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Elezioni europee. Majamaa (European Youth Forum), “più voce e spazio ai giovani nell’Ue”

Sarah Numico

“I giovani sono enormemente sottorappresentati nelle istituzioni pubbliche. Meno del 2% degli eurodeputati era sotto i 30 anni, quando il Parlamento si è insediato nel 2014. Quindi c’è una discrepanza tra questo gruppo sociale e le persone che lo rappresentano; il divario emerge anche nell’agenda politica dell’Europa”. Parla Ville Majamaa, 26 anni, vicepresidente dell’European Youth Forum (Eyf) , piattaforma cui appartengono oggi 105 organizzazioni giovanili – consigli nazionali della gioventù e organizzazioni giovanili internazionali di varia ispirazione (studentesche, sociali, politiche, confessionali…) – vale a dire intorno ai 40 milioni di giovani. “Il nostro scopo è fare in modo che si senta la voce dei giovani nei processi decisionali della politica a livello europeo”, spiega Ville, che è nato in Finlandia, ha studiato in Gran Bretagna, ha vissuto a Mosca e ora fa un master a Bruxelles. Ville dai modi gentili, porta con sé anche l’esperienza di oltre dieci anni di attivismo tra Scout, Croce rossa internazionale e non solo.

Come avete seguito la campagna elettorale?
Le politiche giovanili in quanto tali non sono una competenza della politica europea, ma molte decisioni politiche hanno ricadute sui giovani: dal clima all’occupazione… qualsiasi cosa. Noi ci siamo messi in contatto con i partiti politici a livello europeo e abbiamo incontrato gli “spitzenkandidaten” per costringerli almeno per un giorno a confrontarsi con i temi che riguardano e interessano i giovani.Abbiamo poi creato sul nostro sito uno strumento che aiuta a confrontare i programmi politici dei diversi partiti su temi specifici.E poi abbiamo cercato di raggiungere i giovani a livello locale con il nostro camper tutto colorato: in dieci diverse città d’Europa abbiamo vissuto eventi con le organizzazioni locali, cercando di coinvolgere i candidati più giovani. Qui a Bruxelles poi abbiamo vissuto lo YoFest! a fine aprile, in cui almeno per un giorno i giovani hanno “occupato” lo spazio di fronte al Parlamento.

Nel confronto voi che cosa avete chiesto?
Già nel novembre scorso avevamo approvato in assemblea un documento contenente dieci richieste per il futuro dell’Europa, a partire dallo sviluppo sostenibile all’occupazione, visto che 11 anni dopo la crisi i giovani combattono per trovare lavori di qualità; impegni per la lotta all’esclusione sociale alla povertà, considerato che i giovani sono il gruppo più a rischio. Per ogni sfida abbiamo elaborato un paio di proposte concrete.

Ci sono tanti giovani “naturalmente europei” oggi, per le esperienze di studio e di lavoro che vivono o hanno alle spalle, ma ci sono anche tanti giovani lontani dall’Europa: come li intercettate?
Abbiamo visto che è più facile raggiungere i gruppi “marginali” di giovani attraverso i loro coetanei. Sono gruppi che spesso non sono organizzati come noi siamo abituati a vedere, ma non significa che non siano collegati tra di loro, non abbiano una comunità di appartenenza. Raggiungerla richiede un po’ più di creatività e flessibilità da parte nostra. È molto importante cercare punti di ingresso per incontrarli, come noi abbiamo fatto attraverso alcune delle nostre organizzazioni che esistono proprio per tenere insieme questi gruppi di giovani in minoranza o svantaggiati. Però è ovvio che sono una sfida e uno sforzo che non finiscono mai…

Vi sentiti presi sul serio dalle istituzioni europee?
Con la Commissione e il Parlamento qui a Bruxelles è più semplice.Su alcuni temi, come istruzione, volontariato, occupazione, è quasi scontato che noi siamo “portatori di interessi”ed è naturale che la Commissione ci cerchi (ad esempio nel caso della ridefinizione della “strategia giovani”). In altri ambiti, è molto più recente il coinvolgimento (salvaguardia del creato); in altri ancora (come la pace, la sicurezza) generalmente non siamo coinvolti.

Il tanto parlare di giovani nel discorso politico è retorico o reale?
Se guardiamo alla vicenda della definizione del piano finanziario pluriennale, in cui c’è la tendenza a tagliare a motivo del Brexit, la Commissione e gli Stati membri hanno più volte detto di non voler far tagli sui giovani. La Commissione ha proposto di raddoppiare i fondi per l’Erasmus, il Parlamento ha addirittura chiesto di triplicarli. Ora però dobbiamo vedere che cosa dirà il Consiglio, gli Stati membri. In altri casi però continuiamo a essere inscatolati in ambiti politici molto ristretti e ogni volta che cerchiamo di uscirne veniamo un po’ rimbrottati: politiche di coesione, agricoltura, è qui che ci sono tanti soldi e le grandi partite e qui non siamo sempre accolti a braccia aperte.

Quanto vi è vicina la deriva populista?
Per noi è un tema di dibattito generale e ci confrontiamo con argomenti o decisioni populistiche come secondo noi è l’iniziativa DiscoverEu: quando si tratta di investire nei giovani bisognerebbe essere un po’ più attenti e non venir fuori qualche mese prima delle elezioni distribuendo soldi a questa generazione sperando così di portarli al voto. A noi è sembrata una mossa elettorale più che una volontà genuina di affrontare i bisogni delle giovani generazioni. Anche perché una volta ottenuto il biglietto del treno gratis, non tutti i giovani possono comunque permettersi di pagare vitto e alloggio là dove vanno.Un po’ semplicistica è anche l’idea che facendo viaggiare i giovani per l’Europa questo basti a farli sentire più europei:noi preferiremmo un investimento nella mobilità dei giovani che crei un legame là dove vanno, ad esempio partecipando a brevi progetti di volontariato locale. Questo creerebbe quei legami personali, ricordi e concretezza all’idea di essere europei. A livello giovanile non esiste un movimento paneuropeo populista, è più un fenomeno nazionale. Come giovane però mi preoccupa il futuro del progetto europeo, preso di mira dai populisti. Provengo da un piccolo Stato membro, la Finlandia: a livello globale nessuno ne avrebbe mai sentito parlare se non fosse un Paese dell’Ue. Siamo al tavolo delle discussioni globali solo a motivo dell’integrazione: su tanti temi, dal clima, al commercio, all’esplorazione nello spazio, dobbiamo lavorare come entità europea.