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Sorelle Clarisse: “La Parola di Dio ci chiede di farci prossimi”

DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del monastero Santa Speranza in San Benedetto del Tronto.

E’ folle, Signore! E’ troppo arduo per noi seguire la tua Parola, obbedire alla tua voce, osservare i tuoi comandi, convertirci a te con tutto il cuore e con tutta l’anima.
Quante volte ci siamo lasciati andare a questo sfogo? Quante volte ci scoraggiamo di fronte ad una Parola di Dio che ci interroga e ci sollecita nel nostro essere e nel nostro agire?

Ci risponde il Libro del Deuteronomio, da cui è tratta la prima lettura: «Questo comando che oggi ti ordino non è troppo alto per te, né troppo lontano da te. Non è nel cielo, perché tu dica: “Chi salirà per noi in cielo, per prendercelo e farcelo udire, affinché possiamo eseguirlo?”. Non è di là dal mare, perché tu dica: “Chi attraverserà per noi il mare, per prendercelo e farcelo udire, affinché possiamo eseguirlo?”. Anzi, questa parola è molto vicina a te…».
Sì, la Parola di Dio è molto vicina a noi: ma questa non è una teoria che impariamo a memoria sui libri, non è qualcosa verificabile attraverso equazioni o analisi matematiche né tantomeno una definizione da puro catechismo!
Questa è l’esperienza di ogni giorno, di un quotidiano che, senza sosta, ci chiede di farci prossimi del fratello che la vita ci pone accanto, qual fratello che è vera Parola di Dio per noi!

Il Vangelo di questa domenica ce lo testimonia.
Tre i protagonisti: un sacerdote, un levita e un samaritano. Tutti e tre incontrano sulla loro strada un uomo percosso e derubato dai briganti. Quest’uomo è la Parola di Dio che, in quel preciso istante e in quel preciso luogo, si fa presente concretamente.
Se per noi la fede è dottrina, regola, semplice rituale fine a se stesso, devozione o esperienza mistica, il risultato è quello di passare oltre, di “vedere” ma non riconoscere nella storia un Signore che si fa carne nella carne dell’uomo. Così come accade al levita e al sacerdote: camminano lungo le stesse strade dell’umanità passando oltre, non riconoscendo, cioè, in quell’umanità, il Dio che si manifesta.
Se per noi la fede è essenzialmente relazione e relazione d’amore, allora, come il samaritano, sappiamo riconoscere una Parola che ci chiama a patire con, a farci vicino, a curare, a farci carico, ad accompagnare, a spenderci per ogni fratello e sorella che incontriamo, in una parola a farci prossimo.
Noi tutti siamo stati e siamo continuamente soccorsi da Cristo, Buon Samaritano, che non manca mai di versare sulle nostre ferite il vino della consolazione e l’olio della speranza.

Da discepoli, convalescenti della vita e assidui sperimentatori della tenerezza di Dio, siamo chiamati a non passare oltre quella Parola di Dio che ci chiede di farci prossimo, Parola che assume i tratti di ogni uomo, di ogni vita, di ogni storia, che incrocia e incontra la nostra umanità, la nostra vita, la nostra storia.