Diana Papa

Siamo quasi tutti connessi, cerchiamo ogni occasione per stare in contatto con parecchi individui, continuiamo a cliccare su “mi piace” o “non mi piace”, teniamo fisso lo sguardo sullo smartphone per verificare chi ci chiama, rispondiamo solo se l’altro ci fa stare meglio, azioniamo le dita delle mani per cercare sul web qualsiasi cosa. Ed ancora: ci agitiamo per trovare le posizioni più strane per scattare un selfie, impegniamo tutte le ore per vivere secondo il rituale delle connessioni, mentre il tempo, le persone, la natura, la stessa vita passano davanti e non ci accorgiamo.

Abbiamo spesso paura del silenzio, ma nello stesso tempo ci rendiamo conto che proprio questa esperienza ci permette di rimanere connessi con la profondità della nostra esistenza e in ascolto della profondità dell’altro.

Quando è interrotto da tanti rumori, da una miriade di immagini, da messaggi che non consentono di collocarci consapevolmente dove siamo, non riusciamo ad essere in contatto con ciò che è reale. Percepiamo il mondo da un’altra prospettiva, vediamo i luoghi comuni in spazi senza confini dove manca l’incontro, aree di anonimato dove l’individuo sembra aver perso il volto. Vaghiamo lungo le strade del mondo sfiorando le varie superfici, senza sentire il contatto con la terra che permette di vedere, di sentire, di toccare, di rimanere connessi con ciò che è vicino e che è realmente umano.

Moltiplichiamo le parole, usiamo un linguaggio talvolta offensivo o difensivo, senza trovare alternative mirate alla custodia di sé, dell’altro e del bene sociale, una comunicazione che viaggia sul tavolo da ping pong: mentre l’uno evidenzia il limite dell’altro e dimostra con enfasi la sua grandiosità, l’altro, per difendere se stesso, usa lo stesso schema. Nessuno sceglie di vivere nel qui e ora, per fermare la pallina del gioco e rimanere un attimo in silenzio per riflettere, ascoltarsi, guardarsi negli occhi, cogliere ciò che c’è di buono in sé e nell’altro, per poter aprire insieme nuovi percorsi, come indica Papa Francesco.

Anche noi cristiani, a volte, facciamo parte del clan “Bambini ribelli, riunitevi!”, soprattutto quando perdiamo la capacità di pensare, di discernere, di leggere la storia dalla parte di Dio. Ci lasciamo guidare dal pensiero dominante e tacitiamo la Parola che, nell’attimo presente, continua a parlare alla vita di ciascuno. Anche se frequentiamo corsi di mindfulness, per coltivare una più piena presenza all’esperienza del momento, nel qui e ora, nel tempo ci accorgiamo che bisogna fare un passo successivo, per tenere desta la ricerca sul significato profondo di noi stessi, dell’altro, dell’incontro e della relazione, del creato, della bellezza e dell’armonia, per scoprire la presenza di Dio che abita l’universo.

Che cosa possiamo dire ancora oggi della presenza di Dio nella storia ai tanti individui immersi nel vortice delle connessioni, se non sperimentiamo la bellezza del silenzio vissuto nell’incontro con il Signore risorto?

Dedicare del tempo alla meditazione della Parola donata dallo Spirito, da incarnare durante la giornata come Gesù Cristo e da condividere con chi ci è vicino, non è prerogativa solo dei consacrati, ma di tutti i battezzati. Non mancano oggi, in realtà, molti laici che curano la profondità spirituale, concedendosi anche dei tempi prolungati di contemplazione in luoghi dello Spirito.

Coloro che vivono in monastero, inoltre, possono condividere con chi continuamente naviga, la loro esperienza di connessione con l’umanità intera attraverso la preghiera, senza perdere il contatto con la realtà. Le donne e gli uomini contemplativi, chiamati a raggiungere i confini del mondo in tempo reale, attraverso la contemplazione vissuta sull’onda dell’amore, nonostante il loro spaziare, rimangono immersi nel profondo dell’umanità alla presenza di Dio. La loro connessione contemplativa parte da un cuore che ama, perciò fa rimanere nella storia, in contatto con se stessi, prendendosi cura dell’altro, al di là della distanza, a godere delle relazioni e dell’incontro, ad essere tessitori di pace, di giustizia e di solidarietà.

Come rimanere connessi con il cuore con la storia di ogni giorno, senza staccare la spina con quelli che ci sono vicini? Come sono le mie connessioni e in che modo posso curare il silenzio?

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