Il dottor Nicola Baiocchi

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Dopo l’anticipazione che abbiamo pubblicato pochi giorni fa, ecco il resto dell’interessante intervista rilasciataci dal dottor Nicola Baiocchi: presidente  del comitato “Salviamo il Madonna del Soccorso”.

Per iniziare, può spiegarci la genesi del gruppo che coordina?
“Il comitato è nato tre mesi fa, perché un paio di persone che conoscevo dai tempi del mio lavoro in ospedale sono venute a cercarmi, mi hanno spiegato che volevano fare qualcosa per evitare la prossima chiusura dell’ospedale. Li ho ascoltati, ho posto un paio di condizioni operative e siamo partiti. All’inizio abbiamo dovuto raccogliere la documentazione, per capire la situazione sia giuridica sia operativa, della Regione e dell’Area vasta. Poi ci siamo resi conto dei problemi e delle maggiori difficoltà e così abbiamo iniziato un’opera di presentazione dei dati che, mano a mano, riuscivamo a reperire. La situazione è in continuo divenire, perché continuano ad esserci nuove informazioni. La Regione fa dei passi molto piccoli. In realtà, fino ad oggi di ufficiale da parte della Regione non c’è nulla”.

Recentemente, il Consiglio comunale ha approvato una mozione nata anche su vostro impulso. Una mozione che punta i fari sulla necessità di un rilancio del Madonna del Soccorso. Per voi è una vittoria?
“E’ un passo importante. Possiamo dire di non essere più soli. Il Comune di San Benedetto ha accolto le nostre proposte che, in sostanza sono di due tipi. Una si potrebbe definire una proposta operativa-sanitaria e l’altra che, è altrettanto se non più importante, la proposta economica. Quella sanitaria si basa sulla necessità, come prevede anche il Decreto 70 – cosiddetto Decreto Balduzzi ndr – di tener conto dei bacini d’utenza, delle patologie e delle percentuali di patologie. Noi come bacino d’utenza siamo sufficientemente ampi per poter avere un ospedale, anche di primo livello. Considerando poi tutti i Comuni della costa e l’incremento di persone durante i mesi estivi, abbiamo un numero di casi clinici che giustificano la presenza di reparti. Dunque i criteri per un ospedale qui ci sono tutti. Sul fronte economico: la storia del project financing per gli ospedali italiani è vecchia più di 10 anni e su quest’aspetto la Corte dei conti si è espressa più volte e tutte le volte ha affermato che il project non va bene per gli ospedali. Ci sono stati dei casi dove, nonostante fosse stata dichiarata una spesa iniziale “X” per un certo ospedale poi si è visto che, con tutti i canoni da pagare e tutte le concessioni ai privati, i costi si moltiplicavano in maniera stratosferica. In provincia di Pesaro, alcuni giornalisti hanno fatto degli studi sui costi per il nuovo ospedale Muraglie che dovrebbe costare inizialmente, tra pubblico e privato, circa 250 milioni ma che alla fine si trasforma in una spesa, per la Regione Marche, in 25 anni, di più di 900 milioni. Questo è previsto dai contratti e facendo il confronto e una proporzione con tra l’ospedale di Macerata e quello di Pagliare, sempre in project financing, si rischia di arrivare, sui 25 anni, ad una spesa di 2 miliardi e 400 milioni. Si consideri che l’ospedale di Fermo lo stanno costruendo con 360 posti letto, con 70 milioni senza project. Dunque la Regione Marche da una parte fa vedere che un ospedale si può costruire senza project, dunque senza futuro debito”.

Spieghi meglio la questione del project
“Senza il project: l’ospedale costa 70 milioni? Si pagano quei soldi ed è finita lì. Col project costa 250 milioni? Ok, ma poi nel contratto è previsto che l’ospedale diventerà di proprietà della Regione dopo “X” anni, e per “X” anni si dovrà pagare un canone d’affitto, più manutenzione e altro a dei privati. Passato il tempo, la Regione diventa così proprietaria di una struttura ormai invecchiata. Mentre, tornano a noi, l’ospedale di Fermo è tutto di proprietà della Regione. Se si può fare a Fermo, perché non si può fare altrove? Si consideri anche che tutti questi soldi dati ai privati vengono detratti dalle spese correnti. Dunque dalla possibilità di assumere nuovo personale e di acquistare strumentazioni moderne. Allora, se la Regione soltanto per l’ospedale di Pesaro potrebbe/dovrebbe pagare più di 30 milioni annui di canoni, e se uno pensa che un infermiere professionale costa circa 51mila euro lordi l’anno, con 30 milioni, quanti infermieri si possono pagare, per fare, ad esempio, l’assistenza domiciliare agli anziani, di cui non si parla mai in maniera concreta nei progetti della Regione. Però questi soldi ai privati ci devono stare. Questo per noi è un aspetto essenziale, perché è legato poi alla possibilità di spendere per il territorio. Perché la salute non è solo ospedale, ma anche territorio. Se si devono pagare 2 miliardi e mezzo per i privati, cosa rimane per il territorio? Oltre al fatto che tutti questi grossi ospedali, come si è visto nelle Regioni che lo hanno applicato precedentemente, una volta che la Corte dei conti viene chiamata a valutare se tutto è stato fatto correttamente, ha sempre trovato delle irregolarità”.

Attualmente, com’è la situazione al Madonna del Soccorso?
“Per quelle che sono le informazioni di cui disponiamo, ci hanno detto che, ad esempio, le cosiddette prenotazioni-liste d’attesa, al momento sarebbero bloccate. Abbiamo fatto una richiesta alla direzione d’Area vasta perché ci dicesse se è veramente così. Insomma: sembra che non prendano più prenotazioni qui, ma dicono ai pazienti di andare a Pesaro o Macerata. Per chi mi chiedo: ma perché qui non è possibile fare la prestazione, e a Pesaro o Macerata sì? Ciò vuol dire che o lì c’è troppo personale, o ce n’è troppo poco qui”.

E nello specifico, per quanto riguarda il Pronto soccorso, cosa può dirci?
“Io ci ho lavorato e dunque posso parlare anche per esperienza personale. Ho iniziato nel ’78 e me ne sono andato nel 2002. Mano a mano che passavano gli anni il numero di accessi al Ps cresceva sempre. Non quelli più pesanti: gli incidenti stradali o gli infortuni sul lavoro sono sempre quelli. Ma cresceva l’ambulatorio, i cosiddetti codici verdi. Ora è vero che nella maggior parte dei casi i codici verdi possono aspettare. Ma in alcuni casi ci sono pseudo-codici verdi e io come medico sono costretto a farli aspettare, se arrivano situazioni più critiche. Poi però, magari, all’improvviso un codice verde peggiora, diventa giallo o rosso. Si cerca di correre, qualche volte la situazione viene ripresa in tempo, ma qualche volta è anche successo che non ce se la facesse. Immagino che oggi le cose siano ulteriormente peggiorate”.

Lei sostiene che il pronto soccorso sambenedettese sarà “irrobustito” da medici di prima nomina. Una soluzione che non la convince…
“Mettere al pronto soccorso un medico neolaureato mi ricorda i miei primi 2 anni di Ps in cui io andavo a lavorare in ansia totale, fin quando non ho fatto la necessaria esperienza. Oggi sono aumentate le prestazioni, è aumentata la complessità delle prestazioni. Dunque capisco benissimo che un giovane, messo al pronto soccorso da solo, difficilmente riesce ad affrontare una situazione molto complessa. C’è stato un periodo, fine Anni Ottanta, inizio Anni Novanta, nel qualche molto giovani medici, oggi medici mutualisti, vennero al pronto soccorso per far pratica e me ne occupavo io. Insegnavo loro tante cose ed era anche il periodo in cui andava molto di moda “E.R. – Medici in prima linea”. Questi giovani medici arrivavano con tanto entusiasmo ma il 90% nel giro di 2 settimane se ne andava, perché non reggeva la tensione nervosa. Figuriamoci oggi. Secondo alcuni dati recentemente pubblicati dalla Regione, nel 2018 il pronto soccorso sambenedettese ha fatto un po’ più di 39mila accessi. Secondo i parametri della Società italiana di medicina d’urgenza ogni medico di Ps non dovrebbe fare in un anno più di tremila visite. Mi dicono che attualmente tra pronto soccorso, medicina d’urgenza e Osservazione Breve Intensiva ci sono 13 medici più il primario. Ma se un medico sta facendo la medicina d’urgenza, non può stare al pronto soccorso, quindi che succede? Chi sta al Ps fa molto di più delle 3mila visite annue, quindi si stressano ancora di più e quindi sono più a rischio d’errore. La Corte di Cassazione ha già giudicato in passato colpevoli dei medici che avevano lavorato per un numero eccessivo di ore e avevano commesso un errore. Sono stati incolpati perché dopo aver lavorato troppe ore, l’errore è più facile”.

Dunque chi lavora ha questa sorta di Spada di Damocle sulla testa….
“Sì, è vero. Ti dicono di lavorare di più, ma se poi succede qualcosa la colpa è del singolo medico”.

Si parla da anni di ospedale unico e di localizzarlo lungo la Vallata del Tronto. Proposta che trova l’obiezione della gran parte della popolazione. Non sarebbe forse il caso di prevedere un nuovo ospedale, di primo livello, tra Monteprandone, San Benedetto del Tronto e Grottammare (con la chiusura di quello attuale) e di mantenere l’ospedale ad Ascoli Piceno?
“La Regione continua a ripetere che vuol fare l’ospedale unico e che a San Benedetto e Ascoli ci saranno due presidi. Io come medico, più che come presidente del comitato, dico che Ascoli non verrà mai chiuso. Dunque se faranno l’ospedale a Pagliare, verrà chiuso quello di S. Benedetto ed Ascoli rimarrà aperto e noi non avremo più niente. L’ospedale unico, tra l’altro, nonostante la Regione ed alcuni politici continuino a dire che poi ad Ascoli e S. Benedetto ci sarebbero dei presidi che fanno codici bianchi e verdi…Questa è un’illegalità, perché il Decreto 70 prevede esplicitamente che i Pronto soccorso possono stare solo in un ospedale, che fa ricoveri. I presidi che ha in mente la Regione non fanno ricoveri. I cosiddetti Punto di primo intervento sono strutture temporanee che si mettono in piedi durante il trasferimento da una sede di ospedale, al nuovo ospedale, fin quando non diventa presidio. Dunque un tempo limitato: 6 mesi, un anno, poi vanno chiusi. Se la Regione vuole andar fuori legge può fare come gli pare, visto che nel resto della regione ci sono tante situazioni che il Decreto 70 non prevede. Però questo non è possibile, il che vuol dire, se fanno una cosa del genere, che a Pagliare si crea un ospedale che messi insieme gli accessi di Ascoli e S. Benedetto, farebbe 71mila accessi l’anno. Torrette, il più grande pronto soccorso regionale, ne fa 58mila. Allora: nel nuovo ospedale, prevedrebbero un pronto soccorso adeguato a 71mila accessi? E un pronto soccorso che fa 71mila accessi, quante prestazioni contemporaneamente dovrebbe fare? Cinque o sei medici insieme? Ciò vorrebbe dire anche cinque o sei richieste di tac contemporaneamente. E’ tutta una questione di numero. E’ chiaro che sarebbe più semplice ed economicamente meno costoso fare un ospedale nuovo tra Monteprandone  e S. Benedetto. Non servirebbe fare una struttura da 500 posti letto perché, lo ripeto, Ascoli non verrà mai chiusa, dunque come minimo ad Ascoli 200 posti letto dovranno esser dati e siccome quest’area più di 500 non ne ha, rimane lo spazio per una struttura da 300 posti letto. La Regione ha detto che ha 80 milioni disponibili. L’ospedale di Fermo si fa con 70 milioni, l’ospedale nuovo si fa con 70 milioni e con 10 si mette apposto Ascoli”.

Però recentemente il Madonna del Soccorso è stato al centro di un importante lavoro. Da fuori si vedevano impalcature e gru. Non dava l’idea di una struttura in smobilitazione…
“Quelli sono lavori finanzianti con fondi europei, non con soldi della Regione. Se non fossero stati fatti i lavori, quei fondi si sarebbero comunque persi”.

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