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Brexit, paralisi a Westminster

Silvia Guzzetti

È il giorno che segue la seconda pesante sconfitta di Theresa May, che ha visto ieri sera, 12 marzo, il suo accordo con la Ue bocciato dal parlamento britannico per 149 voti. Mancano poche ore al voto di questa sera, quando Westminster – è quasi certo – respingerà il “no deal”, l’uscita senza accordo della Gran Bretagna dall’Unione europea. Domani sera, 14 marzo, il parlamento di Londra chiederà poi, quasi sicuramente, un’estensione dell’articolo 50 che regola il divorzio dall’Unione europea. Due voti che non allontanano la data del 29 marzo, quando il Regno Unito deve lasciare l’Unione. Senza un accordo con Bruxelles il “no deal” rimane l’unica soluzione possibile. Il politologo scozzese Michael Keating, esperto di questioni europee, racconta un Paese profondamente diviso e non vede una via d’uscita.

Un paese lacerato. “In Inghilterra la situazione è molto grave perché il Brexit sta polarizzando il Paese e c’è tanta rabbia e risentimento in parlamento e tra la gente comune. In Scozia le cose vanno meglio perché esiste un’ampia maggioranza, il 66%, favorevole a rimanere nell’Unione europea e chi è per il Brexit non si esprime”. Michael Keating, docente di politica alle università di Aberdeen e Edimburgo, e autore del volume “Rescaling the European State”, ovvero “Ribilanciare lo stato europeo”, racconta “un parlamento britannico bloccato dove non esiste maggioranza per alcuna decisione. Eppure Theresa May insiste nel proporre il piano che ha firmato con la Ue”.“La premier cerca un compromesso, che non è possibile, tra gli estremisti del Brexit e chi vuole rimanere con l’Unione europea e, per questo motivo, continua a perdere. Viene sconfitta da un partito formato sia da filoeuropei che da chi rifiuta la Ue”.

Due voti inutili. L’esperto non è convinto che i voti che attendono ancora il parlamento britannico porteranno da qualche parte. “Questa sera i deputati decideranno se vogliono escludere il no deal, l’uscita senza accordo della Gran Bretagna dall’Unione. È certo che bocceranno questa forma di hard Brexit. Questo voto non ha nessun vero significato perché se il parlamento non approva una qualche forma di accordo con la Ue, il no deal è ancora possibile. È quello che succederebbe automaticamente in mancanza di un trattato”. Domani sera, poi, Westminster deciderà se vuole un’estensione all’articolo 50 che regola il recesso dall’Unione Europea ed è quasi certo che vi sarà una maggioranza per questa soluzione. Eppure la situazione rimarrà estremamente confusa.

Perché un’estensione? “Abbiamo bisogno di un’estensione anche nel caso di un no deal, perché abbiamo bisogno di tempo”, continua il professor Keating. “Rimane il problema di che cosa faremo con questo tempo in più. L’Unione europea non ci concederà un’estensione se non facciamo proposte concrete su come intendiamo usarla”. Il politologo sottolinea come ci voglia il voto di ciascuno dei ventisette Paesi europei perché il Regno Unito possa ottenere un’estensione dell’articolo 50. “Dobbiamo dire se intendiamo usarla per proporre un nuovo accordo o per nuove elezioni o per un secondo referendum. La Ue non consentirà a Theresa May di riproporre ancora quell’accordo già bocciato due volte, perché questo processo ha assorbito quasi tre anni e non siamo arrivati da nessuna parte”. “È significativo che il governo darà libertà di voto ai suoi parlamentari questa sera e domani”, dice ancora l’esperto.“Dimostra quanto debole e diviso sia questo esecutivo e anche il partito conservatore. Sanno che non possono chiedere ai propri parlamentari di votare in una certa direzione”.

Elezioni europee. Esiste anche la spada di Damocle delle elezioni europee del prossimo 23-26 maggio. “Se l’articolo 50 viene esteso oltre maggio il Regno Unito dovrà partecipare a queste elezioni, ma diventa difficile immaginare questa eventualità. Forse esiste una via d’uscita legale da questa situazione”, spiega Keating. “Bisogna capire se l’estensione verrà chiesta per gestire un no deal, un’uscita senza accordo della Gran Bretagna dalla Ue. In questo caso il processo potrebbe terminare prima di maggio. Se, invece, il tempo verrà usato per mettere a punto nuove proposte da fare alla Ue allora il Regno Unito dovrà partecipare alle elezioni europee perché occorrerà più tempo”.