Francesco Bonini

È arrivato e ripartito, Xi Jinping, il primo presidente cinese dopo Mao senza scadenza di mandato: due jumbo jet, incontri al vertice, decine di accordi e soprattutto il memorandum sulla nuova via della seta. Che è stato firmato non dal presidente del Consiglio ma dal suo vice e ministro per lo sviluppo economico Di Maio.

Il quale si è intestato la visita, che non ha compreso il Vaticano e si è conclusa con una tappa a Palermo, quella Sicilia crocevia di un Mediterraneo allargato, dalla Cina appunto agli Stati Uniti, uno dei convitati di pietra di questo passaggio importante e controverso.

Xi Jinping è ripartito, per confrontarsi a Parigi con il “nocciolo” dell’Europa, ovvero il presidente francese, che ha invitato la cancelliera tedesca e il presidente (in scadenza) della Commissione europea, dopo una tappa glamour a Montecarlo. E l’Europa, ovvero l’Unione europea è il secondo convitato di pietra della tappa italiana.

Così il presidente della Repubblica, ancora una volta, è intervenuto con chiarezza per evitare un avvitamento tra questioni di politica interna, di politica europea e di politica estera: ha parlato di “una relazione matura, improntata a sincera amicizia e rispetto reciproco, che trova espressione anche in ambito multilaterale”.

In attesa degli sviluppi del sistema degli accordi, in particolare a livello commerciale, si possono a caldo avanzare due considerazioni di scenario.

La prima è a proposito del lungo termine.

Uno dei più gravi deficit dell’Italia contemporanea è la nevrosi dello shortermismo, orribile neologismo, orrendo anglicismo, che mette il dito su una delle peggiori nevrosi della politica, ovvero il guardare solamente al breve (short) termine. Ma lo shortermismo non si combatte abolendo le elezioni o trasformandole in una investitura (come purtroppo in giro per il mondo accade sempre più spesso). Si combatte rafforzando le istituzioni e il sistema paese, ovvero mettendo ordine nelle cose e permettendo a ciascuno di fare al meglio il proprio lavoro.

Se la Cina programma a venti o cinquanta anni, noi dobbiamo essere all’altezza di questi orizzonti.

Ne va della qualità della nostra democrazia, oltre le inevitabili nevrosi politiche.

Ecco il secondo tema: i rapporti con Ue e Usa. In Europa stiamo misurando come sia le politiche del dire sempre e solo di sì e quelle del dire velleitariamente dei no (che si sono succedute e anche confuse negli ultimi anni) rischiano di ridurci all’irrilevanza.

È tempo per l’Italia di invertire la rotta, acquisendo una adeguata consapevolezza e una corrispettiva qualità del personale politico e delle istituzioni. Questa metafora della “via” aiuta. La via della seta non può essere a senso unico e l’Italia da sempre è un crocevia tra questa antica strada e quelle che portano a nord, in Europa, e ad ovest, verso le Americhe. Un crocevia da valorizzare con una nuova e grande capacità inclusiva ed espansiva di tutte le forse vive del Paese. Che purtroppo non si vede ancora sufficientemente all’orizzonte.

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