DIOCESI – Pubblichiamo la lettera della Caritas Diocesana

Mercoledì 19 marzo, festa del papà. Una bella giornata di sole. Una serata senza incontri. Al TG parla un  noto psichiatra che invita i figli a dare un abbraccio, un bacio ai propri padri. Inattesa la telefonata di un amico prete, direttore della Caritas di una cittadina del nord,  che da tanto tempo non si faceva sentire. E’ bello condividere quanto il Signore opera in mezzo al suo popolo, nonostante i limiti e le manchevolezze dei suoi ‘operai’! Mi racconta che era andato in porto il progetto di una casa per papà e per giovani con problemi abitativi, di cui gli stessi padri si sarebbero fatti carico. Da alcuni mesi, come era avvenuto nella nostra diocesi, in una zona periferica della sua città era stata aperta questa casa. Quando ci si sente tra amici si approfitta anche per condividere qualche preoccupazione e mi confidava, cosa che fortunatamente non succede dalle nostre parti, che le solite persone del vicinato, esperte nell’arte delle chiacchiere e a volte nelle calunnie, si erano messe subito all’opera, senza nemmeno informarsi.

Il primo problema era ‘il nero’. Questo colore che oggi da tanto fastidio! Avevano notato la presenza, oltre di alcuni papà separati, di due ragazzi  africani e, subito, avevano sparso voci sul tradimento del progetto, che chiaramente non avevano letto. Eppure era proprio lì la bellezza: dare la possibilità a dei padri di fare l’esperienza di una paternità che si dilata. Padre, infatti, lo diventa chi non vive più per se stesso, chi desidera che la propria storia dia inizio ad altre storie. Anzi il sogno era ancora più grande: far si che questa particolare ‘famiglia’ diventasse un segno per il quartiere, così da tornare a prendersi cura, non solo dei propri figli, ma anche di quelli degli altri, come accadeva nel passato, in una società più  solidale e meno individualista. Dice un proverbio africano: “per crescere un bimbo ci vuole un intero villaggio”.

Erano due ragazzi appena diciottenni, rimasti sulla strada, nonostante lavorassero come operai, perché diventati maggiorenni e, le famiglie  a cui erano affidati, non li avevano più tenuti. L’amico prete, si chiedeva addolorato, che differenza ci fosse tra i nipoti di questa gente e questi ragazzi!? Forse il colore della pelle poteva fare la differenza?! Lontani dai loro genitori, dalla propria terra, dai propri amici, anche loro portavano nel cuore un sogno, impastato di dolci sorrisi e di lacrime amare,  come quello di tanti ragazzi italiani emigrati all’estero, e non sempre per fare lavori umili, che altri non vogliono fare.

E poi c’erano le critiche alla Caritas che aiuta tutta la gente che non merita, ai volontari che non sono competenti ed interessati, al fatto che è tutto un business….eppure diceva il direttore, so che la signora dalla ‘lingua più tremenda’, viene alla Caritas diocesana, per non farsi vedere in parrocchia, a prendere il suo pacco viveri!

E infine la questione ‘sicurezza’. Queste persone potevano essere pericolose… come se qualcuno si potesse sentire al sicuro perché conosce vita morte e miracolo dell’altro…ed allora i mariti che uccidono le mogli, i genitori che uccidono i figli? Come se la carità non fosse ‘rischiosa’!

Così si è fatto tardi. Ci siamo detti che le chiacchiere malevoli di pochissimi, a volte oscurano la generosità e la benevolenza della stragrande maggioranza della popolazione. E ci siamo lasciati con l’impegno a non farci condizionare dal chiacchiericcio e a pregare proprio per quelle persone: forse ne avevano più bisogno di quei di ragazzi africani e di quei papà separati.

Prima di andare a letto ho riletto le parole dette da papa Francesco qualche settimana fa in una Parrocchia alla periferia di Roma: “Il chiacchiericcio non risolve nulla e ti porta alla guerra….Prima di sparlare degli altri prendi uno specchio e guardati, ti vergognerai dei tuoi difetti e penserai meno a quelli degli altri… Sparlare è un’abitudine che il diavolo mette in noi, contro la quale però abbiamo due medicine. La prima è la preghiera. Se ti viene di spellare un altro allora prega per lui. La seconda è ugualmente pratica: se ti senti di dire contro qualcuno morditi la lingua. Così si gonfia e non potrai parlare. Mi raccomando, tutti i giorni controllate la dentiera perché sia pronta a fare la seconda medicina…..Sparlare è l’inizio di tante inimicizie, la lingua ha il potere di distruggere come una bomba atomica. È potentissima. Non lo dico io, ma l’apostolo Giacomo nella sua Lettera, prendete la Bibbia e guardate….|!”

E’ davvero bello, anche se difficile, pensare a dei papà separati desiderosi di farsi carico di altri figli che pur hanno bisogno di uno sguardo paterno. In fondo eravamo fortunati perché il vicinato delle nostre case per papà separati non si è comportato così. Così ci si addormenta col cuore pieno di gratitudine e con la voglia di ricominciare perché a nessuno venga negata la propria dignità.

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