Patrizia Caiffa

La povertà generalizzata, la corruzione e il malaffare, i furti e il commercio illecito di zebù nelle campagne, l’espropriazione delle risorse naturali a esclusivo vantaggio di pochi investitori stranieri. Sono questi i principali problemi sociali che affliggono il Madagascar, “l’isola rossa” nell’Oceano Indiano, un appellativo dovuto al colore dei terreni,  di laterite rossa. Papa Francesco la visiterà dal 6 all’8 settembre, limitandosi alla capitale, nell’ambito del viaggio apostolico che comprende anche Mozambico e Maurizio (4-10 settembre). A parlarne al Sir da Antananarivo è un veterano della missione, padre Elio Sciuchetti, 78 anni, gesuita originario di Villa Chiavenna, in provincia di Sondrio. La prima volta che ha toccato gli altipiani malgasci è stato nel 1966, e non era ancora prete. Ci è tornato sei anni dopo come missionario, per assumere la direzione del centro di formazione professionale di Bevalala. Da un decennio è l’unico gesuita con il ruolo di parroco. Conduce quattro parrocchie nella periferia della capitale Antanarivo, in un territorio dove vivono 150.000 persone. Ogni parrocchia è anche proprietaria di una scuola cattolica, per un totale di 4.500 alunni. Il Paese conta 8 milioni di cattolici (un terzo dei circa 25 milioni di abitanti) ma i cristiani rappresentano il 58% della popolazione, con una proficua collaborazione con le Chiese protestanti. Il resto sono musulmani o seguaci dei culti tradizionali. “E’ una Chiesa viva – racconta padre Sciuchetti -. Nelle mie parrocchie la domenica ci sono 10 messe al giorno, alcune con oltre 1.500 persone che si affollano anche fuori dalla chiesa. Le vocazioni non mancano”. Alla messa di domenica 8 settembre che Papa Francesco celebrerà nel campo diocesano di Spamandrakizay sono attese oltre 800.000 persone.

Il Madagascar potrebbe essere un Paese ricco. In tanti anni padre Sciuchetti ha visto tanti colpi di stato e una maggiore diffusione della presenza musulmana. Masse di contadini si sono spostati verso le città in cerca di fortuna mentre i ricchi investitori dall’estero, soprattutto dai Paesi del Golfo e dalla Cina, hanno cominciato a fare affari d’oro. Le spiagge sono bellissime, il turismo e le strutture ricettive si stanno sviluppando. Quello che non è cambiato, anzi è peggiorato a causa dei processi di urbanizzazione che creano emarginazione sociale, è la povertà della popolazione e la corruzione a tutti i livelli. “I poveri sono corrotti perché non ce la fanno a vivere – dice -. Chi arriva in alto sfrutta il potere politico ed economico a suo vantaggio”. Ora qualche speranza potrebbe venire dall’ultimo processo elettorale, con un presidente democraticamente eletto: Andry Nirina Rajoelina si è ufficialmente insediato il 19 gennaio 2019.

“Il Madagascar potrebbe essere un Paese ricco perché ci sono molte risorse naturali come oro e pietre preziose, c’è tanta terra per l’agricoltura. Ma sono risorse mal utilizzate o inviate clandestinamente all’estero”.

“Non portano benefici alla popolazione”, spiega il missionario. A volte queste materie prime sono anche causa di forti tensioni sociali, come accaduto di recente in una zona dove lo Stato ha ceduto terre ad una impresa cinese terre per la ricerca dell’oro. Le proteste della popolazione hanno bloccato le attività estrattive ma la concessione mineraria rimane. “La presenza della Cina non porta lavoro e sviluppo – precisa il missionario -. Assumono operai cinesi anziché personale locale”.

L’80% della popolazione è povera. L’80% della popolazione vive con meno di 2 dollari al giorno, con piccole attività di commercio informale, agricoltura e pastorizia. Solo gli stipendiati, con salari molto bassi, dispongono di cure sanitarie gratuite. Tutti sono lavoratori poveri, faticano a mantenere la famiglia. Gli altri pagano perfino la scuola e la sanità. “Questo provoca l’aumento della delinquenza, non solo in città, anche nella brousse”, nella boscaglia. Il Madagascar è inoltre afflitto da anni da un fenomeno locale: i furti di zebù (animali simili ai buoi) compiuti da gruppi organizzati dell’etnia dahalo.

Non esitano ad uccidere persone pur di raggiungere i loro scopi: esportare la carne all’estero clandestinamente.

Le preoccupazioni della Chiesa locale. In uno dei Paesi più poveri del mondo la Chiesa investe molte energie nell’istruzione, nell’assistenza sanitaria e nelle opere sociali. “Le preoccupazioni pastorali dei vescovi del Madagascar – racconta il gesuita – riguardano lo sviluppo e la creazione di un clima di giustizia”. La visita di Papa Francesco è molto attesa dalla popolazione. I media già ne parlano e la presentano come un evento importante. Nella sua tappa ad Antananarivo, oltre ad incontrare le autorità, i vescovi, il clero e le religiose, i giovani e i lavoratori, il Papa visiterà la Città dell’amicizia di Akamasoa, fondata nel 1989 dal prete argentino padre Pedro Opeka. Da allora padre Pedro ha realizzato case d’accoglienza per i più poveri, scuole, dispensari, laboratori di formazione e di produzione per aiutare quasi ventimila persone, tra cui novemila bambini. Perciò padre Sciuchetti spera di ascoltare dal Papa “un appello a favore della giustizia sociale, contro la corruzione e la povertà. La popolazione malgascia ha diritto ad una vita migliore”.

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