in mezzo a voi contento e col desiderio di mettermi all’ultimo posto, non per umiltà o modestia, non per spirito di sacrificio, ma perché, come ci ha ricordato la Scrittura, è il posto di Dio, che «comincia sempre dagli ultimi della fila» (don Orione) ed è il posto che il Signore ha preparato anche per noi.  E’ vero che il Vescovo mi ha fatto sedere alla sede, posta più in alto su alcuni gradini, ma è solo per vedere le necessità dei più deboli e dei più piccoli e così servire meglio chi ha bisogno di aiuto.

Tutti siamo chiamati ad occupare il posto che il Signore ci assegna, l’ultimo, perché è vicino a Lui e ci permette di fare spazio agli altri e vivere così il dono della comunione. Quella comunione che vorrei vivere prima di tutto con don Gabriele, sempre così giovanile, che per tanti anni, con gioia e generosità, ha servito questa comunità. Sento il bisogno di ringraziarlo perché è rimasto con noi e per la sua disponibilità a continuare quel cammino iniziato il 15 agosto del 1987. Ho bisogno del suo aiuto, dei suoi consigli, della sua fraterna amicizia: sono sicuro che metterete da parte ogni confronto e che non proverete mai a dividerci. Desidero vivere in comunione poi con don Gianni Anelli: vi confesso che vorrei tanto assomigliargli, non solo perché portiamo lo stesso nome, ma perché mi piacerebbe arrivare alla sua veneranda età e – questo però è più difficile – vivere come Lui, santamente, il ministero presbiterale. So già quanto sia preziosa la sua presenza al confessionale e nelle celebrazioni.

Attorno alla stessa mensa Eucaristica, con l’aiuto dell’unico Spirito, sono sicuro che sperimenteremo tutti la bellezza della comunione che non cancella la diversità, anzi la valorizza; non  afferma l’uniformità ma promuove l’unità; non mortifica i carismi di nessuno piuttosto ci permette di sperimentare quella che don Tonino Bello amava chiamare “la convivialità delle differenze”.

La coscienza dei miei limiti e della mia pochezza sarà  motivo per chiedere a ciascuno di continuare a trafficare i propri talenti, di mettere ancor di più i propri doni a servizio di tutti.

Vengo in mezzo a voi portando qualche ‘sogno’ che, insieme ai vostri, mi piacerebbe sintonizzare con quelli di Dio. Diversi anni fa, don Angelo Volponi mi scrisse su un foglietto gli auguri per il giorno del compleanno. Ne ho fatto un quadretto che ancora conservo. Con mano tremolante, dovuta all’età, tra l’altro aveva  ripotato una citazione del profeta Gioele: “…i vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni (Gioele 3,1). Ecco vorrei con voi ‘sognare’ la Chiesa come la vuole Gesù, così come ne parla papa Francesco:“…inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti…lieta, col volto di mamma, che comprende, accompagna, accarezza” (Convegno di Firenze, 10.11.2015);  così come ce ne parla il Vescovo Carlo: una Chiesa missionaria e sinodale, desiderosa di uscire per portare ai crocicchi delle strade la gioia del vangelo, vogliosa di camminare insieme al passo degli ultimi, capace di generosa corresponsabilità e gioiosa partecipazione, una Chiesa dove “non pochi fanno tutto, ma tutti fanno poco”. E sarebbe straordinario se, grazie ai nostri sogni di adulti e di anziani, i giovani maturassero nuove visioni, aperte al futuro e capaci di riaccendere la speranza.

Sogno una chiesa come una canoa, per riprendere un esempio riproposto dal papa, in cui i vecchi aiutano a tenere la direzione interpretando la posizione delle stelle e i giovani, in dialogo con loro, remano con forza. Una canoa che ospita nonni e nipoti, genitori e figli per costruire qualcosa di migliore.

Sogno una Chiesa famiglia di famiglie dove, anche quelle più segnate dalla fatica  e dal dolore, non si fanno risucchiare da un sistema che porta alla rassegnazione, all’individualismo, all’eccessivo narcisismo, ma si riappropriano della propria umanità, delle storie, dei volti, per tornare ad educare, senza aver paura, facendo rete con la parrocchia e la scuola, perché non si vive bene nella confusione, senza valori che diventano virtù e senza Dio.

Sogno una Chiesa giovane e per i giovani, con ragazzi che non si estraniano dai coetanei, da questa storia, ma sonno disponibili a fare esperienze alternative, per percepire una vita altra, per fare spazio a un supplemento di bellezza, per sentire come il cuore comincia a battere per qualcuno. E mi sembra che in questa comunità di occasioni ce ne siano abbastanza…penso alla possibilità di fare teatro, di praticare lo  sport, dell’oratorio, adattando ai tempi, l’esperienza  inventata proprio da S. Filippo Neri. Giovani che non si privano della possibilità di un’esperienza di fede autentica, vissuta radicalmente, mettendoci dentro tutta la passione di cui sono capaci,  col desiderio di incontrare davvero il Cristo vivo.

Sogno una Chiesa che  scrive insieme storie di condivisione e di accoglienza verso chi non ha da ricambiare, come stasera ci ha suggerito il vangelo. Così senza saperlo, incontreremo Dio e ritroveremo noi stessi, dando tempo e facendo spazio a chi non conosce il calore di un abbraccio o la dolcezza di un bacio, l’incoraggiamento di una parola amica o la concretezza di un aiuto fraterno, l’attenzione che si fa ascolto o l’ invito disinteressato attorno alla stessa mensa.

La presenza del Sindaco e di altre autorità, che ringraziamo per aver condiviso con noi questo momento, ci porta infine a sognare anche una presenza di Chiesa, non invadente ma discreta e profetica, in questo grande quartiere e nella nostre belle città di S. Benedetto e Grottammare.

Sappiamo infatti che non c’è bisogno solo di laici impegnati ecclesialmente, ma ancor di più di cristiani intenti a costruire la civiltà dell’amore, cittadini onesti e collaborativi, impegnati disinteressatamente per il bene comune e, se necessario pronti ad alzare la voce, quando si calpestano i diritti fondamentali degli ultimi e la dignità della persona. So già che tanti laici delle diverse realtà ecclesiali operano per dare sapore e colore a questo nostro territorio.

Ma è ormai tardi ed è tempo di concludere. A nome di tutti, perché questo che stiamo vivendo non è la festa per il parroco che arriva, ma  un momento di Chiesa, vorrei dire un grazie grande al nostro Vescovo Carlo e ai fratelli preti a cominciare da quelli che in questa comunità hanno visto sbocciare la loro vocazione, e ai fratelli diaconi La vostra presenza ci incoraggia e ci rincuora, ci fa sentire più Chiesa, ci invoglia a diventare costruttori infaticabili di ponti.

Grazie a quanti hanno preparato questa celebrazione, grazie a quanti sono venuti per pregare con noi da altre comunità… vedo tanti volti  familiari dell’Annunziata, della Caritas, della Consulta….Grazie al coro e ai ministri, grazie davvero a tutti.

Ma concedetemi un’ultima parola. Vorrei invitarvi a volgere i vostri occhi sul quadro dell’artista Sguerrini, appeso alla parete destra della nostra chiesa: fissiamo lo sguardo sulla giovanissima Maria che porge il Dio fattosi Bambino, sull’anziano prete prostrato in preghiera e sui tanti ragazzi e giovani in festa, accompagnati dagli adulti. Ecco la Chiesa che sogniamo! Sia sempre così questa nostra parrocchia!

“Giovane ragazza di Nazareth,
Madre del Dio che si fa Piccolo,
pronto ad occupare l’ultimo posto,
mostraci sempre Gesù, Redentore nostro.
Accogli, noi preti, ai tuoi piedi:
come S. Filippo Neri,
dona anche a noi di rimanere a lungo prostrati e adoranti
davanti a tuo Figlio.

Accogli questo popolo,
in modo particolare i bimbi e i giovani:
aiutaci ad accostarci a Colui che è la Vita della nostra vita.

Accoglici tutti
e intona i salmi della lode e della gratitudine:
con te canteremo,
così da far nascere la festa
e contagiare il mondo con la gioia del vangelo.

Amen

…e, come mi pare diceva S. Filippo Neri, “State buoni…se potete!”

 

 

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1 commento

  • Mariafranca
    03/09/2019 alle 06:20

    Non è “quasi vecchio” chi, come don Gianni, fa sogni così giovani. Auguri perché la mente e il cuore giovani di don Gianni possano realizzare, con l’aiuto di Dio, cose belle e nuove nella comunità che lo ha accolto come parroco.

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