Bruno Desidera

Dall’inizio di marzo la frontiera tra Stati Uniti e Messico ha dei nuovi angeli custodi: le suore missionarie di San Carlo Borromeo, meglio conosciute come scalabriniane, protagoniste di un servizio itinerante, destinato a spostarsi di volta in volta nei punti di confine in cui c’è maggiore bisogno. Un’iniziativa di cui c’è bisogno come l’ossigeno, dato che continuano a giungere in ogni maniera possibile numerosi migranti, soprattutto centroamericani, mentre gli Stati Uniti continuano ad attuare una politica di ingressi il più possibile restrittiva, cui si aggiunge la scelta di respingere in Messico i migranti in attesa di sentenza rispetto alla loro domanda di ottenere asilo.
L’obiettivo del servizio itinerante è andare a partecipare alla gestione delle emergenze migratorie lì dove si sviluppano, con la solidarietà, la preghiera e l’accompagnamento delle carovane. Suor Neusa de Fatima Mariano, superiora generale delle Scalabriniane, afferma: “Il nostro impegno è principalmente volto a donne e minori migranti, le fasce più deboli che risentono di maggiori problemi quando si trovano costrette a trasferirsi da un luogo all’altro”.

Due suore “in frontiera”. Sono tre le religiose coinvolte nel progetto e due di loro, in particolare, sono già immerse pienamente nel servizio, nella caldissima frontiera di Ciudad Juárez: si tratta di suor Noemia Silva, portoghese d’origine, un recente passato tra i migranti di Chicago. Suor Nyzelle Juliana Dondé è brasiliana e vanta un’esperienza, soprattutto con i migranti dell’America Latina: “L’emergenza migratoria è sempre più pressante, continuano ad arrivare alla frontiera con gli Usa carovane di migranti centroamericani. Cerchiamo di essere presenti facendo fronte alle necessità più urgenti, alimentazione vestiario… Lo facciamo muovendoci lungo la frontiera, sul lato messicano, in costante coordinamento con altri soggetti ecclesiali, come la Caritas e la Casa del Migrante, gestita dalla diocesi, dove facciamo base.

Qui sono ospitati 600 migranti, sia coloro che cercano di entrare negli Usa, sia coloro che sono stati espulsi dalle autorità statunitensi”.

Sono in aumento anche questi ultimi. Nelle ultime settimane ha fatto discutere un’altra scelta fatta dal Governo degli Stati Uniti: espellere in Messico i migranti che attendono il loro turno per presentarsi di fronte a un giudice statunitense che deciderà se hanno diritto a ricevere o no asilo. Anche i vescovi delle diocesi di frontiera di Texas e Messico hanno preso vivacemente le distanze dal provvedimento, che tra l’altro “obbligherà il Messico a organizzare accampamenti per decine di migliaia di rifugiati, minando in realtà il loro diritto a chiedere asilo negli Usa, e privandoli dell’appoggio dei loro familiari sul suolo statunitense”.

La politica degli Usa non riduce gli arrivi. In questa situazione si trovano a operare le religiose, mentre la politica restrittiva degli Usa, spiega suor Nyzelle Dondé, non riduce il numero di migranti. “mossi dalla speranza di riuscire ad attraversare la frontiera e, nonostante conoscano i rischi del viaggio, forzati a migrare da contesti di violenza diffusa nei loro Paesi d’origine”.
Conferma suor Noemia Silva: “La situazione dei centroamericani è molto difficile, arrivano in carovana, ma anche spesso a bordo di camion o di treni”, dopo viaggi massacranti e pericolosi. Anche la religiosa spiega che la politica degli Stati Uniti è sempre più restrittiva, prima di venire qui era a Chicago e conosce la realtà statunitense, “la maggior parte è costretta a restare in Messico o a tornare nei propri Paesi”.

Intanto, in attesa del muro di migliaia di chilometri che Trump vorrebbe costruire, “di fronte a Ciudad Juárez si sta ultimando la barriera che serve a impedire di entrare negli Usa a coloro che attraversano il Rio Bravo, attualmente in secca.

Molti cercano di entrare dalla montagna, ma quelle sono zone controllate dalla criminalità”.

Agli occhi di chi opera al confine, la logica del muro appare “inumana” e inefficace, dato che gli arrivi proseguono. Prosegue suor Noemia: “Oltre che dare un aiuto concreto, facciamo anche un servizio di ascolto e di incoraggiamento. E la Casa del Migrante è un aiuto importante”. Le religiose sono coscienti che anche il loro servizio non è privo di rischi. “Ma confidiamo nella mano di Dio”, conclude suor Nyzelle. Il servizio itinerante non si fermerà solo a Ciudad Juárez, ma nei prossimi mesi si sposterà anche a Tijuana e nella frontiera meridionale, tra Messico e Guatemala, a Tapachula.

 

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