DIOCESI – Venerdì 29 marzo presso la chiesa di San Giuseppe si è svolta una celebrazione penitenziale comunitaria. In comunione con tutta la Chiesa, anche la nostra diocesi all’iniziativa chiamata “24 ore per il Signore” che da ormai 5 anni si tiene durante ogni Quaresima. Dopo la liturgia penitenziale, la chiesa di San Giuseppe è rimasta aperta tutta la notte per accogliere quanti hanno desiderato riconciliarsi con Dio attraverso il sacramento della Confessione.

La liturgia si è aperta con una meditazione sul Salmo 27 tenuta da Francesca Russo, appartenente alla Comunità della Tenda del Magnificat, che ha subito rilevato come colui che prega vada verso una meta chiara: egli desidera abitare nella casa del Signore tutti i giorni della sua vita. Nonostante nemici malvagi lo assalgono, non ha paura, perché il Signore è con lui. Egli deve anche affrontare un’altra avversità, l’abbandono da parte dei genitori. Egli mette al centro della sua preghiera la ricerca del volto Signore, non solo nel Tempio di Gerusalemme, ma anche in una terra abitata da coloro che sono come Dio: viventi.

In Cristo, ha proseguito Francesca, Dio ha assunto un volto umano. Dal momento in cui Dio si è fatto uomo il volto di Dio è inseparabile da quello umano. Per noi attraverso il volto di Gesù è possibile vedere il volto di Dio e possiamo fare ciò contemplando l’icona del Salvatore, un’opera realizzata nel 1400, ma ritrovata solo 100 anni fa, quando fu chiamata anche “Icona del Pacificatore”. Il tratto dominante è quello della delicatezza. Lo sguardo di Gesù non è severo, ma sereno. I colori rosso e blu alludono all’umanità e alla divinità di Cristo. Il collo, come il suo volto, è gonfio, indicando la pienezza di Spirito. Le labbra sono leggermente socchiuse e sembra che il Signore soffi lo spirito di vita. Il busto è leggermente in torsione, come se volesse interessarsi a noi. È lo stesso movimento che Gesù fece Pietro, quando si voltò per guardarlo, dopo il tradimento. Non siamo tanto noi a guardarlo, ma è lui che guarda noi: noi abbiamo bisogno dello sguardo di chi coglie nel nostro intimo chi siamo realmente.

La meditazione è proseguita con l’intervento del Vescovo Carlo che si è concentrato su un passo della Lettera ai Filippesi. Due volte, ha osservato Mons. Bresciani, Paolo parla di conoscenza di Gesù e quindi di quella che di fatto possiamo chiamare la vita cristiana. Non si tratta evidentemente di una conoscenza di tipo intellettuale.

Dopo aver letto il brano, ha continuato il Vescovo, possiamo chiederci: cosa sono queste cose che Paolo considera una perdita? Paolo ci sta parlando di cosa lo muove interiormente, prima ancora di cosa è necessario fare. Paolo avrebbe potuto vantarsi di essere ebreo (oggi potremmo dire di essere italiano), di essere stato circonciso, di essere molto rigoroso nella sua religione: tutto questo al suo tempo poteva essere considerato un guadagno. Rincorriamo, ieri come oggi, ciò che pensa la gente, rincorriamo i like. Dobbiamo chiederci di cosa ci vantiamo come cristiani? Partecipiamo alla messa domenicale, preghiamo, ma sappiamo che si possono fare queste cose pur avendo il cuore lontano da Gesù. Qual è invece la spazzatura dalla quale mi devo distaccare? Conoscere Cristo significa fare esperienza della resurrezione di Gesù ovvero sentire la sua potenza rigeneratrice nella nostra vita.

Al termine della meditazione, i fedeli hanno baciato l’icona, sorretta dal Vescovo. Dopo altre invocazioni e preghiere è venuto il momento della confessione individuale che si è protratta per tutta la notte, grazie alla presenza di diversi sacerdoti in chiesa.

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