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Prof. Giancarlo Brandimarti: Sconfiggere la paura del ‘diverso’

Giancarlo Brandimarti, direttore dell’Ufficio Scuola –  Diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Che l’integrazione sia un processo difficile ma “buono”, nel senso di positivo e costruttivo, per le sfide del mondo attuale è qualcosa di immaginabile e facilmente comprensibile da parte di chi sia dotato di un minimo di lungimiranza e di sensibilità verso la complessa realtà sociale di oggi; ma che sia anche “bella” è qualcosa di meno immediato da intendere e quindi merita una riflessione e una spiegazione che aiutino a giustificarla.
Proprio questo obiettivo si sono posti gli studenti della 3^ H dell’I.C . Centro di San Benedetto (Scuola Media “Curzi”) che nel pomeriggio del 29 aprile, presso l’Oratorio della parrocchia di Sant’Antonio di Padova, hanno proiettato il documentario da essi realizzato dal titolo “Atti di bellezza”.
Il progetto, che si inserisce in quella che tecnicamente a scuola viene denominata “Educazione alla cittadinanza”, è stato promosso dalla prof.ssa Perla De Fazi, con la collaborazione di alcune sue colleghe ed il coinvolgimento diretto della Cooperativa “Casa Lella” di Grottammare che, tra gli altri, ospita giovani profughi provenienti dai paesi fra i più disagiati dell’Asia e dell’Africa.
Gli ospiti della casa di accoglienza, guidati dall’educatrice Rita Insalata, si sono confrontati con gli allievi italiani della prof.ssa De Fazi partendo dagli aspetti più quotidiani ed ordinari della vita individuale e sociale, come le abitudini alimentari, il modo di pregare e di stare a tavola.

Sono stati quindi rappresentati lati più profondi e inquietanti nel racconto drammatico di vere e proprie odissee del dolore e della mortificazione, quei viaggi attraverso il deserto e il Mediterraneo che troppo spesso, da ponte antico gettato tra diverse culture, si è trasformato in vortice mortifero che ha ingoiato in un unico risucchio le  speranze di chi prova a fuggire e la coscienza civile e cristiana di chi dovrebbe trovare “naturale” salvare e accogliere. A mano a mano che l’onda dei sentimenti cresceva, emergeva con essa quel fondo di umanità che rappresenta il sostrato comune a tutte le culture, quel tessuto connettivo di popoli e storia che si è stratificato – nonostante noi – nel corso dei secoli.

E allora i ragazzi hanno confrontato le esperienze letterarie proprie e altrui e hanno scoperto che, malgrado la diversità del colore, della lingua, delle tradizioni e della religione, l’uomo è dappertutto lo stesso; ovunque esprime il suo bisogno naturale di amare, di realizzarsi a livello individuale e sociale, di rispecchiarsi in una dimensione infinita che lo richiama ineluttabilmente verso l’”Essere”, che è ben altro e ben oltre rispetto all’”Avere” e all’”Apparire”, troppo spesso responsabili della  degradazione e della mercificazione verso cui rischia di infrangersi  la dignità dell’uomo di oggi. Iqbal, Foscolo, Manzoni, Leopardi e altri grandi poeti asiatici sono stati eretti a baluardo difensivo e balsamo ristoratore di questa stanca umanità e ha commosso l’intensità con cui i ragazzi hanno declamato i loro versi o rappresentato storie che, nella prassi scolastica giornaliera, avrebbero meritato appena un colpo d’occhio a casa o un attimo residuale di attenzione a scuola: essi hanno capito la loro forza spirituale a mano a mano che si sono resi conto che quegli autori rappresentavano anche l’ identità di ciascuno, il loro segno distintivo non esibito in una gara a “chi è più bravo”, ma un tesoro prezioso da regalare generosamente ai rispettivi compagni per edificare  la propria persona con la stessa gioia, la stessa energia creativa, lo stesso senso di realizzazione di chi si appresta, applicando con emozione l’ultima tessera, a completare un meraviglioso divino puzzle. E’ questa bellezza che i ragazzi della 3^H e quelli di Casa Lella sono riusciti a rappresentare con la forza e la chiarezza delle cose semplici e immediate! Davvero lo spazio e il tempo si sono come per magia compressi; anche il creato, il nostro piccolo pianeta, è diventato l’angusto abitacolo di un’astronave in cui i ragazzi di ogni colore si sono sentiti membri di uno stesso equipaggio dove a ciascuno è riservato un posto ed un ruolo diversi ma ugualmente importanti, e di cui tutti hanno il dovere di aver “cura”, di custodire con amore.

Allora non è sorprendente né casuale che, a consuntivo, da questa stimolante esperienza i ragazzi abbiano enucleato termini come “amicizia”,conoscenza”, “comprensione”, “accoglienza”, “solidarietà” e ne abbiano fatto le chiavi di lettura del  complesso fenomeno sociale che li coinvolge dalle rispettive sponde: soprattutto conta che, una volta sconfitta la paura del “diverso” –  vera e propria tentazione deprimente e depressiva dell’uomo di oggi – si sia disposti a ricostruire su basi nuove e animati da una fede matura e convinta, un nuovo umanesimo nutrito e sostenuto da quei valori, nella prospettiva dell’edificazione di un Regno salvifico in cui venga riconosciuta e promossa quella dignità che ci fa tutti figli di uno stesso Padre e fratelli in Cristo risorto.