M. Chiara Biagioni

Un duro colpo per tutta la Francia. Il Tribunale di Lione ha condannato il cardinale Philippe Barbarin, 68 anni, a 6 mesi di prigione con la condizionale per mancata denuncia di abusi sessuali su minori perpetrati negli anni ’70 e ’80 da padre Bernard Preynat. Le altre 5 persone della diocesi che erano state chiamate nella stessa causa, invece non sono state condannate.

Quando la sentenza è stata pronunciata, il cardinale non era presente in tribunale. L’arcivescovo ha però deciso di presentarsi alla stampa convocando i giornalisti nella casa diocesana, in avenue Adolphe Max. E davanti alle telecamere di tutto il Paese ha rilasciato una dichiarazione di 37 secondi. “Indipendentemente dalla mia sorte personale – ha detto -, prendo atto della decisione del tribunale. Ci tengo a ribadire innanzitutto la mia compassione per le vittime e il posto che loro e le loro famiglie hanno nelle mie preghiere.Ho deciso di andare dal Santo Padre per consegnargli la mia rinuncia. Mi riceverà a giorni”.

La vicenda giudiziaria del cardinale di Lione ha inizio nel 2016 quando viene fuori il caso di Bernard Preynat, prete della diocesi di Lione accusato di aver abusato di decine di ragazzi appartenenti a un gruppo scout negli anni 1970 e 1980. Nelle accuse, era finito anche il cardinale Philippe Barbarin, che in un’intervista a “La Croix” confidò di essere stato messo al corrente dei fatti dal 2007. Nel 2016, la Procura della Repubblica di Lione ha aperto un’indagine nei confronti del cardinale per “omissione di denuncia” di aggressioni sessuali. Ma il pubblico ministero ritenne che non c’era stata da parte dell’arcivescovo una “volontà deliberata di ostacolare l’azione della giustizia”. Fu poi l’associazione “La Parole Libérée”, che riunisce le vittime del sacerdote, a intentare nel 2017 una nuova causa, utilizzando questa volta una procedura di citazione diretta. Oltre al cardinale Philippe Barbarin, altre sei persone sono citate in tribunale, tra cui Luis Ladaria Ferrer, prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede.

La condanna a 6 mesi nei confronti del cardinale, non convince però l’avvocato dell’arcivescovo Jean-Felix Luciani che ha annunciato ricorso in appello. Viene in particolare contestato il clima di pressione mediatica in cui si è svolto tutto il procedimento giudiziario. Un caso così sentito da aver spinto il regista francese François Ozon a farne un film, “Grâce à Dieu”, che è stato presentato all’ultimo Festival di Berlino. “È stato difficile per la corte resistere a tutta la pressione con documentari e un film”, sottolinea oggi l’avvocato.“Tutto questo pone delle vere questioni sul rispetto per la giustizia”.

La sentenza rappresenta una dura prova per tutto l’episcopato e la Chiesa di Francia. In un comunicato, la Conferenza episcopale afferma di prendere atto della decisione della corte ma di non volerla commentare. Ma poi ricorda: “Come ogni cittadino francese, il cardinale Barbarin ha il diritto di utilizzare le vie di ricorso a sua disposizione. Questo è ciò che ha fatto e noi attendiamo l’esito di questo nuovo procedimento”. Riguardo, invece, alla decisione del cardinale di presentare la sua rinuncia a Papa Francesco, i vescovi dicono che questa scelta “rientra nella sua coscienza personale” e pertanto la Conferenza episcopale si esime dal commentarla. “Spetterà al Papa darle seguito secondo quanto ritiene opportuno”.I vescovi concludono ribadendo il loro “impegno a combattere risolutamente contro tutte le aggressioni sessuali commesse dal clero sui minori”.Da parte sua, mons. Georges Pontier, arcivescovo di Marsiglia e presidente della Conferenza episcopale francese, “ha avuto l’opportunità di assicurare al cardinale Barbarin la sua preghiera per lui e per la Diocesi di Lione”.

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