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Dedicata alle “quattro tracce di un buon cristiano” l’udienza di ieri di Papa Francesco

M.Michela Nicolais

Le quattro tracce di un buon cristiano”. Così il Papa, nella catechesi dell’udienza di oggi – l’ultima prima della pausa estiva, pronunciata in pizza San Pietro davanti a 13mila persone – ha definito il ritratto della comunità cristiana tracciato negli Atti degli apostoli. Dopo la Pentecoste, ha ricordato Francesco, “circa tremila persone entrano a far parte di quella fraternità che è l’habitat dei credenti ed è il fermento ecclesiale dell’opera di evangelizzazione”. In questo modo, “lo straordinario si fa ordinario e la quotidianità diventa lo spazio della manifestazione di Cristo vivo”.

La chiesa di Gerusalemme è “il paradigma di ogni comunità cristiana, l’icona di una fraternità che affascina e che non va mitizzata ma nemmeno minimizzata”, la raccomandazione del Papa, secondo il quale “il racconto degli Atti ci permette di guardare tra le mura della domus dove i primi cristiani si raccolgono come famiglia di Dio, spazio della koinonia, cioè della comunione d’amore tra fratelli e sorelle in Cristo”. “Si può vedere che essi vivono in un modo ben preciso”, il commento di Francesco: “sono perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere”. Poi quelle che a braccio definisce “le quattro tracce del buon cristiano”, ripetendole e numerandole:

I cristiani ascoltano assiduamente la didaché o insegnamento apostolico; praticano un’alta qualità di rapporti interpersonali anche attraverso la comunione dei beni spirituali e materiali; fanno memoria del Signore attraverso la frazione del pane, cioè l’Eucaristia e dialogano con Dio nella preghiera, quarto”. “Sono questi gli atteggiamenti del cristiano”, il commento a braccio: “sono le quattro tracce di un buon cristiano”.

“Diversamente dalla società umana, dove si tende a fare i propri interessi a prescindere o persino a scapito degli altri, la comunità dei credenti bandisce l’individualismo per favorire la condivisione e la solidarietà”.

“Non c’è posto per l’egoismo nell’anima di un cristiano”, le parole a braccio: “se il tuo cuore è egoista tu non sei cristiano, sei un mondano, che soltanto cerchi il tuo favore, il tuo profitto”.

Nella prima comunità cristiana, ricorda Francesco, “i credenti stanno insieme”: “La prossimità e l’unità sono lo stile dei credenti: vicini, preoccupati l’uno per l’altro, non per sparlare dell’altro, no, per aiutare, per avvicinarsi”.

Condividere, immedesimarsi con gli altri e a dare secondo il bisogno di ciascuno”, gli imperativi dei discepoli di Cristo, “cioè la generosità, l’elemosina, il preoccuparsi dell’altro, visitare gli ammalati, visitare coloro che sono nel bisogno, che hanno necessità di consolazione”.
“La Chiesa è la comunità capace di condividere con gli altri non solo la Parola di Dio, ma anche il pane”, la sintesi del Papa: “Per questo essa diventa matrice di un’umanità nuova capace di trasfigurare il mondo, di immettere nella società il fermento della giustizia, della solidarietà e della compassione”. “Proprio perché sceglie la via della comunione e dell’attenzione ai bisognosi, questa fraternità che è la Chiesa può vivere una vita autentica”. Il racconto degli Atti, per Francesco, “ci ricorda che il Signore garantisce la crescita della comunità: il perseverare dei credenti nell’alleanza genuina con Dio e con i fratelli diventa forza attrattiva che affascina e conquista molti, principio grazie al quale vive la comunità credente di ogni tempo”.