M. Chiara Biagioni

Una lettera al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, per avanzare la proposta di un “corridoio umanitario europeo” dalla Libia. A scriverla sono stati i presidenti della Comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo, e della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, Luca Maria Negro. La proposta ha come obiettivo l’arrivo in Europa di 50mila profughi in due anni ripartiti su base volontaria tra i paesi. L’Italia dovrebbe fare da capofila, dando disponibilità ad accogliere almeno 2.500 persone all’anno. “Sono mesi che martelliamo su questa idea di lanciare un corridoio umanitario europeo”, dice al Sir Luca Negro. “La prima volta è stato in autunno, perché già allora vedevamo l’urgenza di questa situazione drammatica in Libia che adesso con il conflitto in corso si è aggravata ancora di più. In questi mesi abbiamo avuto contatti con esponenti dell’area di governo e la proposta ha suscitato un certo interesse. Vedremo adesso se ci sarà una risposta ufficiale. Il fatto però che lo stesso papa Francesco ne abbia parlato domenica scorsa, probabilmente aiuterà a smuovere le cose”.

Dopo la preghiera mariana, il pensiero del Papa è infatti andato ai profughi in Libia. “Faccio appello – ha detto – perché specialmente le donne, i bambini e i malati possano essere al più presto evacuati attraverso corridoi umanitari”. Sono state le parole di Papa Francesco a spingere Sant’Egidio e Chiese evangeliche a scrivere al presidente Conte una lettera per sollecitare una risposta del governo italiano su questa proposta. “Ci aspettiamo una risposta quanto prima”, dice Negro: “La situazione è talmente urgente che non può aspettare”. La Libia in questi giorni è diventata “una urgenza, una priorità”, incalza Marco Impagliazzo.“Noi registriamo una grande confusione e in una situazione di guerra tutto peggiora e tutto diventa possibile, anche le cose peggiori. La guerra è veramente la madre di ogni povertà e i più deboli ne diventano sempre le prime vittime”.

Il meccanismo proposto è analogo a quello adottato per i “corridoi umanitari” che si stanno realizzando sulla base di un protocollo tra la Federazione delle Chiese evangeliche in Italia, la Comunità di Sant’Egidio, la Tavola valdese e i ministeri dell’Interno e degli Esteri. L’accordo prevede il rilascio di “visti umanitari” ed ha permesso ad oggi l’arrivo in tutta sicurezza in Italia di oltre 1.600 richiedenti asilo, in massima parte siriani, provenienti dal Libano. I ministeri competenti hanno sottoscritto un accordo analogo anche con la Comunità di Sant’Egidio e la Conferenza episcopale italiana per un altro contingente di 500 profughi provenienti dall’Etiopia. La proposta per la Libia prevede un coinvolgimento dell’Europa. “La proponiamo a livello europeo – spiega Impagliazzo – perché è una situazione drammatica che interroga tutta l’Europa. Perché si parla di campi di prigionia e dal punto di vista dei diritti umani, è una situazione fortemente allarmante.

(Foto: AFP/SIR)

“L’Italia non può essere lasciata”.

A differenza degli altri corridoi umanitari aperti in questi anni da Libano e Etiopia, nel caso della Libia l’operazione richiede – visto anche il numero importante previsto di 50mila arrivi –  oltre al coinvolgimento di associazioni e parrocchie, anche un aiuto più globale degli Stati nel percorso di accoglienza e integrazione attraverso le strutture già messe in atto per questo scopo. La speranza è che la risposta del governo arrivi quanto prima. “Sappiamo quanto il presidente Conte sia sensibile. Lo ha dimostrato in altre occasioni. Conosce bene la questione libica, essendosene occupato personalmente. Speriamo che vista la drammaticità  della situazione, la risposta arrivi al più presto”.

Perché le Chiese si fanno carico dei migranti? “Noi come Chiese in questi anni abbiamo dato prova di fare fatti, agendo senza oneri per lo Stato e mettendo in campo risorse, volontari, strutture”, risponde Luca Negro. “D’altra parte abbiamo preso coscienza che le migrazioni sono un fenomeno globale ed è una delle più grandi emergenze di questo tempo insieme alla questione climatica. Due fenomeni strettamente collegati tra loro: quanti dei rifugiati che bussano alle nostre frontiere sono persone che anche a causa dei cambiamenti climatici sono costrette a fuggire da una vita impossibile. E sarà sempre di più così, purtroppo. C’è quindi la consapevolezza che nessuna Chiesa può oggi vivere in uno splendido isolamento e che solo insieme possiamo rispondere alle grandi emergenze di questo mondo”. “Perché noi crediamo al Vangelo”, risponde invece Impagliazzo, “e da credenti

rispondiamo a ciò che ci dice la Parola di Dio e uno dei punti fondamentali è il capitolo 25 di Matteo, ‘Ero straniero e mi avete accolto’.

Il verbo accogliere, con i corridoi umanitari, lo decliniamo non solo con l’accoglienza ma anche con l’integrazione perché questa proposta permette ai profughi non soltanto di salvarsi ma anche di avere un futuro”.

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