Giovanna Pasqualin

Si diffondono sempre più tra adulti, adolescenti e bambini: sono le nuove malattie digitali, vere e proprie dipendenze da Internet e social. E’ di questi giorni la notizia del primo “pronto soccorso” dedicato in Italia: un servizio di Digital Life Coaching attivato a Milano. Di dipendenze comportamentali si occupa anche la Comunità terapeutica Sisifo a Tuscania (Viterbo). Tra queste la dipendenza da Internet. Ne parliamo con il coordinatore, lo psicologo e psicoterapeuta Emiliano Lambiase.

Quali sono le principali dipendenze da Internet?        
Tra le più diffuse c’è la dipendenza da giochi on line (Internet Gaming Disorders), l’unica ad essere effettivamente riconosciuta come dipendenza virtuale. Altre, come ad esempio il gioco d’azzardo online, o il cybersex, sono manifestazioni di disturbi più ampi come il gioco d’azzardo patologico – riconosciuto sia nel Dsm  5 (Manuale diagnostico statistico dei disturbi mentali dell’American Psychiatric Association), che nel Icd 11 (International Classification of Diseases dell’Oms) o la compulsività sessuale. A questo si aggiunge la pervasiva diffusione di dipendenza da social network come Facebook, Instagram e il cinese Tik Tok, e da strumenti di comunicazione virtuale come Whatsapp e Telegram, che hanno sempre nuove e accattivanti funzionalità miranti a mantenere l’utente connesso.

Si può tracciare un identikit delle “vittime”? 
Grazie alla tecnologia digitale e a Internet, che offrono moltissimi prodotti, pensati sia per uomini sia per donne, ma anche grazie alla società nella quale i confini sono sempre più sfumati tra maschile e femminile e tra le varie età, è impossibile fare un identikit delle vittime perché si tratta di persone di qualunque età, genere e condizione economica e sociale. Ad esserne più facilmente colpite sono quelle con difficoltà emotive e relazionali, che utilizzano lo strumento tecnologico per compensare o risolvere i propri disagi.

In che misura ne sono vittime adulti e bambini?
Non credo vi siano dati a livello nazionale. Non esiste un ente che li raccolga e diffonda; ogni tanto se ne trovano in qualche articolo scientifico. Altro limite è che ogni statistica è prodotta in base ai criteri stabiliti dall’autore, e quindi i dati ottenuti non sono confrontabili. Solo da poco tempo abbiamo criteri univoci per il gioco online, ma non mi risulta ci siano ancora statistiche.

Voi che pazienti trattate?
Abbiamo moltissimi adolescenti (dai 14/15 anni fino ai 24), un po’ meno adulti. Bambini in terapia non ne abbiamo perché lavoriamo direttamente con i genitori, dando loro indicazioni psico-pedagogiche per modificarne il modo di educare e di relazionarsi con i figli. In generale abbiamo poche famiglie con bambini “dipendenti” da internet. Non perché siano pochi, ma probabilmente perché non li portano, non avendo ancora sviluppato conseguenze negative evidenti. Vengono più che altro genitori preoccupati, sensibili al problema, ai quali offriamo indicazioni.

Perché sta aumentando l’abuso dei device digitali?
Perché la tecnologia è sempre più presente e sempre più progettata per essere usata sempre più.

Viviamo in una società sempre più impostata sul “linguaggio” della tecnologia incentrato sulle emozioni e non sui valori, veloce, frammentato, multitasking.

La realtà in carne ed ossa è sempre meno in grado di rispondere a questa nuova forma di vita e di linguaggio e, per questo motivo, le persone usano sempre più la tecnologia per mediare e realizzare il loro rapporto con se stessi, gli altri, la realtà.

Quali problemi di salute psicofisica inducono?
I problemi di salute fisica sono collegati a un eccesso di sedentarietà (dolori alla schiena o incremento del peso), oppure a postura scorretta: dolore alla cervicale per guardare il monitor del telefono, ai polsi per l’uso di mouse o smartphone. I problemi psicologici riguardano competenze come le abilità metacognitive, ossia la capacità di riconoscere i contenuti della propria mente e di quella altrui – emozioni, pensieri, fantasie, desideri, sensazioni fisiche -; capacità di distinguerli e collegarli tra loro e con la realtà esterna; capacità di gestirli, regolarli e quando possibile modificarli con l’azione o il ragionamento. Ma riguardano anche le capacità di attenzione e concentrazione. Si possono ridurre anche le capacità di compassione, gentilezza, pazienza. In caso di patologie, si incrementano i disturbi preesistenti. Maggiore è l’uso della tecnologia, più è difficile superare le proprie difficoltà emotive.

Come è possibile prevenirle? Nei bambini è l’unica dipendenza indotta dagli adulti con l’abitudine di immortalarli con gli smartphone o di piazzarli davanti ai videogame…
Nei bambini è difficile parlare di dipendenza: per loro natura sono profondamente emotivi, tendono ad attaccarsi a qualunque cosa attivi le loro emozioni e non hanno alcuna abilità di regolazione emotiva o di discernimento consapevole. Se gli adulti li abbandonano con un device attraente, ne verranno sicuramente risucchiati. Detto questo,

la prevenzione è fatta di sane attività e relazioni autentiche nella vita reale.

Maggiori sono, più si è protetti. Inoltre, più tardi i bambini usano la tecnologia meglio è. Come nella primissima infanzia è importante la relazione e il gioco con i genitori, crescendo diventano importanti le relazioni con gli altri  l’impegno in attività gratificanti che mettano in gioco le nostre competenze.

Altra cosa fondamentale le attività “contemplative” che richiedano pazienza, mente calma e ferma, concentrazione.

Tra queste la preghiera contemplativa, ma più semplicemente anche la lettura, l’andare a una mostra, il fare una passeggiata in silenzio nella natura.Essere impegnati nella realizzazione di valori e nella creazione di legami affettivi sono due elementi fondamentali, in quanto unicamente umani.

E’ possibile curarle?
Sì. Anzitutto, come ho detto, riprendendo relazioni e attività. Poi occorrono confini chiari all’uso dei device anche impostando degli aiuti (ad esempio filtri). Va chiesto l’aiuto di altre persone. E quando non basta c’è bisogno di una terapia strutturata. Gli adulti vengono seguiti in terapia individuale e, se necessario, anche con l’aiuto farmacologico. In alcuni casi, per sbloccare o accelerare il percorso terapeutico effettuiamo il ricovero presso la nostra comunità a Tuscania. Ogni terapia è un percorso a sé ma gli elementi di base sono tre: attività finalizzate al controllo dei comportamenti problematici; attività di vita sana; lavoro sulle emozioni e sui bisogni interiori che hanno favorito l’insorgere della dipendenza.

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